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LA MOSSA GIUSTA

Enrico Franceschini

Biografia romanzata dello scacchista Ossip Bernstein, quindi seguendo la via tracciata da Maurensig con Teoria delle Ombre e L'Arcangelo degli Scacchi e Larrue con La diagonale Alechine (quest'ultimo ai limiti dello scandaloso per quante cretinate immette in una vita che fu reale). Riuscirà Franceschini (che è un giornalista, quindi ai miei occhio già partiamo male) a superare le criticità degli altri romanzi or ora citati, ovvero fermarsi ai fatti storicamente accertati senza inventare nient'altro che la cornice per dare alla storia semplicemente una bella forma, ma non contenuti alla cazzo?
La risposta è che è difficile saperlo perché della vita di Bernstein non è che si trovi molto nel web. Nel romanzo di Franceschini, Bernstein incontra moltissimi personaggi oggi famosi: Joseph Roth, Dalì, Chagall, Stefan Zweig che gli regala pure una casa, van Gogh, Louis-Ferdinand Céline che compare un attimo e non fa sicuramente una bella figura, persino Hemingway e Fitzgerald; difficile sapere (e credere) che li abbia conosciuti tutti ma è indubbiamente un artificio per ricreare l'atmosfera fin de siecle (quello splendore culturale che si ritrovò - e forse fu parte - di un grande baratro) di quegli anni così magici per l'arte (tra cui gli scacchi) e così prossimi alla devastazione assoluta, e di quella Parigi in cui tutti i grandi artisti (ma anche debosciati) andavano come fosse un'isola appositamente creata per loro. Li incontrò davvero? Non lo so, non ho trovato nulla in merito. Possibilità ci sono, ma diciamo che il lettore medio subito penserà a un'aggiunta di Franceschini. Non è una cosa drammatica, sono perlopiù persone che compaiono e scompaiono o che, come nel caso di Chagall, rimangono a lungo ma non in maniera critica e incisiva quindi creano un'adeguata atmosfera di grandezza prima della barbarie, senza aggiungere troppa fantasia alla realtà che fu Bernstein.
La partita della vita ovvero quella giocata quando viene arrestato dai leninisti la gioca contro non un ufficiale qualsiasi ma con Mikoyan, un personaggio chiave della storia russa dai tempi di Lenin attraverso Stalin e fino a Kruscev, e chiave anche nel romanzo essendo quasi co-protagonista; la vicenda della partita, inoltre, non è fonte diretta di Bernstein ma è stata raccontata da Edward Lasker. E' sicuramente estremizzata come aggiunta e diventa eccessivamente artificiosa poiché nel resto del romanzo questo fantasioso momento Franceschini lo trasforma in un momento chiave dell'intero universo conosciuto, qui - in termini tecnici - l'ha fatta sicuramente fuori dal vaso. Franceschini ha usato lo stratagemma della coincidenza rilevante in maniera un po' grossolana, a mio avviso, e se leggerete tutto il romanzo vi renderete conto che in effetti è molto molto artificiosa al limite dello scontato, tant'è che capirete subito che quella partita non sarà un evento isolato ma si ripercuoterà anche nel seguito delle pagine; e in effetti è così, persino più di quanto possiate immaginare.
Questi artifici letterari sono tutte manipolazioni della realtà che tuttavia non incidono più di tanto sulla narrazione - compaiono anche altri personaggi da Vassilj Grossman a Gorbacev, tanto per dire, Franceschini ha preso una carriola di contemporanei famosi e l'ha rovesciata in mezzo alle pagine! -, è un artificio letterario che lavora sull'atmosfera generale ma continuando a restituirci una figura di Bernstein realistica e probabilmente ancora parallela a quella reale e in ciò probabilmente sta la differenza con i romanzi che ho citato prima dove la realtà viene presa per ricavarne una storia, non per essere narrata ed abbellita come in questo caso (ad esempio, Roth in Fuga Senza Fine narra una storia inventata a partire da buona parte delle sue esperienze, non fa il contrario). È un treno di coincidenze che non disturba troppo e, anzi, fa piacere incontrare questi personaggi che bene o male si conosce: è come se li incontrassimo per strada e ci scambiassimo due chiacchere, come effetto secondario del libro è indubbiamente azzeccato e l'ho apprezzato molto tant'è che ho già messo nuovi libri in coda di lettura. Tuttavia questo continuo dubbio tra la realtà e la fantasia disturba nel leggere un romanzo che si propone, pienamente o meno, come biografico, lasciando il lettore in un continuo stato di smarrimento informativo; se impareremo o meno qualcosa della vita del vero Ossip Bernstein non lo sapremo mai.
