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KABLOONA

Gontran de Poncins

Libro autobiografico, con sotto questo aspetto anche qualche limite: De Poncins non vive tutto il periodo di un anno e mezzo circa con gli Inuit ma tra gli Inuit. Sosta a lungo nell'Avamposto, o con un prete eremita, e solo nel mezzo a questo eventi fa escursioni con gli Inuit a pesca, o a caccia. Queste sono indubbiamente le parti più belle e più interessanti del libro, che per il resto è un resoconto non solo antropologico ma più un memoriale, senza dubbio bello, ben scritto, interessante, arguto. Parla molto delle sue esperienze, delle sue emozioni, del suo rapporto con quelle persone e delle differenze tra le due "razze" come le chiama, per non parlare che l'avventura risale al 1938! A mio avviso per scendere nel mondo Inuit è sicuramente meglio leggere il maestoso Paese dalle ombre lunghe di Hans Ruesch, e dopo questo arrivare a De Poncins per avere, dopo il romanzo, la storia reale. Diciamo che questo di De Poncins apre una finestra sul mondo Inuit ma che più altro, a mio avviso, ci mostra la colonizzazione dell'uomo bianco e i suoi avamposti, veri e propri "fronti" intesi quasi in senso bellico, e la vita di questi uomini che si richiudevano in "empori" fosse sia per motivi commerciali (l'avamposto) sia religiosi (l'eremo di Padre Henry) isolati dal resto del mondo. E' un mondo che non c'è più e bisogna riconoscere che proprio questi empori, questi avamposti, questi eremiti religiosi e questi viaggiatori hanno contribuito a distruggere, anche se c'è da pensare che questa distruzione sia inevitabile; quando un "civilizzato" entra in una cultura "arretrata" succede sempre che il primo ne sia affascinato ma non vi resti, e quello che da lì in poi farà di tutto per cambiare sia sempre il secondo. Lo vediamo anche in questo libro dove la maggior parte degli Inuit va a vivere vicino agli empori, vicino ai centri di commercio, compri cannocchiali e fucili e cominci ad abitare in tende e a stare dentro l'avamposto al caldo. Avrei preferito qualche foto in più. Ora gli Igloo non esistono più se non come attrazione per i turisti. E' strana una cosa: De Poncins (come Hans Ruesch) parla del cibo crudo mentre su Wikipedia possiamo leggere che "gli Inuit, nonostante le leggende, amavano infatti cucinare tutte le loro bevande e cibo".

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