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CITY - ANNI SENZA FINE

Clifford D. Simak

Il romanzo si sviluppa in racconti, tali racconti ogni volta narrano una diversa epoca dell'umanità tenendo come bussola orientativa un membro della famiglia Webster. Questi racconti però non sono semplici capitoli, poiché il libro inizia con un capitolo guida ambientato in una Terra "attuale" popolata da una razza di cani intelligenti diventati appunto la forma d'intelligenza primaria nel pianeta, tra i quali esistono delle leggende a proposito della razza degli "umani" che vivevano nelle "città". I Cani non sanno se gli umani sono mai esistiti né riescono bene a capire cosa sono le città, e molti li reputano dei miti creati nella preistoria della civiltà canina, i racconti della stirpe dei Webster sono appunto dei racconti tramandati dai Cani. Secondo me questo è il punto debole di questo magnifica e tristissimo romanzo: la superba storia della decadenza umana stava in piedi da sola, poiché nella sua fantascientificità è comunque realistica, perché immettere questo elemento dei cani intelligenti? Non potevano, i capitoli, essere presentati semplicemente così, nudi e crudi, senza dover immettere un deus ex machina (soluzione che odio nei romanzi) per giustificarne l'esistenza? Tra l'altro io subito mi sono chiesto perché scegliere i cani: se l'umanità scompare, sono proprio i cani adatti a prendere il nostro posto? Non le scimmie, che hanno mani prensili? Questo tema delle mani mi ha toccato e mi sono chiesto come Simak avrebbe risolto il problema, e la soluzione che ideato è a mio avviso una cagata colossale: i cani hanno dei robot, che nessuno sa chi ha costruito (la risposta è ovviamente che sono ereditati dall'umanità ormai scomparsa), i quali robot sopperiscono alla mancanza di arti prensili dei cani! Assurdo! I cani dunque ancora non hanno mani, ma fanno fuochi, hanno una società, un linguaggio avanzato quanto se non più del nostro, fanno studi storici a antropologici (canilogici?) ma ancora non possono impugnare una selce! Possibile? No, e il trucco lo scopriamo preso: i cani intelligenti sono frutto di un esperimento umano, grazie a uno dei Webster. Non uno, dunque, neanche due bensì tre trucchi ideati da Simak per giustificare i cani narranti che servono solo come un sostrato ai "racconti" sui Webster! Troppo artificioso. Secondo me questo è il punto debole del romanzo, e non è neanche cosa da poco dato che i capitoli sui Webster sono intervallati da riflessioni dei cani su questi racconti e questi umani, dunque i cani sono ben presenti nel romanzo. In effetti il romanzo è in secondo luogo la storia dell'umanità e dei Webster, in primo luogo è una riflessione dei Cani sull'esistenza o meno, in un lontano passato, degli umani; questa cosa secondo me è superflua. Ci si poteva limitare a riportare le storie dei Webster e sarebbe stato più che sufficiente dato che sono l'elemento chiave della narrazione. Se proprio si voleva mettere un narratore, si potevano tirare in ballo le scimmie, o lasciare semplicemente i robot a imperversare per il pianeta per millenni privi di scopo perché senza più gli umani a darne uno; sarebbe stata una soluzione più veritiera e senza bisogno di introdurre elementi a caso a giustificare i cani che alla fin fine sono inutili alla logica del romanzo vera ossia raccontare la fine dell'umanità sulla Terra.
Io non avrei inserito invece nessun narratore, perché tolte quelle parti, i capitoli dei Webster sono magnifici, immensi, l'angoscia e la decadenza avanzano e aumentano piano piano a tratteggiare un'umanità che ha vissuto troppo a lungo ed ha raggiunto troppi traguardi, ricordando e quasi fosse un prequel al maestoso Solo il Mimo canta al limitare del bosco.
Un altro trucco, un altro espediente usato da Simak per violentare la storia e piegarla ai suoi fini è l'introduzione dei mutanti, un'aggiunta ulteriore per indirizzare la vicenda in un modo artificioso quasi il romanzo sia stato pensato in un percorso a ritroso partendo dal finale. Perché semplicemente non fare proseguire i Webster e l'umanità semplicemente fino alla fine dell'uomo? Perché nessuno mai ha rispetto ed umiltà per affrontare la fine della Storia?
E poi le formiche, e i Rimbalzanti, e le ombre, e Jenkins quasi telepatico, no troppa artificiosità, troppi elementi aggiunti, troppi trucchi. Senza questa premesse, io l'avrei tranquillamente messo in cima alla mia lista personale dei più bei libri di fantascienza, e fa specie pensare a questa debolezza quando invece il resto del romanzo è a dir poco perfetto nell'evocare l'immenso senso di solitudine proprio dell'individuo. L'atmosfera, il tema e la scrittura sono trattati con incredibile maestria ma completamente sbilanciate rispetto ai singoli contenuti che sono troppo artificiali nel loro voler dare una linea alla storia che invece avrebbe dovuto essere maggiormente rispettata nella sua evoluzione; nelle pagine di un romanzo, i protagonisti e le vicende sono reali a vanno seguiti, sviluppati, non creati.
Bellissima idea e bellissimo stile narrativo ma sviluppo non all'altezza, un'occasione mancata.
Riuscirò mai a trovare un romanzo in cui all'ultima pagina l'ultimo uomo, l'Uomo, muore in solitudine e, semplicemente, la Storia giunge alla sua conclusione?

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