Che invece Ossip sia stato un informatore sionista con lo scopo di aiutare l'emigrazione in Palestina e la fondazione del futuro Israele tramite la sua amicizia con Joseph Klausner, persona realmente esistita e figura chiave nella nascita di Israele il quale lo ingaggia come "spia", quando non sappiamo neanche se effettivamente si siano conosciuti, dà sicuramente un taglio diverso alla storia; lo fu veramente? Non lo sappiamo ma è improbabile. Qui però non è più un trucco per creare atmosfera e non ho trovato modo per verificare o meno l'informazione quindi, non essendo più un trucco per abbellire una vicenda reale ma probabilmente un'aggiunta vera propria, avrei preferito Franceschini l'avesse evitato, come pure metterci l'incontro con Amos Oz... questo è veramente un po' tirato. Il tutto ha uno scopo, ovviamente: narrare la storia parallela della fondazione di Israele, ma poteva essere fatta in maniera completamente diversa e meno invasiva, ad esempio semplicemente dicendo che Ossip decise di non emigrare come fecero i sionisti del tempo. Pare di capire che Franceschini l'abbia fatto perché ama Amos Oz come scrittore, giustificazione non convincente né soddisfacente.
Ci sono alcuni refusi. Sappiate ad esempio che secondo Franceschini il film Il Settimo Sigillo è di Ingrid Bergman! C'è a mio avviso un'imprecisione anche nella partita della vita, dice infatti che Mikoyan apre con una mossa di cavallo che Ossip identifica con la difesa Scandinava decidendo quindi di replicare la "Immortale Peruviana", ma nella scandinava si comincia con 1.e d5 e dopo si muove il cavallo apposta per prendere un tempo sulla donna, ha senso invece muovere il pedone 1...d5 se il bianco non ha giocato 1.e4 e ha mosso invece un cavallo? Non ci dice, mi pare, neanche quale cavallo sia stato mosso, se è 1.Cc3 d5 non si può fare 2.e4 cui seguirebbe 2... d4 scacciando il cavallo - se invece è 1.Cf3 d5 ancora non si può fare 1.e4 cui seguirebbe 1... dxe4 e si scaccerebbe ancora il cavallo! Franceschini, per sua stessa amissione, non sa giocare a scacchi ma sarebbe bastata Wikipedia per risolvere la situazione.
Nel complesso tuttavia un bel libro: è scritto bene senza il classico stile secco e piatto dei giornalisti, tramite Ossip Bernstein abbiamo una visione storica piacevole da seguire e vivendola camminandoci in mezzo, incontriamo vecchi amici (perché amici sono tutti gli scrittori che leggiamo) e scopriamo qualcosa di più su tutto ciò che accadde e, dato il periodo storico in cui accade, oggi visto ciò che ci succede attorno direi che è la lettura giusta. Peccato per il finale, Franceschini si è lasciato prendere la mano: tramutare Bernstein e Mikoyan in una coppia ying-yang attorno cui ruota il mondo è non un artificio letterario, ma un'esagerazione eccessiva. Onore a lui per avere aggiunto una postfazione in cui dice che ha inventato perlopiù tutto e dove inserire i nomi delle persone realmente esistite (ci dice però che Ossip ha avuto un figlio Isaac, ma Iacob è esistito veramente o no?).
P.S. | quando ormai mi mancavano poche pagine alla conclusione, ho letto questo articolo di Franceschini in cui ammette chiaro e tondo che buona parte delle vicende biografiche narrate nel libro le ha inventate lui (ho scoperto poi che questo articolo è tratto dalla postfazione al libro). Ammette però che l'ha fatto per ottenere una biografia dello scacchista funzionale al suo scopo, ovvero creare un "romanzo storico". Ci è riuscito indubbiamente, perché questo più che un romanzo biografico è appunto un romanzo storico basato su una biografia, ma a mio avviso sarebbe scelta migliore inventare di sana pianta un personaggio e farlo muovere poi all'interno di fatti simili a quello del personaggio reale, magari con una prefazione di qualche riga. Come in questo libro e come negli altri, invece, non c'è un metro di paragone, non sappiamo quanto e cosa sia stato aggiunto, e trattandosi di una persona reale otteniamo quindi di assimilare false informazioni che poi vengono spacciate per vere. Mikoyan ne esce, ad esempio, bene: ma è difficile pensare che una persona che fece ciò che ha fatto lui (partecipe sempre in prima persona, quando con le azioni o quando con gli ordini) ovvero massacri e devastazioni, nella realtà dei fatti possa uscirne bene. E' un esempio di come la finta realtà creata da questo romanzo possa creare errati giudizi storici. Persino Ballard in L'Impero del Sole ha creato un personaggio fittizio per creare un romanzo che narrasse buona parte della sua vita, perché non lo fanno anche questi scrittori invece di violentare una vita reale? E' una questione di etica letteraria. Nonostante ciò, resta un bel libro, istruttivo ma allo stesso tempo intrigante, a mio avviso superiore a quelli già citati.

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