gio 21/11/2024 | RSS | Menu

LA VEGETARIANA

Han Kang

Scrittrice coreana premio Nobel 2024 per la letteratura, premio che a mio avviso non serve a nulla se non come incitamento ad affrontare scrittori contemporanei e/o a me ignoti. "Chissà," - ho per l'ennesima volta pensato, "magari questo premio mi farà scoprire una perla".
Invece così non è stato, mi sono trovato tra le mani il solito romanzo contemporaneo. Mi spiego: è scritto bene ma risponde a ciò che ogni volta mi rimane di questi libri: un tema difficile ma perlopiù banale attorniato dei soliti leitmotiv contemporanei ovvero la solitudine dell'individuo e il sesso. Tutto buttato lì come idea ma senza la profondità concettuale possibile con la scrittura. La vegetariana diventa vegetariana per problemi interiori e relazionali, il padre-padrone, il marito freddo, un sogno, la condizione femminile, tutto ok ma non so, non c'è tanto oltre a ciò, questi argomenti che ovviamente non sono banali ma essendo oggi molto presenti perlopiù nei media (dove ogni cosa diventa banale) richiedono uno sforzo allo scrittore per conferirgli la profondità emotiva e concettuale che si spettano. L'introduzione dice che la deviazione vegetariana è "un distacco [...], un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista": non è un percorso, in realtà la scelta è la fine di questo percorso, è l'apoteosi di una malattia che già c'era nelle persone ovvero nella società ma qui è tutto troppo facile da capire. Se penso a come un Franzen riesce a far emergere tensioni individuali e sociali, sia esistenziali che culturali nonché ideologiche, senza essere così piatto e diretto... questa è la differenza fondamentale che, sebbene un bel libro, non mi ha fatto più di tanto gridare al miracolo. Oltre a ciò che c'è scritto, non c'è altro. Il problema che dal mentale diventa fisico è un problema esclusivamente fattuale, materiale: abbiamo le cause dirette, per cui la scelta del veganesimo come suicidio indiretto deviato dalla follia è un prodotto; siamo in presenza di una semplice formula matematica, priva di qualsiasi evocazione, priva dell'irrealtà del disagio esistenziale in cui i fatti sono relativi e di fronte a noi resta spalancato solo il buco nero del disagio, l'oscurità dell'insoddisfazione ingiustificata. Yeong-hye la sentiamo vicina per compatimento indiretto se anche noi non siamo passati attraverso esperienze simili, mentre l'evocazione del disagio per questioni culturali, sociali, esistenziali quindi prive di uno o più fatti in sè scatenanti diventa universale. Diventa un'idea, un concetto nel quale il lettore, qualunque sia stato il suo passato o la sua esperienza personale, potrà riconoscersi. Altrimenti, invece, questo libro resta solo una storia limitata in senso cronologico, storico, individuale, esperenziale, un vissuto di qualcuno e basta.
Un esempio è quando Cheong prende Yeong-hye con la forza, ovvero in parole povere la stupra. E' descritto così, in maniera indubbiamente piatta ma troppo veloce e descrittivo. La donna oggetto nuda e cruda, sembra di sentire i giornalisti che parlano di "patriarcato". Se affrontate quel maestoso libro che è Le Correzioni di Franzen capite bene la differenza: non c'è esplicitamente la donna sottomessa, non c'è lo stupro, ma ciò emerge in maniera evocativa tant'è che la scena in cui Enid fa un pompino al marito per convincerlo a fare la festa di Natale è qualcosa di impressionante. Enid sceglie di fargli un pompino, senza che ci sia un approccio, senza che ci fosse neanche il desiderio di avere un pompino, decide di farglielo lei ma è il dover arrivare a quel punto che trasforma l'atto libero di Enid in una sottomissione. Questa è la vera grandezza di uno scrittore, descrive un fatto che in realtà fa emergere tutt'altro e la situazione di Enid e suo marito diventa un concetto che può prendere nella sua ombra la situazione intera della nostra civiltà. In La Vegetariana questa cosa non c'è, quello che viene descritto è quello che è e punto; lo stupro di Yeong-hye è solo quello, è solo il suo stupro.
Avviso che non è un romanzo, potremmo chiamarlo una raccolta di tre racconti lunghi dove c'è continuità tematica: il primo racconto è narrato in prima persona dal marito di Yeong-hye, la vegetariana; il secondo è in terza persona ma dal punto di vista del cognato della vegetariana, il marito della sorella. Anche questa troncatura della storia in tre punti di vista doveva essere meglio gestita: questa struttura è complessa e richiede professionalità narrativa che probabilmente la scrittrice non padroneggia bene e, invece di un gioco di specchi ne esce semplicemente una storia divisa in tre parti. E' come dicevo prima, non c'è la trasformazione del fatto in un concetto, non c'è traslazione metaforica di un evento, non c'è evocazione di un'idea, c'è semplicemente una storia divisa in tre parti. Fortunatamente è un libro molto breve. Mi è parso un bel libretto di letteratura narrativa ma nulla più.

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