Questo romanzo era per Gide l'altro lato dello specchio de L'Immoralista e in effetti in questo caso abbiamo, in Jerome, il perfetto adepto della morale che, come in Dostoevskij, si risolve nell'essere un perfetto
idiota. Ma se l'Idiota di Fedor era un uomo buono impossibilitato a vivere in un mondo spietato, di iene, l'idiota-Jerome è invece impossibilitato a vivere perché la sua bontà è fittizia, in quanto consiste nell'essere un povero scemo che finge la fede quando in realtà è pura pulsione dei sensi. Fa nervoso il suo essere spietato per voler essere pudico, tanto quanto Michel l'immoralista faceva nervoso per la sua pura e accolta spietatezza.
Da persona ostile alla religione e a Dio quale sono, reputo la fede una cosa che non può non finire col far del male, e non posso non notare che anche in Gide la fede si trasforma spesso in una condanna per "gli altri" e in questo caso è la povera Juliette che cade vittima della cecità idiota di Jerome e Alissa, ma come pure Jerome (che trovo veramente tanto stupido quanto odioso) è vittima dell'egocentrismo fideistico di Alissa. Il romanzo non a caso è narrato in prima persona e ci si accorge subito del triangolo amoroso che schianta la poverina, possibile che nessuno dei due "asceti di dio" se ne sia accorto? E che dire del modo in cui Jerome reagisce alla scoperta dell'amore di Juliette? Zero totale. E di come tratta quel povero diavolo di Abel, come quando gli dice "Tu non sapresti amarla"? Ne vien fuori che l'immoralista era un cattivo che faceva pena e meritava assoluzione, mentre questo prete mancato è un buono sulla carta che merita le fiamme dell'inferno. Ne vien fuori un giudizio di impraticabilità della "vita in Dio", come diceva qualcuno si ama talmente l'Uomo che si finisce col far male agli uomini.
Gide in questi due libriccini ci regala lo spaccato di due tipi psicologici perfetto per raffrontarci alla domanda fondamentale "Esiste il bene?", la cui correlativa sul male vien da sé. No, non esiste, se non definitivo arbitrariamente volta per volta.
Faccio notare che il racconto si chiude tuttavia col mistero del pianto di Juliette che forse è la vera protagonista, e la vera vittima, di questo capolavoro, il cui amore bruciato e consunto il tempo che passa ravviva ogni giorno come vento (sue parole).
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