mer 04/12/2024 | RSS | Menu

TRILOGIA DI NEW YORK

Paul Auster

Veramente non so cosa pensare di questo libro. Le tre storie sono completamente slegate e i punti in comune ci sono ma veramente flebili. C'è la follia che emerge nei personaggi, cosa molto labile per dare un'unione a tre storie differenti e oltretutto sempre diversa in forma e grado che già chiamarla "follia" è improprio; c'è il fatto che i protagonisti si perdono ed estraniano da se stessi mutando vita da un secondo all'altro, ma anche qui parliamo di sottigliezze perché non è una cosa così caratterizzante; c'è il fatto delle persone che scompaiono, praticamente tutti nel primo racconto, il protagonista nel secondo, Fanshawe nel terzo; c'è il fatto che tutti i protagonisti si ritrovano a fronteggiare un'altra persona con la quale finiscono con l'identificarsi e ti chiedi quale sia la persona reale e quale la maschera. Oltre ovviamente al fatto che le storie avvengono a New York ma la cosa non è proprio così interessante e significativa, forse ci saranno delle sfumature che a un non-newyorkese sono inaccessibili ma dubito perché, anche se così fosse, non penso siano fondamentali e in grado di stravolgere il senso o darne uno nuovo.  Che poi alcuni nomi si ripetano dà persino fastidio, visto che alla fin fine si riferiscono a persone diverse, e che nell'ultimo racconto [ANTICIPAZIONE]il protagonista dica che lui ha scritto anche le altre due storie[FINE ANTICIPAZIONE] fa letteralemnte girare le palle.
Arriviamo così al problema di questo libro: il senso.
Continuo ossessivamente a chiedermi "Perché?" e non trovo una risposta. La scrittura è perfetta, cesellata bene, ci sono buone intuizioni ma nonostante tutto ti chiedi "Perché?" e non hai risposta. Me lo sono chiesto dalle prime righe fino all'ultima: perché? Perché Quinn accetta l'incarico? Chi gli porta da mangiare? Dove finiscono gli Stillman? Perché i cognomi sono tutti di colori, Blue Black White Rose Gold ecc? Perché lo paga per fissarlo? Perché la maschera da mostro? Di cosa parlano le opere di Fanshaw? Questi sono piccolissimi esempi ma non se ne viene fuori, perché la domanda "Perché?" vi si imporrà di continuo di fronte agli occhi priva di risposta. Non c'è neanche una risposta sensata a questo fronteggiare di continuo una domanda "Perché?" così ostinata, quasi imposta, che pare essere proprio l'unico scopo o senso dell'opera.
Non c'è un senso ultimo, un insegnamento, un senso anedottico ad ogni cosa che accade, non c'è una morale né una sua critica, non c'è una rappresentazione di un dilemma etico, non c'è giudizio ma neanche quella così significativa mancanza di giudizio tipica del buon realismo. Se vi ricercate un senso metaforico sicuramente lo troverete, ma ne troverete tanti perché, in realtà, non ce n'è nessuno e quindi gli potete applicare l'interpretazione che più vi aggrada.
Non sono parabole, non resta nulla in mano se non una bella scrittura ma totalmente fine a se stessa; e quindi? Restavo attaccato alle pagine perché la scrittura così bella si lascia leggere, ma alla fine di un paragrafo, di un capitolo, di una storia, restavo sempre a chiedermi "Perché?" e alla fine non ho veramente capito perché questo libro esista. Non me n'è rimasto proprio nulla. Non lo giudico un libro brutto perché, ripeto, la tecnica narrativa è magistrale e si vede che ci troviamo di fronte a vera letteratura ma solo stilistica, una specie di esperimento.
Certo si potranno fare critiche letterarie di tenore altissimo: si può parlare della crisi dell'identità, del problema della manipolazione diretta e indiretta, della vuotezza delle nostre vite quando gli ideali sono crollati, della ricerca di uno scopo nella vita, del nulla che ci circonda e dello sforzo titanico di dargli un nome e cercare di riempirlo, della deindividualizzazione operata dai grandi centri urbani, della società e delle metropoli, e bla bla bla e ancora infiniti bla. Si potranno fare duemila discorsi magnifici ma che senso hanno quando questi discorsi starebbero in piedi anche venendo a mancare il libro? Si potrebbero prendere e applicare a qualsiasi altro libro e nulla cambierebbe perché sarebbero incredibilmente astratti perché in realtà il contenuto non c'è, è totalmente inconcludente. 
Proprio per questo non è il mio genere, è arte moderna, dove il prodotto (l'opera d'arte) è sempre meno importante e a volte proprio ininfluente rispetto alle sue interpretazioni. Qui c'è gran amore della scrittura ma ciò non basta, non è sufficiente se si tratta il contenuto in questo modo che pare quasi una presa in giro del lettore. E a questo punto sono io a chiedere "perché": perché non fate i critici invece degli scrittori?

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