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CHIEDI ALLA POLVERE

John Fante

John Fante è un enigma. A leggere il libro, pare si tratti di una biografia ma forse è meglio dire una mitobiografia. Quanto è realmente così? Il Bandini di Fante, quanto è in realtà Fante? Diciamocelo: Bandini fa nervoso. E' egocentrico, egoista, superbo, spietato nella sua egoica eccentricità, un narcisista di primordine. A tratti mi è veramente risultato odioso, lui e il suo fare tant'è che ogni tanto mi veniva voglia di scaraventare il libro contro il muro. Non si preoccupa di pagare l'affitto alla vecchia ma impreca contro il suo vicino che è un impostore perché non gli restituisce 15 cents. Si celebra come vero americano e insulta la povera Camilla più e più volte, quando lui è forse più italiano di quanto lei è messicana tant'è che sogna la pasta al pomodoro. Chiede soldi a sua madre in carrozzella e povera, ma quando ne incassa un bel po' da un racconto li sperpera in vestiti che non indossa, cibo che non mangia, puttane che non scopa. Parla del desiderio di diventare un letterato solo come mezzo per ottenere fama, celebrità, e soldi. Oltre a ciò, la scrittura di John Fante così piatta e diretta, a volte quasi onirica nel suo perdersi in pensieri e sogno in prima persona, riflette la stessa psicologia di Bandini con fare così magistrale che l'odio ti sale ancora più forte andando a comprendere non più solo Bandini, ma Fante stesso. Un libro che ho divorato e che mi ha lasciato veramente tanti amari punti di domanda. Il prologo alla fine ne costituisce un epilogo che ci racconta quanto dalla biografia sia affluito nella finzione narrativa ma mostrandoci un Bandini innamorato e non corrisposto, buono e generoso con le persone, amante della letteratura e desideroso di contribuire alla cultura letteraria americana, con in mente sempre e comunque il pensiero di sua madre; insomma, ci presenta un Bandini completamente diverso. 
Fin dall'inizio del libro ho avuto in mente il terribile Fame di Knut Hamsun e alla fine, nel prologo/epilogo Fante mi dà ragione. Ammetto che tra i due, Fame è decisamente su un altro livello: sia per quanto riguarda la storia, sia la profondità dell'analisi psicologica, sia per lo stile, sia per la sincerità. Del resto parliamo di mondi diversi: questi sono gli Stati Uniti dove gli immigrati sognavano, e alcuni ottenevano, la fama e la gloria e la sicurezza economica, che andavano a sostituire la sicurezza la cui mancanza era ciò che li aveva portati ad abbandonare la terra natìa. Da tutto ciò a mio avviso si evince che Bandini rappresenta in primo luogo l'epopea di un apolide nella sua strenua corsa ad essere accettato nel nuovo paese, da cui appunto le derive religiose presenti nel romanzo (il cattolicesimo, così italiano) e l'amore per una messicana (espressione della parte più bassa della società).
Per concludere: un bel libro, ma non del tutto il mio genere.

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