Come tutti i libri di
James Graham Ballard che ho letto finora, un capolavoro. Ho già avuto modo di dire che Ballard è debitore, e potremmo anche dire allievo, di
Joseph Conrad: il modo in cui la realtà si frammischia all'inconscio a creare una
linea d'ombra netta fra ciò che pensiamo e ciò che facciamo, o che crediamo di pensare; il modo in cui un banale accidente sprofonda le persone in un turbine inquietante di nevrosi; il modo in cui, in puro stile freudiano, ogni cosa, ogni avvenimento, ogni esperienza può diventare
perturbante.
In questo libro Graham è ancora più vicino a Conrad, poiché l'avventura si svolge in un fiume in Africa, proprio come in
Cuore di Tenebra. Ballard è però sempre un po' diverso, perché la realtà è... reale. C'è sempre, veramente, qualcosa che accade: il fiume che scaturisce quasi per magia, scaturisce realmente; come negli altri suoi romanzi la Terra si allaga, il vento anomalo si leva, e strani cristalli ricoprono la foresta. Non è una allucinazione, non è una modifica della percezione, sono anomalie reali.
Negli altri libri, Ballard usava artifizi fantascientifici, qui invece c'è una spiegazione logica, c'è un avvenimento non fantascientifico: una falda d'acqua emerge alla superficie e crea temporaneamente un enorme fiume. Il fatto però che in poche settimane il fiume diventi anche navigabile per giorni, e che le popolazioni vi si stabiliscano creando canali e coltivazioni, è sicuramente un po' esagerato, ma ciò non conta.
Peccato, come al solito, per il finale, che è, come quasi sempre in Ballard, a mio parere troppo sbrigativo e superficiale, e lascia molto amaro in bocca non essendo in linea con la magnificenza del resto del libro.
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