Eroico BIKER senza frontiere.
VERDI COLLINE D'AFRICA
Ernest Hemingway
- Categoria libro: Narrativa straniera
- Stato lettura: LIBRO CONCLUSO il 26/12/2018
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Il solito Hemingway, qui anche in parte autocritico. Il libro si sviluppa come una specie di diario in capitoli di un safari fatto da lui con la moglie negli anni 30 ed è molto descrittivo di ambienti ed azioni, è molto diretto e sintetico per tutta la prima parte ma questa volta devo dire che Hemingway ci ha giocato proprio un bel tiro. Il magnifico Vero all'Alba uscì postumo e narra un safari di due decenni dopo e vi è un Hemingway già invecchiato. C'è qui un Hemingway giovane, più forte, che non si lamenta più di tanto se non quando non uccide ciò che vuole uccidere. Vi dico che Hemingway ci ha giocato un bel tiro perchè il libro è diviso in due, e la prima parte è pure noiosetta: molti dialoghi, a volte anche stupidi. I critici che bocciarono il libro per via delle critiche a scrittori ed editori contenute nella prima parte del libro, in realtà non hanno capito un cazzo di Hemingway: se leggete il libro scoprirete che il vero senso del libro è la seconda parte, quando va a caccia da solo in una zona nuova dell'Africa. La prima parte esiste tanto per farci capire che in gruppo, in compagnia, ci si diverte e si può parlare di cose anche belle, importanti e dotte: ma in gruppo non si combina un cazzo, e la vera vita non è quella lì, la vera vita è quella dell'Africa dove si dorme per terra, si suda, si cammina, si uccide e si mangia cucinato sui carboni ardenti. E' in quel momento, quando Hemingway lascia il resto del gruppo per tentare la caccia grossa e se ne va coi suoi negri in una zona inesplorata, dove il facocero non ha ancora paura del fucile e la gente corre ridendo inseguendo la sua jeep, dove un Kudù ferito a morte vi fa camminare per ore e alla fine riesce anche a fuggire, dove il sole vi schianta ma i colli sono verde e gli alberi grandi, e la gente è a tratti simpatica a tratti stupida ma sempre così legata ala terra che all'inizio vi fa invidia, ma poi vi contagia. E' lì che emerge il vero Hemingway, e tutto il discorso finale sull'Africa e l'America è lì a sottolineare questo fatto, come a dire: se vi piace la prima parte del libro, arate i campi con il trattore. Quest'uomo è stato un grand'uomo ma veramente difficile da capire ed inquadrare. Avevo letto due recensioni a questo libro su internet, più la prefazione di Fernanda Pivano, e quando l'ho finito mi sono chiesto "Ma che cazzo di libro avevano letto quelli lì?". Tutti quanti parlavano della "famosa" discussione letteraria con l'austriaco, be sappiate che a parte il fatto che occupa poche pagine, è stupida e inutile e pare proprio messa lì come una trappola, come se Hemingway ghignando l'avesse inserita proprio per dire "Chissà quanti coglioni si soffermeranno su queste righe", e infatti così è stato.
Verso la fine scrive "Quel che si prova uccidendo non si può condividere con nessuno": qui c'è il segreto di questo libro.
Verso la fine scrive "Quel che si prova uccidendo non si può condividere con nessuno": qui c'è il segreto di questo libro.
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