Eroico BIKER senza frontiere.
I GRANDI MUSICISTI
Harold C. Schonberg
- Categoria libro: Musica
- Stato lettura: LIBRO CONCLUSO il 17/06/2024
- Voto:
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Innanzitutto segnalo che questo libro è fruibile gratuitamente grazie all'iniziativa di Res Musica, una scuola di musica; se invece volete averlo cartaceo siete chiavati perché i libri belli non vengono pubblicati, non si sa perché. Io l'ho trovato usato su eBay, dove ho trovato anche il suo lavoro sui maestri di scacchi che ho già recensito a pieni voti, ma con questo sui grandi musicisti Schonberg si supera. Che bravo scrittore, che bei libri. Sono biografie, ma non sono per nulla noiose e come in quello degli scacchi, anche qui le biografie sono intriganti e godibilissime e mirano a creare una sorta di storia dello sviluppo della musica classica fino ai giorni nostri, come prima dalle biografie tracciava la storia degli scacchi. Si nota però che Schonberg è probabilmente, più che uno scacchista, un appassionato di musica e a livello tecnico qui troviamo qualche nozione in più sebbene solo accennata per non annoiare il lettore. Inoltre i grandi scacchisti sono pochi, e coprono un periodo piuttosto ridotto: la storia degli scacchi come gioco inteso passatempo è lunga, ma i grandi scacchisti, intendendo gli scacchi all'occidentale (come "scienza" come la chiamano molti, più correttamente sarebbe come "tecnica" e in senso prettamente filosofico) sono sorti da poco, praticamente da Morphy e con l'epoca dei PC sono morti (gli scacchisti, non gli scacchi). E' un arco di tempo che copre praticamente un secolo e una manciata di (affascinanti) figure; la musica copre centinaia di anni e 200 solo in questo libro anche se la scelta di partire da Bach è una scelta personale di Schonberg e per questo deve spesso fare i conti anche col passato non incluso nel libro, che è quindi monumentale ed è bene saperlo prima di avvicinarvisi, sono ben 480 pagine scritte in piccolo e durante le quali aprirete di continuo Youtube o Spotify o scartabellerete la vostra discografia, che riconoscerete misera.
Schonberg decide di partire da Bach per arrivare fino alla contemporaneità con la trinità Schoenberg-Webern-Berg e il perché lo dice subito: è una sua scelta fondata sull'impostazione teorica del libro, con Bach comincia la musica classica più professionale e la teoria raggiunge il suo apice ma anche la sua piena strutturazione completa, cosa che verrà portata alle estreme conseguenze (e sarà un punto a mio avviso limite, insuperabile) dalla dodecafonia; allo stesso tempo, con Bach comincia il vero e proprio ruolo del musicista professionista e innovatore. Ovviamente, partendo da Bach si lascia nell'oblio una bella fetta di musicisti (Vivaldi, Tartini, Rameau...) ma un inizio doveva esserci e Schonberg ha scelto Bach. Scelta sua, il libro è suo, se si vuole altro ci sono un sacco di libri di storia della musica cui rivolgersi, questo è un libro di storia dei musicisti prima di tutto.
La narrazione è splendida e allo stesso appassionata e a leggerlo vi viene solo voglia di ascoltare tanta tanta musica classica. Ogni capitolo mi ritrovavo a rimpinguare la lista "Guarda più tardi" di Youtube con brani che non conoscevo o che da tanto non ascoltavo, o che conoscevo ma reputavo secondari nella mia lunga lista di brani amata e invece ora potevi ascoltarli con nuove emozioni grazie a nuove conoscenze. Allo stesso tempo è appetibile anche da chi non la conosce, perché parliamo di geni e i geni hanno sempre delle vite particolari o meglio particolarmente "narrative". Nella musica viviamo tutti, e anche chi ascolta Allevi e basta può apprezzare questo libro. Questa è la differenza principale col suo libro sugli scacchisti: gli scacchisti interessano solo agli scacchisti, gli scacchi sono un sistema chiuso, una "finta arte" potremmo dire e gli scacchisti sono copie degli artisti. La partita di scacchi inizia e finisce e basta, non c'è modo di darne un'interpretazione diversa. Gli scacchi estremizzano l'irrealtà della musica portandola al suo punto troppo estremo, il limite della linea retta potremmo dire, e così si concludono. La musica è arte globale, è l'essenza stessa dell'arte e il sottofondo della vita dell'uomo, la sua importanza è illimitata. La musica non ha tempo, era ieri è oggi e sarà domani mentre una partita a scacchi, o ancora più ogni sua mossa o momento brillante, finisce e si conclude nel momento stesso in cui accade, e ne resta solo la trascrizione; la partita a scacchi è per definizione un alcunché che è passato, finito, consummatum. Come disse Schopenhauer in Il mondo come volontà e rappresentazione: "La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse piú: cosa che non si può dire delle altre arti".
