Già il primo
I Sei Giorni del Condor non mi aveva proprio convinto perché eccessivamente "tecnico" ma non in senso buono, più che altro tecnico in senso nozionistico per non dire brutalmente "logorroico", mentre fuori da questi contesti era un po' sempliciotto, scontato, puerile.
Questa seconda azione del Condor mi ha convinto ancora meno poiché di azione ce n'è poca, mentre ci sono pagine e pagine di descrizione dei tallonamenti silenziosi e piatti, dialoghi, nonché colpi di scena infantili come l'agente cinese che piange e poi si scopa Condor, come il vecchio onnisciente, come il comunista americano esaltato e folle, come il KGB cattivone cattivone, come il Kevin che è sempre dappertutto o il misterioso Carl cui nessuno vuole bene. La lettura procede piuttosto lenta, con continui colpi di scena piuttosto piatti e noiosi quando non scontati e continui cambi di prospettiva passando da un personaggio all'altro a volte anche senza un motivo palese se non interrompere un'azione per creare suspense ma senza mai riuscirsi appieno.
Di certo non penso che questo tipo di narrativa debba offrire molto di più che queste cose ma dovrebbero essere mescolate e strutturate un po' meglio, oppure al contrario buttarsi nell'esagerazione assoluta e assurda che questo ti promette e questo ti regala.
Di contro al celebre film con Robert Redford questi libri si differenziano in una cosa fondamentale: Condor è un povero scemo.
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