Poul Anderson è veramente un magnifico scrittore di fantascienza. Riesce a creare un magnifico quadro composto da politica, ecologia, scienza, introspezione individuale e definizione di personalità diverse in modo preciso senza cadere nel prolisso, nell'eccesso di fantascientismo che troppe volte rovina una lettura. Questo libro è una saga, e riesce pure a tenerla breve: si divide per capitoli tematici dove ogni capitolo rappresenta un passo della espansione spaziale dell'umanità, che è praticamente obbligata per infauste vicende terrestri di degrado sociale e ambientale. La base scientifica è appena accennata ma realistica e fornisce una base solida alla narrazione che procede spedita e incuriosisce sempre più. Sicuramente ciò che interessa ad Anderson, più che la base scientifica, è la delineazione delle problematiche sociali che volta per volta si incontrano: quelle politiche e geo-ecologiche sulla Terra, quelle sociali in viaggio sulla nave legate anche al sonno criogenico di buona parte dei passeggeri, quelle sociologiche durante l'approntamento dello sbarco su Rustum e dispersioni coloniali, e via dicendo.
Il libro è composto da una serie di racconti concatenati scritti dal 1959 al 1975 ed è proprio in questo particolare che emerge la sua unica debolezza: la linearità tematica. Negli ultimi racconti infatti l'epica di un popolo si trasforma nell'epica di un uomo solo e rimangono deluse molte aspettative del lettore appassionatosi alla struttura di saga. Si perde così il senso immane del tempo che scorre, del mondo alieno, della mastodontica e oppressiva distanza dalla Terra sia nello spazio sia nel tempo, e diventa la saga di un uomo eroe. Peccato perché due terzi buoni del libro sono assolutamente fantastici.
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