mar 03/12/2024 | RSS | Menu

I FIGLI DELLA CADUTA

Adrian Tchaikovsky

Tchaikovsky recupera lo schema del libro precedente, riproponendo l'evoluzione di un animale modificata dal già noto virus e dall'immissione in un ambiente alieno. Prima erano i ragni, ora sono i polipi, ma non è una copia e l'autore riesce ad essere originale, interessante, razionale e intrigante. Il libro è bello e, fosse il suo unico libro, sarebbe un capolavoro, tuttavia non è possibile isolarlo dal suo predecessore non solo per quanto riguarda i temi ma anche per la struttura e qui perde qualcosa.
Ciò che mi manca principalmente è quella sensazione mastodontica e inquietante dell'enormità di tempo che scorre che nel primo libro era quasi angosciante. Qui invece, principalmente per il fatto che molti capitoli passano dal presente al passato alternativamente, viene in parte a mancare. Non ci sono le immense desolazioni temporali presenti nel primo romanzo dopo la fine brusca dei collegamenti dalla Terra, non c'è la secolare solitudine di Avrana Kern solitaria di fronte a un pianeta vuoto, non c'è la immane e angosciante desolazione del pianeta rivestito da muffa per una terraformazione interrotta, non ci sono gli immensi vuoti e silenziosi percorsi della nave durante il sonno criogenico dell'equipaggio nel tentativo di sopravvivere allo scorrere del tempo ormai inutile mentre la nave si sfalda e invecchia inesorabilmente.
Tchaikovsky invece qui si concentra sulle difficoltà di comunicazioni tra specie diverse, aliene o meno: come prima vi era stata la difficoltà di comunicazione tra uomini/voce e ragni/vibrazioni ora le cose si complicano ma in maniera troppo ossessiva tant'è che il romanzo si basa soprattutto su questo aspetto: la difficoltà di comunicazione tra tutte le specie che si incontrano: gli uomini, i ragni, i polipi, il parassita. Si badi: la cosa è fatta incredibilmente bene, ed è piena e pura fantascienza hard, quella branca che si specializza molto sull'approfondimento tecnico che però a me non fa proprio impazzire soprattutto quando l'approfondimento è fatto su qualcosa che è pura finzione.
Per intendersi: se leggete Fattore Tau Zero, ad esempio, c'è approfondimento tecnica ma su qualcosa di reale, ovvero il paradosso della relatività e dell'aumento della massa e dello scorrere del tempo all'aumentare della velocità quando si approssima alla costante c. In questo libro invece c'è approfondimento tecnico sulle modalità tecniche di traduzione del linguaggio uomo-ragno in entrambe le direzioni, o la difficoltà di interpretazione del linguaggio di polipi evoluti, o le procedura di sviluppo alla coscienza di un parassita alieno. E' tutto incredibilmente ben fatto, tecnico, e realistico ma falso. La cosa diventa col tempo troppo specifica ovvero diventa lunga lunga e lunga e noiosa e, soprattutto, inutile perché fine a se stessa. Esercizio di bravura di documentazione e basta, nient'altro.
Allo stesso tempo, però, si perde parte del realismo di molte altre cose: ad esempio, la terraformazione del pianeta di muffa del primo libro lasciava sospettare tempi incredibilmente lunghi di attuazione trasscorsi dai terraformatori nel sonno criogenico. Non si sa quanto lunghi, ma l'evocazione era migliore di un dato certo. Qui invece la terraformazione di Damascus pare avvenga in quattro e quattrotto con due specchi e quattro bombe, tant'è che Senkovi la vede compeltarsi pur non andando quasi mai in criosonno e infatti si dice che visse 188 anni. L'azione del virus sui polpi è spaventosamente veloce: i ragni avevano dalla loro la vita breve e la prole abbondante, l'ambiente, i predatori di altre specie e via dicendo. QUi invece i polpi stando semplicemente in un acquario imparano già con Senkovi ad adoperare un computer e a manovrare le macchine di terraformazione; ok che sono più intelligenti dei ragni ma è un po' troppo, visto che alla fine la loro tecnologia e fin superiore a quella degli Umani (ovvero umani e ragni, anche questa definizione mi è parsa un po' inutile).
Sotto questo aspetto dunque, se il tecnicismo su aspetti non-realistici è spinto all'estremo, il tecnicismo sul realistico è povero. Ok, l'autore sarebbe potuto cadere nel ripetitivo rispetto al libro precedente, ma era proprio un male? Così invece si perdono pezzi e, a guardare bene, si perde anche la continuità col libro precedente. 
Si perde, inoltre, anche qualcosa del libro stesso: perché tirare fuori i cloni degli umani per Nod e poi non li cita più? Perché una tartaruga aveva un ago ipodermico? Perché le tartarughe giravano in cerchio? Cos'erano quegli uccelli? 
Bo, io sono rimasto un po' deluso: troppa roba inutile e troppa superficialità su molti altri temi per 500 pagine. FInale terribilmente sbrigativo. 
Non so quanto consigliarlo. Certo, è interessante perché scritto bene, ma che senso ha?

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Tutti i libri di Adrian Tchaikovsky

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  • I Figli della Caduta (stato: Libro finito )
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