Un libro che fa venire voglia di ascoltare musica classica, che la fa capire meglio, che evidenzia le particolarità personali delle opere in relazioni al compositore, che fa scoprire tanta nuova musica da ascoltare e fa anche apprezzare o perlomeno capire musica che solitamente si apprezza poco; io ad esempio non vado pazzo di Haendel, Haydn, Berlioz però dopo la lettura dei rispettivi capitoli li ho ritirati fuori dai loro bui e polverosi scaffali e, grazie al nuovo atteggiamento acquisito dalla lettura del libro, li ho apprezzati quasi non li avessi mai ascoltati. Riscopri autori che conosci poco, come Cesar Frank o Saint-Saens, capisci molte più cose di altri autori come Puccini o Massenet, scopri nuove meraviglie come Chausson e D'Indy e, per quanto riguarda me personalmente, mai lo ringrazierò abbastanza per avermi fatto (ri)scoprire l'ultimo Liszt, così brutale e innovatore... Questo è il bello della musica classica: ce n'è tanta, tantissima, ascoltarla è un processo senza fine e posso dire "per fortuna". Un giorno pensi di essere a posto con la tua discografia e il giorno dopo ti ritrovi a comprare nuovi CD o a fare nuove playlist su Youtube. Due sere fa, ad esempio, ero sul divano e c'era un concerto su Rai 5 con l'adagio di Barber e, subito dopo, hanno suonato la Pisanella di Ildebrando Pizzotti, musica e compositore che ignoravo totalmente ma ora da due giorni o la playlist Pizzotti: Orchestral Music aperta su Youtube; non sarà magnifica, ma è bella e, appunto, è una nuova scoperta. La musica classica è così complessa, varia e diversificata che ogni nuova scoperta è appunto nuova e ti regala sempre qualcosa di nuovo.
Come detto, lo trovate anche online gratuito ma se lo trovate su eBay compratelo originale. Merita.
Nota Bene: sappiate che il capitolo su Wagner è altamente deludente. Si capisce subito che non gli piace per nulla e che avrebbe preferito saltarlo, le informazioni che dà sono solo note biografica incentrate sul fatto che chiedeva soldi a destra e a sinistra. C'è poco o nulla di informazione sulle sue opere, sulle sue concezioni musicali, sulle innovazioni, sulla profondità immane che caratterizza l'Anello del Nibelungo, sui leitmotiv, sulle basi psicologiche/psicoanalitiche (prima della psicoanalisi) che reggono i leitmotiv. È contraddittorio e paradossale, peraltro: per alcuni criticati compositori dice, a giustificarli, che le critiche sono errate poiché ebbero successo e la giustizia è data dal "verdetto della storia" (parole sue, e ricorrenti); per Rachmaninoff dice "Se la sua musica non avesse avuto qualcosa da dire sarebbe scomparsa da un pezzo"; con questi assunti, cosa dovremmo dire di Wagner? La storia non lo testimonia come uno dei più grandi allora? Del resto è lui stesso che bene o male, parlando del mentre e dopo Wagner, si ritrova di continuo a parlare del e affrontare il wagnerismo, a testimonianza della sua enorme influenza, e come ha potuto averne così tanta senza essere innovativo? Invece si intuisce che non è un appassionato di Rachmaninoff, probabilmente perché non è stato un innovatore o inventore musicale (si badi che io Rachmaninoff lo adoro), purtuttavia ne riconosce il valore a partire dalla sua fama, come testimonia quell'affermazione che ho citato, ma con Wagner che fama abbiamo? Wagner è stato sicuramente una persona difficile, ma l'uomo e la musica non possono essere giudicati assieme: si può apprezzare il Giobbe del Vecchio Testamento anche senza essere ebrei. Come disse Sinopoli: "In Wagner è più importante la sua musica che le sue qualità umane. La relazione con Wagner come persona era sicuramente problematica. Beethoven era un grande uomo anche se non aveva modi raffinati e non era abbastanza curato. Per Beethoven si aveva rispetto; non so se anche Wagner avesse ottenuto tale rispetto".
