Senza se e senza ma, questo romanzo è un gioiello, un vero capolavoro di grande letteratura. Singer è un maestro assolutao nell'usare dei personaggi per tutt'altro fine che raccontarne le gesta quanto per usarli per, attraverso le gesta, raccontare una società e una storia.
La Famiglia Karnowski ne è un classico esempio, ma in questo
I Fratelli Ashkenazi tutto raggiunge il suo apice a livello tecnico. Non fatevi spaventare assolutamente dalla lunghezza del libro perchè le pagine scorrono via velocemente, complice la struttura a capitoli piuttosto brevi.
Attraverso la storia di questi due fratelli e di tutti colori che direttamente o meno vi sono intorno, a partire da Lodz e dal suo boom industriale, viene narrata la storia della Polonia e dei polacchi attraverso il periodo zarista, il periodo dei primi scioperi, la dominazione bolscevica, la tirannia tedesca, e infine la "liberazione". Attraverso questa storia assistiamo ai primi moti operai, alla nascita della rivoluzione bolscevica e alla diffusione del marxismo e della sua abominevole e distruttiva idea di scientifica processione dell'evoluzione di classe, dell'emergere dell'industria automatizzata e del soppiantamento delle macchine sui manovali umani, alla fine dello zarismo in Russia come pure alla fine del Kaiser e agli sconvolgimenti della prima guerra mondiale. In mezzo, gli ebrei, l'eterna scusa di ciascuno che voglia agire con violenza per ottenere qualche forma di potere ma che manchi di una scusante per cominciare. Da qualunque parte arrivino gli spari, dice verso la fine Singer - il narratore - comunque passeranno in mezzo al quartiere ebraico: i bolscevichi, gli operai, i tedeschi, infine i polacchi comunque si rivolgono sempre contro gli ebrei, anche quando lottano fra di loro.
Un libro di storia, dunque, contenente fatti veri raccontati intessendo la realtà alla finzione della vita dei fratelli Ashkenazi e dei loro amici, nemici, mogli, e figli. Quello che qui è narrato è successo realmente, è la storia.
Il finale è sempre il momento più duro di chi crea un libro, una canzone, una poesia, e in questo libro c'è forse uno dei finali più bello, tanto perfetto quanto terribile, che abbia mai letto.
Un consiglio che vi do è quello di saltare senza se e senza ma l'introduzione, anzi, le introduzioni di Claudio Magris, sproloqui in un linguaggio dotto all'estremo - e non in senso positivo -, farcito di proposizioni pesanti e ingarbugliate, che ricercano la costruzione roboante come se solo così si potesse dire qualcosa di importante. Certamente quello è lo stile di Magris, ma che lo usi sui suoi libri perdio! Questo è un libro di Singer, non di Magris, e se si vuole dire qualcosa all'inizio lo si dica con il rispetto per il libro e lo scrittore. Oltretutto vi è ben poco di interessante in quelle introduzioni, leggetevi qualche riga dei fratelli Singer su Wikipedia e avete già più dati a disposizione. 600 e rotte pagina di questo libro scorrono via molto più leggiadre rispetto a quattro o cinque pagine delle introduzioni di Magris, ciò sia a imperitura testimonianza di quale sia, dei due, il vero scrittore. Un altro consiglio che vi do è quello di leggere una pagina enciclopedica qualsiasi (Wikipedia, al solito, va benissimo) alla voce Lodz poiché questa cittadina è la vera protagonista del romanzo.
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