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ESTENSIONE DEL DOMINIO DELLA LOTTA

Michel Houellebecq

Avevo da qualche anno sentito parlare di questo libro, e recentemente Houellebecq è venuto ancor più alla ribalta per il suo ultimo romanzo Sottomissione e i tragici attentati terroristici di Parigi. Era dunque giunto il momento di leggere questo libro e, nell'apprestarmi a farlo, mi sentivo come se stesso per imbattermi in un libro che mi avrebbe preso, rapito, scosso. E invece... nulla di tutto ciò. La narrazione, in prima persona, è secca e cruda, perché il narratore sta esplicitamente scrivendo il suo romanzo, che è quello che leggiamo.
L'abbattimento nei confronti della società (che, se non riesci ad entrare nella norma, diventa tua antagonista appunto in una lotta che si estende tanto più ti ritrovi a doverla, tuo malgrado, affrontarla) e il senso di vuoto dei valori socialmente diffusi e delle consuetudini di una vita normale sono, nella migliore tradizione esistenzialista francese, debitori di Sartre e Camus. Ma in Sartre e Camus ci sono sia delle fortissime fondamenta filosofiche, sia un gusto della scrittura che ai giorni d'oggi sono andati ormai perduti. Il risultato è una scrittura piatta, un disagio che viene semplicemente accettato, né patito, né scelto, né sondato.
Non c'è l'eroismo del decadente che si butta nel fondo del nichilismo, né l'esistenzialista che si consuma tentando di comprendere dove vi sia il punto di rottura tra la società e il suo destino. Non c'è il soggetto abbandonato all'attimo e che vi annaspa scendendo nei meandri della propria vita, né il santo mistico che spolpa il proprio spirito per attestarne la realtà. C'è solo una piatta descrizione, una vita piatta che avanza in un mondo piatto, attraverso una piatta depressione, lungo una piatta cura, che però si conclude in una fine piatta e quasi inutile. Peraltro anche un po' caotica.
A livello stilistico, c'è comunque una netta sproporzione tra la mente che scrive e il soggetto, che dovrebbe essere lo stesso; in tale follia, come può esserci un così preciso ricordo? Certo, è una critica assurda per un libro, ma un libro deve sempre riportare un perché di una anomalia: i personaggi de La Montagna Incantata di Thomas Mann sono quasi irreali, ma c'è un senso, un perché. E' una storia metaforica, anzi, mitica.
Nell'Estensione del Dominio della Lotta invece la dimensione metaforica, mitica, eroica, teleologica, etica, tutto ciò è assente, ma quasi senza un motivo palese.
Houellebecq, sia chiaro, non lo fa per inesperienza o semplicismo: sono sicuro che sia una precisa scelta. La scelta di riflettere il vuoto ideologico contemporaneo nella stessa scrittura. Ed è per questo motivo che il libro non mi piace: non perché sia scritto male, ma perché lo riconosco come vero. E' fin troppo vero.
Non condivido che, se la società oggi è così ormai degradata, lo debba essere anche la letteratura. Anzi, a mio parere è ancora più importante che oggi non lo sia.
La letteratura oggi deve essere ancora più in prima linea, a costo di vendere di meno, a costo di diventare elitaria.

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