mar 03/12/2024 | RSS | Menu

LA CASA IN COLLINA

Cesare Pavese

Che magnifico tempo verbale l'imperfetto, e quanta maestria serve per dominarlo; Pavese ne è il maestro. Lo usa per ricordare vicende del passato ma è un passato prossimo cronologicamente legato al presente del Corrado Narratore, eppure l'imperfetto è usato per narrare quel breve tratto di tempo passato con Cate e Fonso e Dino e allo stesso tempo per la sua infanzia, a stringere un legame del ricordo di cosa è appena stato e di ciò che è fu mentre nel finale l'imperfetto si perde perché, pur passato poco tempo, la guerra e la sua fuga hanno tracciato un taglio netto, un'incisione profonda e insanabile. 
L'inquietudine esistenziale di Corrado è ciò che resta sempre, il suo non essere mai contento e quasi voler aver sempre l'ultima, ma ingiustificata, parola, e infatti la rispossta che dà al padre nell'ultima pagina ha lo stesso tenore di quelle che dava a Fonso Dino e Cate e per la quale Cate lo canzonava. Povera Cate: che ne è stato di quell'anima bella indurita? Che ne è stato di quel povero Dino? A leggere il romanzo solo tra Corrado e Cate e gli amici "rivoluzionari" sembra che Corrado sia perfetto, colto buono e intelligente: il suo passato brutale con Cate si può giustificare con la gioventù. È la Elvira la chiave che lo rimette in riga: la canzona, la usa, la sfrutta e infine la getta e ci ricorda che il libro è in prima persona, è sempre lui che parla e tira l'acqua al suo mulino e Cate glielo spiattella in faccia: "mi disse che ero cattivo, superbo e che avevo paura". È un bravo diavolo ma non del tutto, è egoista e saccente. Cate e - o con - Dino avrebbero forse potuto sia dargli un po' di pace che rimetterlo in riga, ma la guerra se li è presi e l'ultima voce che ne rimane è "le hanno deportate là, da dove non si torna". Corrado è del resto un intellettuale e la sua visione della guerra e degli eventi in corso è quella dell'astrazione che crea in lui questa spaccatura esistenziale con la realtà, infatti sembra quasi tranquillo come se la guerra non avesse a che fare con lui ma la leggesse da un libro; finché non arriva da lui, e comincia la sua fuga che niente ha a che vedere con le passeggiate per le colline con Belbo ma più quella del ratto che fugge al falco.
Se volete uno spaccato di com'è stata la vita di gente normale durante la guerra, questo è il libro giusto; non dopoguerra, né in guerra, ma semplicemente la fatica dell'uomo qualunque mentre la guerra imperversa sempre più violenta fino alla sua conclusione. I contadini in campagna, i falegnami, chi gestiva una misera osteria di periferia, il carrettaio che trasporta aratri, gente che ha continuato ad andare avanti nonostante la guerra, a fianco di essa.
Pensare che questo libro, col suo finale devastante e così coraggiosamente a-politico (T. Mann!) è stato scritto tra il 47 e il 48, a guerra appena conclusa fa grande onore a uno scrittore così meraviglioso.
Scrittura notevole ma difficile, la commistione col dialetto non solo nelle parole ma nella struttura delle frasi e coi silenzi o soggetti e oggetti implicitati rende la comprensione a tratti ardua ma è probabilmente una tra le cose più belle di questo romanzo, se proprio si vuole a forza trovarne di meno belle (di non belle è impossibile).
Libro che ho letto da ragazzino ma non me lo ricordavo proprio. 
Consiglio vivamente la lettura di questo articolo molto interessante.

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Tutti i libri di Cesare Pavese

  • Il diavolo sulle colline (stato: Libro finito Libro molto apprezzato! )
  • La bella estate (stato: Libro finito )
  • La casa in collina (stato: Libro finito Libro molto apprezzato! )
  • La Luna e i falò (stato: Libro finito )
  • La spiaggia (stato: Libro finito )
  • Totale libri: 5
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