Sono in po' perplesso su come giudicare questo romanzo. E' scritto bene, la storia sta abbastanza in piedi, gli intrighi non sono troppo intricati, c'è spionaggio e un po' di azione. Però... lo spionaggio è troppo, c'è praticamente solo quello a scapito di un po' d'azione; gli intrighi sono continui e forse un po' troppo narrati con una visione panoramica che li rende un po' eccessivamente ingarbugliati nella scrittura; la storia sta in piedi ma viene a mancare in realtà un perché a giustificarla; e la narrazione, scritta indubbiamente bene, è però troppo prolissa di particolari spesso ininfluenti, di elementi messi lì a cornice che diventano però troppo ingarbugliati quando nella realtà sarebbero solo circostanziali, e infine scrive troppo. Veramente troppo. Un accadimento come quello del rapimento del libanese dura decine di pagine ornati di arzigogoli verbali per un fatto che in realtà dura mezza riga mentre il tradimento e parlamento di Charlie mettono a dura prova la pazienza del lettore perché sembra non finire più e senza un perché, tant'è che stavo per abbandonarlo. Le Carré è bravo e la sua scrittura sorniona riesce comunque a tenerti attaccato alle pagine incuriosendoti, ma dopo un po' cominci a fare fatica; è un genere incredibilmente legato alla cinematografia, a mio avviso, l'ha scritto con un occhio alle pagine e un occhio verso i colli di Hollywood.
Arrivato circa a metà, ho deciso di mollare. Negli ultimi anni ho modificato la mia pazienza nei confronti dei libri: un tempo mai avrei abbandonato un libro, soprattutto un romanzo. Se un saggio è troppo difficile, lo abbandono perché lo riconosco oltre le mie possibilità, ma solitamente i romanzi li continuo lo stesso, magari saltando pezzi ma arrivando alla fine. Da qualche anno ho "capito" che sbagliavo: non è vero che tutti i libri meritano di essere letti, alcuni semplicemente tolgono tempo ad altri libri. Non capisco chi affronta questi logorroici mattoni e poi dice che altri libri come Pavese, Moravia, Faulkner, Franzen sono dei mattoni noiosi: per dare l'idea, l'ho abbandonato e ho affrontato subito La Noia proprio dell'appena citato Moravia eppure, sebbene sia un libro che fa della noia l'angosciante protagonista, è incredibilmente più sensato di questa cretinata di Le Carré, il quale non sa fare altro che riempire pagine e pagine di futili dialoghi e descrizioni.
Menorah di Buticchi lo leggi per pura pietà perché è talmente superficiale che ti pare di ascoltare un bambino che ti racconta le prodezze del suo peluche;
Attacco dal Mare di Ted Bell lo leggi perché non te ne rendi conto talmente è zeppo di luoghi comuni sullo spionaggio hollywoodiano; ma questo di Le Carré è di una noia mortale perché non vi succede assolutamente un cazzo di nulla. Mi sento come non se avessi perso una sfida, abbandonandolo, ma come se questi dieci giorni di lettura li avessi trascorsi a guardare il Grande Fratello.
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