Una scrittura di una potenza devastante. Non avevo mai letto nulla di Durrenmatt: sebbene il nome mi intrigasse non poco (difficile ignorare il fascino della logica nomen-omen) non avevo ancora trovato il
periodo giusto per affrontarlo. E sono contento di esserci riuscito. Una scrittura di una potenza schiacciante: la storia, la narrazione, l'ambientazione, lo stile, tutto è perfetto ed omogeneo, come in una fuga tutti gli elementi si inseguono ed armonizzano in contrappunti matematicamente studiati. Difficile a volte stargli dietro per la poca familiarità con la società svizzera per cui meglio avere un'enciclopedia a portata di mano, tuttavia non è proprio così indispensabile perché comunque il tema è un altro: il tema è il male, la sua liceità, il senso della giustizia e se può distinguersi dalla vendetta, la violenza durante la punizione, l'etica e il nichilismo. Tutti questi temi sono condensati in un'indagine di polizia.
Ecco, questa per me è vera arte: qui la scrittura, il contenuto, e i significati come pure le interpretazioni fanno parte di un tutt'uno inscindibile. Il paragone con la
Trilogia di Auster che ho concluso prima di affrontare Durrenmatt è doveroso perché a suo modo sono due polizieschi che vogliono però significare altro: Auster vuole farlo in maniera moderna ovvero con paradossi e inconclusioni che alla fine fanno solo un gran casino e non vogliono dire nulla, Durrenmatt lo fa con l'incommensurabile potere evocativo della narrazione e ne viene fuori un gioiello.
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