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IL DECLINO DELL'IMPERO WHITING

Richard Russo

Libro che ho acquistato a Lignano durante le ferie di Agosto nella mia amatissima e consigliatissima Libreria Pineta, solo oggi ne affronto la lettura poiché continuo ad avere più libri da leggere di quelli che effettivamente riesco a gestire.
Empire Falls dubito stia a significare La Caduta dell'Impero ma questo è il vero senso del romanzo. Si apre con un prologo ambientato durante l'ascesa di C.B. Whiting e il benessere cittadino debito della sua famiglia, ma subito dopo comincia la narrazione vera e propria dopo la chiusura delle fabbriche Whiting e il declino della cittadina, un declino che è globale: declina la società, declinano gli affetti, declina la famiglia, declinano le persone, declina l'adolescenza, declina la salute, non c'è cosa che sia pervasa da un decadimento più simile a un tumore che a un problema economico. È una devastazione talmente annichilente e onnipervasiva che i richiami possono andare solo alla fantascienza per la sua caratteristica di poter oltrepassare il reale, a Dying of the Light ad esempio ma ancora più al pianeta Trantor della Fondazione, abbandonato millenni dopo essere stato il centro dell'Impero e in devastazione totale. Solo che qui il processo di nullificazione totale è realistico, dalla città agli edifici alle singole persone e talmente potente e onnipresente che viene da chiedersi se Russo non abbia calcato un po' la mano ma direi di no; basta guardarsi in giro, in misura non letteraria possiamo riconoscerlo anche nel nostro mondo.
Non fatevi spaventare dalle settecento pagine di cui è costituito il romanzo, scorrono via abbastanza velocemente anche se la narrazione, che intervalla ogni frase o ogni avvenimento e dialoghi interiori, riflessioni, ricordi, può risultare un po' ripetitiva e qui c'è il punto critico del romanzo.
Tutto questo declino, continuo, omnipervasivo, globale, insensato, ben scritto e delineato me lo immaginavo inizialmente applicato al progredire della saga degli Whiting, e questo "declino" me lo aspettavo come un processo mentre in realtà è un "fatto". E' compiuto, già avvenuto, Empire Falls è già crollata e invece di presentarci un arco temporale, Russo ci presenta una persona sola, Miles Roby, a partire dalla quale digressioni e flussi di pensieri e ricordi creano ogni tanto visioni di ciò che è accaduto. Ci sono altre persone: Janine, Charlotte, David, Tik, Jimmy, ma tutte ruotano attorno a Miles Roby che pare il fulcro della realtà come in una specie di idealismo solipsista. Alla fin fine, però, è la storia di una persona, non di una stirpe né di una città, e questo è dove a mio avviso Russo ha fatto cilecca perché, dovendo trattare bene o male di una persona e di chi gli sta intorno, 700 pagine sono troppe e per questo, come dicevo, a tratti diventa ripetitivo. Tutto questo sbagliare, pentirsi, articolati in trame di parole scritte sicuramente bene con un gran possesso della lingua e della capacità di scandagliare le debolezze e fragilità della psiche umana, comunque gira sempre direttamente o indirettamente attorno a Miles e ai suoi amici, conoscenti, che paiono epifanie di varie sue strutture psichiche ed avviene così che, dopo un po', lo conosciamo talmente bene da diventare prevedibile e noioso, lui e le arzigogolate linguistiche di Russo. L'introduzione di colpi di scena mantiene un po' la tensione peccato che, girando dall'inizio del libro tutto il discorso attorno a Miles Roby e alla sua vita, buona parte di queste cose te le pre-raffiguri già e quando accadono non destano scalpore ma anzi, pensi che siano state tirate fuori pure in ritardo.
Sia chiaro, è un gran bel libro e me lo sono goduto ma un po' l'aspettativa delusa di una saga famigliare, un po' il tentativo inspiegabile di Russo di mantenere questa visione individuale della storia per così tante pagine fanno perdere un po' di passione a favore della ripetitività. Il finale lascia a desiderare, un po' sbrigativo, un po' scontato, un po' troppo fissato con la voglia di stupire tramite colpi di scena ma che finisce con l'essere persino sbrigativo e un po' semplicistico.
Quindi: 1) mi aspettavo una saga famigliare; 2) troppo lungo per vicende così brevi; 3) i colpi di scena vanno bene a Hollywood, non in letteratura; 4) comunque gran bel libro.

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