Magnifico. Un grandissimo scrittore americano, intendendolo non in termini geografici, ma in termini letterari: ovvero è un grande scrittore e punto, in secondo luogo è americano. Sulla scia di Hemingway ma forse ancora più di Faulkner, Haruf è un narratore sintetico e diretto il cui mondo è quello dell'America rurale e periferica, come periferici sono i protagonisti dei suoi libri. Differentemente dal primo libro della trilogia, i cui protagonisti compaiono e poi scompaiono, in questo terzo capitolo ritornano alcuni personaggi del libro precedente e le loro storie proseguono, o si concludono.
Difficilmente qualcuno di loro farà qualcosa di grande e simbolico, ma la somma di tutti loro forma la vera anima degli states.
Una particolarità è il loro rapporto con i fatti e la realtà, con il mondo e le cose che accadono. Come in
Benedizione e in
Il Canto della Pianura c'è la sensazione che i protagonisti subiscano gli accadimenti, o quasi li accettino in maniera inconscia.
Ciò che accade è inevitabile, un vero e proprio
fatto e i fratelli McPheron, o Guthrie, o il piccolo DJ, vi si adeguano e proseguono. C'è quasi un'assenza completa di pensieri e progetti, idee e prospettive.
Sintomatica di questo stato di cose è la reazione di Raymond alla morte del fratello, quando si ritrova a svolgere tutto il lavoro da solo e gli chiedono perché lo fa: "Cos'altro dovrei fare?"
In realtà, però, a ben guardare non c'è pessimismo: c'è accettazione che se così presa può anche essere intepretata, o confusa, per ottimismo.
Le cose accadono, e noi siamo parte delle cose che accadono, senza possibilità di accettarle o respingerle.
Concedetevi di leggere tutta la
Plainsong Trilogy: vol.1 Benedizione -
vol.2 Il canto della pianura -
vol.3 Crepuscolo
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