Nel capitolo 13 Evans controlla l'orologio perché alle 6 di mattina in punto la comitiva diretta in Oregon dovrà ripartire dopo una tappa. In questa scena c'è la differenza principale tra questo libro e il suo predecessore: la programmazione. Il mondo di Summers e Boon e Jim è finito, con esso sono crollati gli stili di vita dei
Mountain Men e il tempo, il progresso, se li è portati via. La Carovana è programmata, regolata da capitano e responsabili, gestita attraverso riunioni e votazione, si muove su un percorso prestabilito verso una meta precisa, guidata da uno scopo e regolata da tempi precisi. Il Grande Cielo c'è ancora ma sotto di esso non si muovono uomini liberi, ma gruppi sociali. Come riconosce non ricordo più chi in un certo punto del libro, tutta l'organizzazione ha valore in quanto
Gioco di Società, non è in realtà così indispensabile come può sembrare. Tadlock, invece, ne è oppresso e anche chi più è vicino o simile a Summers, ovvero Evans, ne è soggetto. Questa differenza di ambientazione e protagonisti è la differenza principale tra i due libri e lo ammetto, lascia un po' l'amaro in bocca. Avrei preferito meno
coraggio in Guthrie e più somiglianza tra le opere, con questo libro dominato dalla figura di Summers come il precedente era dominato dalla figura di Boone, avrei preferito una replica ma non è così: i bisonti stanno scomparendo, i castori sono scomparsi, gli indiani fanno pena e la società avanza inesorabile. Lascia l'amaro in bocca soprattutto letto da noi che questo stile di vita l'abbiamo portato all'estremo, circondati da orologi. Tolto ciò, tuttavia, se la logica del romanzo fosse stata la stessa ma Guthrie avesse introdotto meno personaggi l'avrei preferito, invece qui ce ne sono tanti ciascuno ad introdurre una diversa visione del "progetto" e il risultato è, a mio avviso, un po' spaesante. Tuttavia rimane un altro gran tassello nella letteratura della Grande Frontiera Americana che chi ama questo genere apprezzerà comunque; difficile è comunque il confronto con quel mastondontico capolavoro che è il Grande Cielo, l'autore stesso deve essersi sentito in soggezione. Del resto l'eccesso di protagonisti risponde probabilmente alla stessa logica di evidenziare il differente mondo che qui è rappresentato rispetto a quello de Il Grande Cielo, un libro in cui vi era tratteggiato un territorio nuovo, disabitato se non per quei quattro trappers che più che conquistarlo se ne lasciavano conquistare. Ultimo avviso: il romanzo è comunque sempre pervaso dal sentimento di invecchiamento e di spaesamento, di perdita e di rammarico, di Dick Summers, e in ciò è veramente triste e nostalgico. Come avete notato ho evidenziato alcuni punti considerabili come negativi: in realtà lo sono solo a partire da Il Grande Cielo e sono si negativi, ma è la logica stessa della narrazione che è tale, di conseguenza sono negativi "in senso relativo" e il romanzo si merita infatti 5 stelle piene perché è indubbiamente un grande capolavoro del Romanzo Americano.
Due note sul finale.
1) Negli ultimi capitoli Summers scompare pian piano fino a fuggire di soppiatto nel mezzo della notte, non salutando né i compagni di viaggio né noi lettori, quasi a sottolineare la fine del suo mondo, l'avvento del mondo nuovo dei coloni e della società, ma allo stesso tempo a sottolineare che questa è stata possibile solo grazie alla stirpe dei Mountain Men.
2) il libro si chiude con le speranze e la felicità di Lije di fronte alla nuova terra e alle nuove prospettive viste nell'ottica di crescervi il nipote, ignorando che non è suo ma bastardo, fondando quindi le sue speranze su una menzogna ancora peggiore tenendo conto che il sangue che pensa essere suo è invece quello che gli ha assassinato il cane. Penso che difficilmente si possa ideare un finale più terribile e negativo.
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