Trent'anni ci ha messo Guthrie a concludere la saga di Boone Caudill e del grande Dick Summers, ma l'attesa ne è valsa la pena. Con un coraggio spropositati, già ai tempi del
Grande Cielo ci aveva dimostrato che gli uomini cambiano e gli eroi non sempre restano tali, trasformando il giovane Caudill, eroe sognatore, in un avido superbo bastardo; già ai tempi del
Sentiero del West ci aveva mostrato che gli eroi che ammiravamo per la loro vita nella natura selvaggia ne erano in realtà gli archetipi del declino, con Summers a fare da guida alle carovane di pionieri nonostante disprezzasse loro, le loro staccionate e i loro aratri. Ora Guthrie ha maturato la sua ideologia e la sua poetica e con ancora più coraggio ci accompagna lungo la fine di questa storia e delle vite dei personaggi che con la nostra lettura sono cresciuti e si sono maledetti. Dick Summers fa quasi tenerezza, ha solo 40 anni ma si sente ormai vecchio e tale è poiché vive di ricordi, sogni, nostalgia e sensi di colpa e così sarà fino alla fine ben 70enne; Guthrie si permette anche di farlo sposare e diventare padre, pensate un po'. Ogni parola di questo romanzo è incredibilmente pesata per raffrontarla a ciò che era nelle altre opere e troviamo dunque le stesse pianure, le stesse valli, gli stessi monti ma sotto un occhio completamente diverso, che è nient'altro che quello della grande ideologia tematica del
paradiso perduto. Molte cose sono cambiate; forse, chissà, Guthrie è stato un po' superficiale e un po' troppo pedagogico in questa storia, ma non credo importi e ne infici la godibilità narrativa. Ogni riga è pesata, dal grande cielo che perennemente sovrasta le avventure come un inutile silenzioso e inerme dio nel primo libro, alle grandi immobili pianure e monti che tacciono e resistono sotto i piedi, gli zoccoli, gli spari nel secondo, in questo libro invece si sente spesso il continuo placido scialacquare dei fiumi, dall'immobilità della terra ci troviamo nella continua mobilità dell'acqua come mobile e inarrestabile è il diffondersi dell'uomo in quella terra di cui ormai Dick Summers è solo un passivo spettatore, come lo sarà di Boone Caudillo e della sua fugace cometa. Forse il finale è un po' frettoloso e scontato, forse un po' incompiuto col silenzio che resta di chi non è a fianco di Summers nell'ultima riga dell'ultima pagina, ma chi se ne frega. Guthrie ci ha messo 30 anni a scrivere questo volume, io ci ho messo due anni ad attendere che arrivasse in Italia, e sono contento di averlo letto perché questa è vera moderna Epica.
Nota un po' di demerito all'editore Mattioli 1885 che riflette ciò che è la società attuale: bella copertina, bella carta, bella rilegatura, cura dei dettagli come ad esempio gli angoli arrotondati (che però personalmente non apprezzo molto), ma un'infinità di refusi che avevo già notato negli altri due volumi. Ma si sa, oggi è così, oggi l'abito è il monaco e l'apparenza conta infinitamente più della sostanza.
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