Eroico BIKER senza frontiere.
SETTE LUOGHI
Youssef Ziedan
- Categoria libro: Narrativa straniera
- Stato lettura: LIBRO CONCLUSO il 02/12/2015
- Voto:
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Veramente difficile decidere sul da farsi con questo libro. A volte avevo voglia di buttarlo via, altre volte continuavo a leggere pagina dopo pagina senza potermi stancare, fino a ieri non vedevo l'ora di arrivare alla fine per chiuderne il rapporto, ora che mi mancano una decina di pagine mi sento già spaesato di solitudine (nota successiva: peccato che quelle ultime pagine siano state un orrore assoluto). La narrazione è tipica degli scrittori arabi: un po' poetica, un po' onirica, simbolica. Il problema con questo libro è dato, forse, dal suo autore. Ho letto un po' della sua biografia, e mi ha colpito che i suoi interessi si concentrino sulla filosofia islamica, mussulmana, e che in lui vi sia un continuo tentativo di dimostrarne la indipendenza rispetto alla filosofia classica ellenica. Tentativo, mi dispiace dirtelo caro Youssef, che sei destinato a perdere, perché niente può esimersi dalla filosofia ellenica, e la tua cultura deve molto si all'ebraismo cui attinge a mani aperte, ma anche alla filosofia ellenica.
In questo suo sforzo, però, Ziedan piega un po' troppo verso l'estremizzazione degli aspetti positivi della cultura mussulmana, sicché ci si ritrova un po' troppo immersi in righe di elogio dell'Islam, in continue citazioni del Corano, in continue riflessioni sulla preghiera e gli insegnamenti delle leggi mussulmane... Fino ad arrivare, aimé, a un tentativo di comprensione - ma che sa troppo di giustificazione - di alcuni eventi della nostra storia recente attraverso i quali si muove il povero ragazzo protagonista del libro: i talebani, l'attacco al tempio di Hatshepsut, Bin Laden e Al Qaida, gli attacchi americani.
Così, mentre ad esempio di molti eventi vengono tratteggiati i particolari e soprattutto riflessioni sui singoli individui, degli attentati alle torri gemelle si sorvola invece in poche parole che coprono a malapena una riga. Degli attentati al tempio della grande Faraona si riportano troppi pettegolezzi che viene difficile pensare che non siano lì solo a fini letterari, quando non politici. Di Osama si tratteggia perlopiù il suo essere un uomo di carità mentre si sorvola un po' troppo sull'Osama dopo il loro incontro, quasi che Osama sia diventato ciò che conosciamo non per sua scelta, ma per causa d'altri, o degli eventi stessi. Che Osama, insomma, non fosse in realtà Osama. È una tesi che avrebbe dovuto soppesare di più, a mio parere, perché sarebbe molto meglio avere l'educazione di tacere un'assurdità come questa; moralmente, è da bocciare.
Peccato, perché il libro, seppur un po' troppo centrato sull'essere un "romanzo di formazione", e tolte le parti religiose troppo preponderanti, è nel complesso una bella opera.
Sfortunatamente nel finale crolla in maniera tragicomica quasi, con la scenetta sugli americani cattivoni e i prigionieri di guerra poveri mussulmani innocenti e anche un po' tardoni. Qui si è giocato la discesa da 4 a 3 stelle perché la caduta di stile è veramente pazzesca.
Anche in questo caso i mussulmani dimostrano come abbiano tante qualità, ma di certo gli manchi il buonsenso. Cosa che però non voglio imputare al giudizio sul romanzo che rimane un ottimo esempio di letteratura a livello di contenuti e di struttura, come ad esempio non ho fatto nel caso di Lezioni Proibite di Suraya Sadeed in cui le riflessioni sull'autrice sono applicabili al romanzo, in quanto è una autobiografia. Ed era pure bruttina.
In questo suo sforzo, però, Ziedan piega un po' troppo verso l'estremizzazione degli aspetti positivi della cultura mussulmana, sicché ci si ritrova un po' troppo immersi in righe di elogio dell'Islam, in continue citazioni del Corano, in continue riflessioni sulla preghiera e gli insegnamenti delle leggi mussulmane... Fino ad arrivare, aimé, a un tentativo di comprensione - ma che sa troppo di giustificazione - di alcuni eventi della nostra storia recente attraverso i quali si muove il povero ragazzo protagonista del libro: i talebani, l'attacco al tempio di Hatshepsut, Bin Laden e Al Qaida, gli attacchi americani.
Così, mentre ad esempio di molti eventi vengono tratteggiati i particolari e soprattutto riflessioni sui singoli individui, degli attentati alle torri gemelle si sorvola invece in poche parole che coprono a malapena una riga. Degli attentati al tempio della grande Faraona si riportano troppi pettegolezzi che viene difficile pensare che non siano lì solo a fini letterari, quando non politici. Di Osama si tratteggia perlopiù il suo essere un uomo di carità mentre si sorvola un po' troppo sull'Osama dopo il loro incontro, quasi che Osama sia diventato ciò che conosciamo non per sua scelta, ma per causa d'altri, o degli eventi stessi. Che Osama, insomma, non fosse in realtà Osama. È una tesi che avrebbe dovuto soppesare di più, a mio parere, perché sarebbe molto meglio avere l'educazione di tacere un'assurdità come questa; moralmente, è da bocciare.
Peccato, perché il libro, seppur un po' troppo centrato sull'essere un "romanzo di formazione", e tolte le parti religiose troppo preponderanti, è nel complesso una bella opera.
Sfortunatamente nel finale crolla in maniera tragicomica quasi, con la scenetta sugli americani cattivoni e i prigionieri di guerra poveri mussulmani innocenti e anche un po' tardoni. Qui si è giocato la discesa da 4 a 3 stelle perché la caduta di stile è veramente pazzesca.
Anche in questo caso i mussulmani dimostrano come abbiano tante qualità, ma di certo gli manchi il buonsenso. Cosa che però non voglio imputare al giudizio sul romanzo che rimane un ottimo esempio di letteratura a livello di contenuti e di struttura, come ad esempio non ho fatto nel caso di Lezioni Proibite di Suraya Sadeed in cui le riflessioni sull'autrice sono applicabili al romanzo, in quanto è una autobiografia. Ed era pure bruttina.
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