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STORIA NATURALE DELLA DISTRUZIONE

W.G. Sebald

Questo libro ce l'ho in deposito da moltissimi anni, penso una ventina, e una sua citazione è stata una tra le prime che inserii nel mio sito anche se poi la persi quando da sito web statico lo feci dinamico. Più di una volta mi decisi ad affrontarlo ma spesso abbandonai, la scrittura da subito mi sembrò prolissa, con troppe citazioni e richiami da altri scrittori quasi a livello bibliografico, uno stile che non mi piace molti perché preferisco che un libro comunichi qualcosa, più che mi faccia sapere che qualcuno ha comunicato qualcosa. Si capirà già da queste prime righe che non mi è piaciuto molto, tenendo conto che da anni lo giro su e giù è forse una tra le più grandi delusioni letterarie che ho patito.
Il tono così pomposamente noioso e l'abbondanza di citazioni che si ripetono più volte a pagina, pure in un formato tascabile come questo, mi fanno venire rabbia, letteralmente. Inoltre c'è da dire che Sebald insiste molto sulla mancanza di una ricerca, rappresentazione, spiegazione, delineazione - sinceramente, sappiate che non ho ben chiaro cosa voglia Sebald -, in realtà spesso e volentieri la sua retorica curata al limite del pomposo riconduce ad una critica ai bombardamenti inglesi, e alla Gran Bretagna in genere. Tutto raggiunge il parossismo quando dice che Albione avrebbe potuto semplicemente bombardare le fabbriche di armi, e tira a suo testimone nientemeno che Speer (o era Hoss?): ora, punto 1 i bombardamenti sulle fabbriche ci sono stati, li narra persino il grande Ernst Junger nel suo Irradiazioni (sempre Junger sia lodato) ma, ovviamente, non è che i Nazisti mettevano una grande "X" sopra le fabbriche, spesso e volentieri erano linee di produzione riorganizzate da fabbriche che nulla c'entravano prima; punto 2, citarmi Speer (o era Hoss?) è veramente ingenuo, per non dire "presa per il culo"; punto 3, amico mio, era una guerra e una guerra contro i nazisti! Capisci un po' contro chi?  Punto 4, era veramente la popolazione "civile" tedesca così innocente? A quest'ultima domanda non voglio dare risposta, difficile che ci sia, il confine semantico di "innocenza" è labile, ma è importante che comunque la domanda sia fatta. E' uno scandalo che gli scrittori che lui cita di continuo abbiamo delineato male, a volte troppo blandamente, a volte tanto crudelmente da essere artificiali, a volte troppo romanzando le vicende? Non so, sono romanzi, e pure i giornalisti cadono nella retorica della narrazione, ma di certo questo libro non può essere la risposta poiché veramente, nella sua pomposa crucca retorica, oscilla in un perenne pendolo tra il pomposo e l'infastidente.
La cifra principale che lo caratterizza è l'autocelebratività: persiste a sottolineare l'innovazione delle sue conferenze di Zurigo cui questo libro pare sia una nota a piè di pagina, la loro grandezza, quanto sono state incomprese e per cui ha dovuto scrivere questo libro, ma soprattutto quanto flebili o ridicole fossero le critiche, quanto sia chiaro che lui aveva ragione... I resoconti "veri" mancano: punto. Arriva a dire che le memorie autobiografiche riguardo i bombardamenti (che qualche critico gli fa presente esistano) non hanno valore perché poco... letterarie! Dice che sono caratterizzati da "intrinseca inadeguatezza, ben nota inaffidabilità, singolare mancanza di contenuto, indulgenti al cliché, alla ripetizione".
Mancano resoconti e raffigurazioni letterarie che ti aggradino riguardo i bombardamenti sulla Germania? Sebald: è probabile sia per puro rispetto, è la Germania che onestamente tace rispettosa per ciò che la Germania ha fatto.
E' solo verso la fine che comunque Sebald pare accorgersi che sta reclamando pianti sulle bombe cadute sopra un popolo che di pianti ne ha cagionati in maniera inenarrabile: "La maggioranza dei tedeschi oggi sa - o almeno si spera - che fummo proprio noi a provocare la distruzione delle città nelle quali vivevamo allora". Ok, ma non mi basta, caro Sebald: non avete provocato solo questo; quello è il meno, quello è una goccia soltanto di ciò che avete provocato, e lascia che ti dica che ciò che avete provocato si ripercuote ancora oggi.
A mio avviso sarebbe stato preferibile andare avanti e radere al suolo tutta la Germania (e anche l'Italia), lì dovevano cadere le prime bombe atomiche, e lo dico da filosofo ed amante della musica classica e quindi dipendente da buona parte della cultura tedesca degli ultimi secoli.
Ed ora dati oggettivi per cui non ve lo consiglio: è un libro di poco più di 100 pagine delle quali almeno 10 di note e meramente bibliografiche, più una ventina di brutale sputtano al romanziere Andersch, quest'ultima parte che proprio non ho capito cosa c'entrasse.
Un libro per storiografi o critici letterari, e crucchi; non lo consiglio a nessun altro.

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