Eroico BIKER senza frontiere.
REVENANT
Michael Punke
- Categoria libro: Narrativa straniera
- Stato lettura: LIBRO CONCLUSO il 14/01/2016
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Magnifico. Perché? Perché è scritto bene.
La storia è quasi reale. "Quasi" perché, trattandosi di un'avventura del 1820 avvenuta in zone degli Stati Uniti al tempo ancora zona inesplorata e di conquista, è più ammantata dalla leggenda che dai fatti storici. Tuttavia su alcuni punti la storia è chiara e ben documentata: Hugh Glass partecipava a una battuta di esplorazione della nascente Rocky Mountain Fur Company, una società neonata di commercio di pellicce. I suoi "trapper" dovevano esplorare nuove zone lungo il Missouri e altri fiume alla ricerca di zone di caccia.
Durante una battuta Glass fu attaccato da un Grizzly e ferito gravemente, quindi lasciato nelle mani di due suoi compagni di avventura, Fitzgerald e Bridge, che invece lo abbandonarono al suo destino rubandogli tutto, dandolo per definitivamente morente, e da lì partì il viaggio di Glass, guarito miracolosamente, alla ricerca della vendetta.
La storia è molto probabilmente veritiera per via anche solo del finale: Glass non potè mai vendicarsi, perché Bridge, non pienamente colpevole, fu perdonato (e di Bridge ci sono notevoli testimonianze storiche poiché ebbe una vita piuttosto di successo) mentre FItzgerald, il vero cattivo, diventato soldato era pressoché intoccabile.
Se la storia fosse finta, sarebbe finita in ben altra maniera.
Punke, esplicitamente nelle note al libro, dice che a partire da questi fatti storici ricrea la storia complessiva inserendovi fatti inventati.
Il pregio del libro è che, se da un lato l'avventura già di suo è intrigante, e lo scrittore la ricrea in maniera realmente avvincente, dall'altro Punke sfrutta l'occasione per ricreare uno spaccato di quella vita selvaggia in terre selvagge. Così assistiamo a scene di vita dei trapper e del loro lottare per sopravvivere, della loro familiarità con la morte che si mostra in molti modi diversi, con gli indiani, e ne restiamo affascinati senza ombra di dubbio.
Le mandrie di bufali, i branchi di lupi, le trappole per castori e puzzole, indiani ribelli e indiani amichevoli, fortini abbandonati nel mezzo dei monti, monti immensi e innevati, neve, fiumi gelati e in piena... Il libro è bello, affascinante, avvincente, raccontato in maniera un po' da film ma comunque resta un gran libro che potrebbe diventare un classico della letteratura americana.
La storia è quasi reale. "Quasi" perché, trattandosi di un'avventura del 1820 avvenuta in zone degli Stati Uniti al tempo ancora zona inesplorata e di conquista, è più ammantata dalla leggenda che dai fatti storici. Tuttavia su alcuni punti la storia è chiara e ben documentata: Hugh Glass partecipava a una battuta di esplorazione della nascente Rocky Mountain Fur Company, una società neonata di commercio di pellicce. I suoi "trapper" dovevano esplorare nuove zone lungo il Missouri e altri fiume alla ricerca di zone di caccia.
Durante una battuta Glass fu attaccato da un Grizzly e ferito gravemente, quindi lasciato nelle mani di due suoi compagni di avventura, Fitzgerald e Bridge, che invece lo abbandonarono al suo destino rubandogli tutto, dandolo per definitivamente morente, e da lì partì il viaggio di Glass, guarito miracolosamente, alla ricerca della vendetta.
La storia è molto probabilmente veritiera per via anche solo del finale: Glass non potè mai vendicarsi, perché Bridge, non pienamente colpevole, fu perdonato (e di Bridge ci sono notevoli testimonianze storiche poiché ebbe una vita piuttosto di successo) mentre FItzgerald, il vero cattivo, diventato soldato era pressoché intoccabile.
Se la storia fosse finta, sarebbe finita in ben altra maniera.
Punke, esplicitamente nelle note al libro, dice che a partire da questi fatti storici ricrea la storia complessiva inserendovi fatti inventati.
Il pregio del libro è che, se da un lato l'avventura già di suo è intrigante, e lo scrittore la ricrea in maniera realmente avvincente, dall'altro Punke sfrutta l'occasione per ricreare uno spaccato di quella vita selvaggia in terre selvagge. Così assistiamo a scene di vita dei trapper e del loro lottare per sopravvivere, della loro familiarità con la morte che si mostra in molti modi diversi, con gli indiani, e ne restiamo affascinati senza ombra di dubbio.
Le mandrie di bufali, i branchi di lupi, le trappole per castori e puzzole, indiani ribelli e indiani amichevoli, fortini abbandonati nel mezzo dei monti, monti immensi e innevati, neve, fiumi gelati e in piena... Il libro è bello, affascinante, avvincente, raccontato in maniera un po' da film ma comunque resta un gran libro che potrebbe diventare un classico della letteratura americana.
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