Peccato, ma il libro è suo e come ho già detto ha un'impostazione molto soggettiva, quindi facciamocene una ragione: Wagner gli sta sul cazzo, ma pazienza.
Schonberg decide di partire da Bach per arrivare fino alla contemporaneità con la trinità Schoenberg-Webern-Berg e il perché lo dice subito: è una sua scelta fondata sull'impostazione teorica del libro, con Bach comincia la musica classica più professionale e la teoria raggiunge il suo apice ma anche la sua piena strutturazione completa, cosa che verrà portata alle estreme conseguenze (e sarà un punto a mio avviso limite, insuperabile) dalla dodecafonia; allo stesso tempo, con Bach comincia il vero e proprio ruolo del musicista professionista e innovatore. Ovviamente, partendo da Bach si lascia nell'oblio una bella fetta di musicisti (Vivaldi, Tartini, Rameau...) ma un inizio doveva esserci e Schonberg ha scelto Bach. Scelta sua, il libro è suo, se si vuole altro ci sono un sacco di libri di storia della musica cui rivolgersi, questo è un libro di storia dei musicisti prima di tutto.
La narrazione è splendida e allo stesso appassionata e a leggerlo vi viene solo voglia di ascoltare tanta tanta musica classica. Ogni capitolo mi ritrovavo a rimpinguare la lista "Guarda più tardi" di Youtube con brani che non conoscevo o che da tanto non ascoltavo, o che conoscevo ma reputavo secondari nella mia lunga lista di brani amata e invece ora potevi ascoltarli con nuove emozioni grazie a nuove conoscenze. Allo stesso tempo è appetibile anche da chi non la conosce, perché parliamo di geni e i geni hanno sempre delle vite particolari o meglio particolarmente "narrative". Nella musica viviamo tutti, e anche chi ascolta Allevi e basta può apprezzare questo libro. Questa è la differenza principale col suo libro sugli scacchisti: gli scacchisti interessano solo agli scacchisti, gli scacchi sono un sistema chiuso, una "finta arte" potremmo dire e gli scacchisti sono copie degli artisti. La partita di scacchi inizia e finisce e basta, non c'è modo di darne un'interpretazione diversa. Gli scacchi estremizzano l'irrealtà della musica portandola al suo punto troppo estremo, il limite della linea retta potremmo dire, e così si concludono. La musica è arte globale, è l'essenza stessa dell'arte e il sottofondo della vita dell'uomo, la sua importanza è illimitata. La musica non ha tempo, era ieri è oggi e sarà domani mentre una partita a scacchi, o ancora più ogni sua mossa o momento brillante, finisce e si conclude nel momento stesso in cui accade, e ne resta solo la trascrizione; la partita a scacchi è per definizione un alcunché che è passato, finito, consummatum. Come disse Schopenhauer in Il mondo come volontà e rappresentazione: "La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse piú: cosa che non si può dire delle altre arti".
