Questo libro è la autobiografia di Israel pubblicata anche col titolo
Di un mondo che non c'è più; sapevo dell'esistenza della sua autobiografia ma solo con l'altro titolo quindi quando mi sono accinto alla lettura mi aspettavo (e desideravo) un romanzo, con le biografie non vado molto a nozze. Che c'è di interessante nella vita vera? Inoltre mi resta sempre il dubbio su quanta finzione vi sia, partendo dal presupposto che finzione c'è sempre, e questo scontro la realtà mi disturba e non me le fa sempre apprezzare appieno. In questo periodo di confusione sono i romanzi che cerco, non voglio un'altra realtà che entri nella mia ma voglio decisamente uscire dalla mia realtà per entrare in uno spazio di fantasia. Tuttavia questa non è una legge, e parliamo comunque di uno scrittore che amo e anche in questo caso mi ritrovo tra le mani un libro splendido poiché vediamo un mondo effettivamente spazzato via (appunto "che non c'è più") con gli occhi di un ragazzino e narrato da un grande scrittore. Ricorda in ciò il maestoso
Le Nove Porta di Jirì Langer e riesce anche Singer a narrarci una vita che poi è stata completamente rasa al suolo ma sempre con quella ironia tipica yiddish/ebraica che fa tanto amaramente sorridere.
Premetto però che la scelta dell'editore di variare il titolo è completamente sbagliata. Innanzitutto, non capisco il motivo di farlo: se l'autore ha dato un titolo perfettamente traducibile senza malintesi o perdite di sottigliezze semantiche, perché cambiarlo e così radicalmente? In secondo luogo, il titolo italiano è completamente sbagliato e deviante: in questo libro non c'è una pecora nera, nessuna. C'è un bambino che si trova in un mondo che lo costringe, ma tutti i bambini sarebbero stati delle "pecore nere" quando costretti a isolarsi dal mondo a leggere il Talmud e questo nel libro è chiaro; Israel non è un'eccezione, è solo che è il figlio del rabbino ma gli altri bambini sono perlopiù come lui. Oltre a ciò, tuttavia, chiamare il libro "La pecora nera" significa dare risalto alla vicenda personale come se ci fosse un protagonista, mentre il protagonista in questo libro è il mondo degli shtetl e delle comunità ebraiche dell'Europa orientale ed infatti Singer parla di se stesso ma più che altro per delineare il mondo che lo circonda, a partire dalla sua famiglia, dai suoi parenti ma per giungere al suo villaggio, alla sua regione, ai suoi abitanti, alla sua cultura, fino alla natura, ai boschi, ai campi, alle piante. E' quel mondo lì il vero protagonista e non si capisce perché l'editore abbia deciso di cambiarne il titolo con una scelta egocentrica fuori però dal vero senso di questo libro. Sfortunatamente il grande Singer non ebbe il tempo di concluderlo ma il finale rientra nel concetto stesso di questo libro, la madre che di colpo prende la parola in casa e decide che la famiglia se ne andrà da Leoncin chiude il libro e altro non sappiamo, perché effettivamente quel mondo non c'è più.
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