Eroico BIKER senza frontiere.
SONATA A KREUTZER
Lev Tolstoj
- Categoria libro: Narrativa straniera
- Stato lettura: LIBRO CONCLUSO il 21/11/2022
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Non ho mai letto Tolstoj ed è ora di affrontarlo ma non sono pronto per le oltre mille pagine di Guerra e Pace o Anna Karenina quindi mi rivolgo a questo romanzo forte dell'amore che provo per Beethoven e la Sonata omonima di fronte alla quale Tolstoj disse che restò molto colpito e che già ci fa capire l'incredibile sensibilità musicale che aveva. Anch'io restai colpito da questa sonata, a suo tempo non ero un'amante delle sonate per due strumenti o i quartetti, ma la Kreutzer mi impressionò per la incredibile potenza brutale del primo movimento che riesce a creare il sentimento di tragedia che solitamente solo le composizioni orchestrali riescono a dare.Leggendo l'introduzione di questo libro acquistato per Kindle edizione Feltrinelli (ma leggendone superficialmente qualche paragrafo, odio le introduzioni e questa è lunghissima), scopro l'esistenza di "due" Tolstoj: un primo che celebra la vita e la fratellanza ed è quello dei due romanzi di cui sopra; un secondo asceta nichilista ed è quello della Kreutzer. Direi che, dato ciò, questo secondo Tolstoj è più prossimo ai miei gusti e al mio spirito.
Comincio la lettura con un sentimento ottimista anche perché l'incipit ci getta in faccia la trama immediata e brutale; come ha detto giustamente la moglie Sonja, questo libro è scritto con veramente tanta cattiveria tant'è che ha le atmosfere di un romanzo gotico paranormale.
Sfortunatamente, tutto si conclude in poche pagine ovvero quando Pozdnysev l'assassino comincia a narrare la sua storia all'innominata voce narrante, un personaggio che non serve a nulla se non ad ascoltare o meglio a permettere a Pozdnysev di raccontare la sua storia che in realtà e l'esposizione di una filosofia di vita e che trasforma quello che doveva essere un romanzo in un pamphlet che è il peggior modo di trattare una vicenda.
È un libro superato: può essere apprezzato se uno studio storico-sociologico lo colloca nel suo periodo culturale, dove era innovativo e violento e rivoluzionario e scandaloso, ma senza questo studio è difficile apprezzarlo perché più che di un romanzo si tratta, alla fine, di un saggio etico filosofico.
È un libro falso perché le tesi difese sono assurde e inattuabili e proprie di un asceta, persone che io considero assurde e inattuabili se non grazie al resto del mondo da cui loro vorrebbero discostarsi e criticare, quindi l'asceta è a mio avviso sempre una contraddizione bipede; d'altro canto è un libro farlo poiché le sue millantate tesi esclusivamente teoriche sono smontate con immediata sintesi dalla moglie Sonja quando a un'amica scrisse "Predica la castità, ma in realtà..." .
Dostoevskij pure scriveva romanzi ben identificati (e fondati) nel loro periodo storico ma i suoi personaggi avevano uno spessore psicologico immenso e Stavrogin (o Raskolnikov, o Ivan Karamazov, o Myskin, ma pure un qualsiasi Kirillov) potremmo ritrovarlo ancora oggi camminare per le nostre stesse strade. In questo libro di Tolstoj invece i personaggi sono assenti e sono solo delle voci che servono a trasmettere pensieri e idee, magari un Pozdnysev potremmo anche trovarlo ma in un social a fare l'influencer o a blaterare in qualche "salotto" televisivo.
A livello letterario troviamo una struttura relativamente semplice, del resto è difficile essere profondi nel dar voce semplicemente a un monologo che parla di cos'è la vita e la società e come dovrebbe essere. Solo l'atto dell'assassinio e le poche pagine che lo precedono con il crollo mentale di Pozdnysev si salvano, ma sono troppo brevi, semplici, brutali ma striminzite quasi che Tolstoj non volesse deviare l'attenzione del lettore dalle sua tesi sociologiche. La vicenda in sé è tutta qua, lui la ammazza e chiusa baracca. Saltatelo a piè pari a meno che non siate fanatici di Tolstoj, è un racconto di poche pagine e noioso che nonostante la brevità ho fatto una fatica impressionante a finire perché noioso all'inverosimile.
Il libro è condito da una introduzione lunga di non ricordo chi, e da una postfazione di Tolstoj (cominciata, ma subito l'ho abbandonata) stesso in cui espone i messaggi che vuole lanciare la novella (che infatti si chiude in neanche 90 pagine) ma che del resto sono gli stessi messaggi che ci ha esposto Pozdnysev per un sacco di noiose pagine, e Tolstoj lo rifa per altre troppe noiose pagine.
