Madonna che mazzata. Bello, bello, bella la storia e scritto egregiamente, e la mia è anche una buona traduzione a parte l'italianizzazione dei nomi che è una cosa a mio avviso insopportabile. Però che mazzata: è lento, pesante, linguaggio forbito e narrazione condita. Sia chiaro che questa non è una critica, anzi: queste caratteristiche sono un pregio del libro, non un difetto. E' un libro dell'Ottocento peraltro francese e da tanto ormai non affrontavo questo genere di scrittura, ma che meraviglia tornarvi. Si fa fatica a tratti ad avanzare, ma tutto è pensato e studiato con maestria. Ad esempio le prime 30 pagine sono svolazzi letterari quasi retorici il cui scopo è non solo con la narrazione ma anche con la scrittura stessa il raffigurarci una Giovanna allegra giovane spensierata e allo stesso tempo infantile e sognatrice, così pura da essere quasi un po' scema, ma lo scopo è portare allo stacco crudo e pesante della prima notte di nozze con la sua violenta novità ma sempre rappresentata col leitmotiv della parafrasi forbita. Geniale. Il ritorno a casa dopo il viaggio di nozze è forse la descrizione più perfetta che abbia mai trovato di una natura che rappresenta in realtà lo stato d'animo di Giovanna, una rappresentazione in letteratura della fenomelogia filosofia, dove la realtà non è altro che la percezione quand'è rappresentazione e interpretazione. Lo ritroviamo nel finale, coi cielo un po' meno azzurri, i fiori più opachi, l'erba un po' più spenta, gli alberi un po' più spogli. Una poesia in prosa.