gio 21/11/2024 | RSS | Menu

GIUDA

Amos Oz

Un libro scritto bene ma caotico. La storia è semplice: un ragazzo buono ma neanche tanto, intelligente ma forse no, pieno di idee ma inconcludente, modesto ma mica tanto, un bel giorno viene lasciato dalla sua morosa - per un motivo che stranamente non riesce proprio a capire - e decide di abbandonare l'università nel momento stesso in cui stava concludendo la sua importantissima tesi - ma il suo professore di riferimento non insiste neanche più di tanto nel tentare di fargli cambiare idea -, nel momento in cui i suoi genitori si ritrovano in crisi finanziaria e decidono di tagliarli le spese - mentre continuano a finanziare la sorella che studia in Italia, e fa due lavori per mantenersi. Capite già che il ragazzo sarà una figura letteraria piuttosto ambigua e fastidiosa, come detto prima sostanzialmente inconcludente in ciascuna riga del libro. Trova un lavoro che lavoro non è: viene ospitato in una casa dove in cambio di vitto ed alloggio deve semplicemente perdersi cura di un vecchio, e soprattutto parlarci, per alcune ore al giorno; il primo giorno che ci entra si innamora delle ex-nuova del vecchio, che vive con lui, nonostante la differenza di età sia di oltre 20 anni.
Detta così la storia è banale: in realtà in questa trama si mischiano riflessioni etiche sul singolo individuo in merito proprio alla figura di Shemuel e degli altri protagonisti (in totale tre) ché infatti tutti avrebbero dovuto imparare qualcosa dalla vita, ma nessuno bene o male lo ha fatto. I tre protagonisti sono tre generazioni: Ward che è vecchio e malato e ha visto la fondazione dello Stato di Israele; Atalia questa fondazione l'ha patita e si ritrova a mezza età nello Stato che la ha tolto il marito e ridato il padre sebbene traditore; Shemuel che di questo Stato ha solo l'attuale realtà ovvero la ambiguità di un'esistenza che oscilla fra la cittadinanza e la religione, e in questa oscillazione Shemuel è spaesato - pare, non è così ovvio - tra la sua origine russa, la sua identità ebraica ma atea, il suo interesse per il Grande Nemico ovvero Gesù Cristo che vuole sdoganare per in realtà sdoganare il Grande Dimenticato ovvero Giuda Iscariota, quasi un vero ebreo, come pure è spaesato in questo nuovo Stato del quale non ha vissuto la costruzione e quindi del quale non ha una storia che gli giustifichi un'identità israelitica. Come Giuda è un ebreo che si sta muovendo contro gli ebrei per sdoganare Gesù, come Gesù è un ebreo che si ritrova incompreso ed escluso dalla società ebraica, e si ritrova in una casa in cui non verrà mai accolto pienamente e in cui la sua permanenza avrà sempre un terribile carattere di temporaneità.
Questa complessa struttura completamente taciuta è la trama che regge un libro che quindi si muove su talmente tanti falsi piani di vetro trasparente che se ne perde un po' la storia. Il suo limite principale tuttavia non è solo questo: è un libro che richiede un po' di conoscenza di ebraismo, e del come accadde che si fondò Israele, ma una conoscenza priva di pregiudizi e del mito del "Buon Palestinese" che abbiamo qui in Italia, e in Europa in generale. Ricordo che Amos Oz fu una delle voce più forti e determinate per spingere a una soluzione della questione mediorientale con la teoria dei due stati. Qui abbiamo forse un abbozzo della sua idea politica e della sua interpretazione della nascita di Israele, nascosto però sotto una trama che nulla ha a che fare, ovvero vicende personali. 
A me il libro è piaciuto e molti di questi temi li ho trovati intriganti, ma capisco bene che possa non piacere o annoiare e risultare quasi frammentato fino all'assurdo e il limite è sicuramente dello scrittore che a mio avviso non ha saputo scrivere un libro anche per chi non vive in Israele. Manca, insomma, un occhio ai lettori meno "ebrei". Nonché manca un finale.

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