Un libro che fa venire voglia di ascoltare musica classica, che la fa capire meglio, che evidenzia le particolarità personali delle opere in relazioni al compositore, che fa scoprire tanta nuova musica da ascoltare e fa anche apprezzare o perlomeno capire musica che solitamente si apprezza poco; io ad esempio non vado pazzo di Haendel, Haydn, Berlioz però dopo la lettura dei rispettivi capitoli li ho ritirati fuori dai loro bui e polverosi scaffali e, grazie al nuovo atteggiamento acquisito dalla lettura del libro, li ho apprezzati quasi non li avessi mai ascoltati. Riscopri autori che conosci poco, come Cesar Frank o Saint-Saens, capisci molte più cose di altri autori come Puccini o Massenet, scopri nuove meraviglie come Chausson e D'Indy e, per quanto riguarda me personalmente, mai lo ringrazierò abbastanza per avermi fatto (ri)scoprire l'ultimo Liszt, così brutale e innovatore... Questo è il bello della musica classica: ce n'è tanta, tantissima, ascoltarla è un processo senza fine e posso dire "per fortuna". Un giorno pensi di essere a posto con la tua discografia e il giorno dopo ti ritrovi a comprare nuovi CD o a fare nuove playlist su Youtube. Due sere fa, ad esempio, ero sul divano e c'era un concerto su Rai 5 con l'adagio di Barber e, subito dopo, hanno suonato la Pisanella di Ildebrando Pizzotti, musica e compositore che ignoravo totalmente ma ora da due giorni o la playlist Pizzotti: Orchestral Music aperta su Youtube; non sarà magnifica, ma è bella e, appunto, è una nuova scoperta. La musica classica è così complessa, varia e diversificata che ogni nuova scoperta è appunto nuova e ti regala sempre qualcosa di nuovo.
Come detto, lo trovate anche online gratuito ma se lo trovate su eBay compratelo originale. Merita.
Nota Bene: sappiate che il capitolo su Wagner è altamente deludente. Si capisce subito che non gli piace per nulla e che avrebbe preferito saltarlo, le informazioni che dà sono solo note biografica incentrate sul fatto che chiedeva soldi a destra e a sinistra. C'è poco o nulla di informazione sulle sue opere, sulle sue concezioni musicali, sulle innovazioni, sulla profondità immane che caratterizza l'Anello del Nibelungo, sui leitmotiv, sulle basi psicologiche/psicoanalitiche (prima della psicoanalisi) che reggono i leitmotiv. È contraddittorio e paradossale, peraltro: per alcuni criticati compositori dice, a giustificarli, che le critiche sono errate poiché ebbero successo e la giustizia è data dal "verdetto della storia" (parole sue, e ricorrenti); per Rachmaninoff dice "Se la sua musica non avesse avuto qualcosa da dire sarebbe scomparsa da un pezzo"; con questi assunti, cosa dovremmo dire di Wagner? La storia non lo testimonia come uno dei più grandi allora? Del resto è lui stesso che bene o male, parlando del mentre e dopo Wagner, si ritrova di continuo a parlare del e affrontare il wagnerismo, a testimonianza della sua enorme influenza, e come ha potuto averne così tanta senza essere innovativo? Invece si intuisce che non è un appassionato di Rachmaninoff, probabilmente perché non è stato un innovatore o inventore musicale (si badi che io Rachmaninoff lo adoro), purtuttavia ne riconosce il valore a partire dalla sua fama, come testimonia quell'affermazione che ho citato, ma con Wagner che fama abbiamo? Wagner è stato sicuramente una persona difficile, ma l'uomo e la musica non possono essere giudicati assieme: si può apprezzare il Giobbe del Vecchio Testamento anche senza essere ebrei. Come disse Sinopoli: "In Wagner è più importante la sua musica che le sue qualità umane. La relazione con Wagner come persona era sicuramente problematica. Beethoven era un grande uomo anche se non aveva modi raffinati e non era abbastanza curato. Per Beethoven si aveva rispetto; non so se anche Wagner avesse ottenuto tale rispetto".
Peccato, ma il libro è suo e come ho già detto ha un'impostazione molto soggettiva, quindi facciamocene una ragione: Wagner gli sta sul cazzo, ma pazienza.
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