Forse sarò io che ho cambiato mentalità, ma di libri pesanti e cosiddetti dotti ne ho letti nella mia vita, leggo da sempre, ho una cultura nel complesso buona, ho una laurea in filosofia teoretica del linguaggio quindi di "lettura dotta" me ne intendo, ma questo "romanzo" a mio avviso può interessare solo dal punto di vista storico-critico, non letterario.
Mi sa che è ho fatto una cagata perché ora ho ancora meno voglia di affrontare i due colossi suoi detti capolavori. Ho centinaia o migliaia di altri libri in coda di lettura e mi sa che si sono giocati la posizione nella lista d'attesa.
Comincio la lettura con un sentimento ottimista anche perché l'incipit ci getta in faccia la trama immediata e brutale; come ha detto giustamente la moglie Sonja, questo libro è scritto con veramente tanta cattiveria tant'è che ha le atmosfere di un romanzo gotico paranormale.
Sfortunatamente, tutto si conclude in poche pagine ovvero quando Pozdnysev l'assassino comincia a narrare la sua storia all'innominata voce narrante, un personaggio che non serve a nulla se non ad ascoltare o meglio a permettere a Pozdnysev di raccontare la sua storia che in realtà e l'esposizione di una filosofia di vita e che trasforma quello che doveva essere un romanzo in un pamphlet che è il peggior modo di trattare una vicenda.
È un libro superato: può essere apprezzato se uno studio storico-sociologico lo colloca nel suo periodo culturale, dove era innovativo e violento e rivoluzionario e scandaloso, ma senza questo studio è difficile apprezzarlo perché più che di un romanzo si tratta, alla fine, di un saggio etico filosofico.
È un libro falso perché le tesi difese sono assurde e inattuabili e proprie di un asceta, persone che io considero assurde e inattuabili se non grazie al resto del mondo da cui loro vorrebbero discostarsi e criticare, quindi l'asceta è a mio avviso sempre una contraddizione bipede; d'altro canto è un libro farlo poiché le sue millantate tesi esclusivamente teoriche sono smontate con immediata sintesi dalla moglie Sonja quando a un'amica scrisse "Predica la castità, ma in realtà..." .
Dostoevskij pure scriveva romanzi ben identificati (e fondati) nel loro periodo storico ma i suoi personaggi avevano uno spessore psicologico immenso e Stavrogin (o Raskolnikov, o Ivan Karamazov, o Myskin, ma pure un qualsiasi Kirillov) potremmo ritrovarlo ancora oggi camminare per le nostre stesse strade. In questo libro di Tolstoj invece i personaggi sono assenti e sono solo delle voci che servono a trasmettere pensieri e idee, magari un Pozdnysev potremmo anche trovarlo ma in un social a fare l'influencer o a blaterare in qualche "salotto" televisivo.
A livello letterario troviamo una struttura relativamente semplice, del resto è difficile essere profondi nel dar voce semplicemente a un monologo che parla di cos'è la vita e la società e come dovrebbe essere. Solo l'atto dell'assassinio e le poche pagine che lo precedono con il crollo mentale di Pozdnysev si salvano, ma sono troppo brevi, semplici, brutali ma striminzite quasi che Tolstoj non volesse deviare l'attenzione del lettore dalle sua tesi sociologiche. La vicenda in sé è tutta qua, lui la ammazza e chiusa baracca. Saltatelo a piè pari a meno che non siate fanatici di Tolstoj, è un racconto di poche pagine e noioso che nonostante la brevità ho fatto una fatica impressionante a finire perché noioso all'inverosimile.
Il libro è condito da una introduzione lunga di non ricordo chi, e da una postfazione di Tolstoj (cominciata, ma subito l'ho abbandonata) stesso in cui espone i messaggi che vuole lanciare la novella (che infatti si chiude in neanche 90 pagine) ma che del resto sono gli stessi messaggi che ci ha esposto Pozdnysev per un sacco di noiose pagine, e Tolstoj lo rifa per altre troppe noiose pagine.
Forse sarò io che ho cambiato mentalità, ma di libri pesanti e cosiddetti dotti ne ho letti nella mia vita, leggo da sempre, ho una cultura nel complesso buona, ho una laurea in filosofia teoretica del linguaggio quindi di "lettura dotta" me ne intendo, ma questo "romanzo" a mio avviso può interessare solo dal punto di vista storico-critico, non letterario.
Mi sa che è ho fatto una cagata perché ora ho ancora meno voglia di affrontare i due colossi suoi detti capolavori. Ho centinaia o migliaia di altri libri in coda di lettura e mi sa che si sono giocati la posizione nella lista d'attesa.
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