gio 21/11/2024 | RSS | Menu

IL TEMPO DELL'ESILIO

Philip José Farmer

Allora, il libro è bello. Bello e terribile. La Terra viene distrutta per mano dell'uomo; uomo che, dopo ciò, non si pente neanche un po' ed anzi continua a portare avanti la propria guerra verso l'altro, l'altro in genere. Ovvero: verso chiunque altro. Farmer è terribile: tutto ciò che succede è inevitabile, perché l'uomo è fatto così, ovvero l'uomo fa guerra. Potrà essere una guerra tra due individui nel gioco degli scacchi, o la guerra per una donna, potranno essere faide tra famiglie o guerre di territorio fra popoli. Ma la guerra ci sarà sempre.
La Terra viene annientata da innumerevoli esplosioni nucleari violentissime ma, vi dirò, non è che ci si fermi molto su questa distruzione. Immaginavo più schizzi di devastazione, soprattutto quando Broward torna sul pianeta devastato: invece ne descrive solo le nubi dense e il mare in tempesta. La superficialità apparente di Farmer, però, riflette ciò che accade nel suo romanzo: la Terra è devastata sotto gli occhi delle colonie lunari che capiscono subito cosa sono quelle lucciole che compaiono sul lato notturno del pianeta, ma ben poco ci si soffermano. Subito quella devastazione è soppiantata dalle innumerevole diatribe che si scatenano nelle colonie sparse nel sistema solare.
Il finale non è meno pessimistico.
Ciò che perde un po' è la struttura della storia, tipicamente "vecchia". Da metà in poi gli intrighi vengono soppiantati dalle trame che l'Eroe tesse per portare a termine il suo piano di pace imposta. Queste trame sono portate avanti in uno stile di narrazione tipico della vecchia fantascienza, e della vecchia narrativa in generale: il piano generale vi viene solo in parte suggerito, poi c'è tanta azione, tanta fortuna, tanto caso, che rende il tutto un po' noioso e incredibile, fino al finale clamoroso con battaglia morti e pace e i due amanti che finalmente possono abbracciarsi.
Lo so, in parte vi ho svelato il finale. Ma non cacate il cazzo. State sicuri che il finale, in questo libro, non conta nulla, lo intuite già da metà dell'opera che, nel suo complesso, è la vera cosa interessante che vi appiccicherà il naso alle pagine.
Fossi vissuto negli anni 70/80 probabilmente l'avrei goduto del tutto. Anche fossi un'altra persona, però.

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