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Papilllon, l'avventura di Henry Charriere

Categoria: LIBRI

KEYWORDS: lettura | libri | riflessioni |
Inserito in DATA: 08/10/2009 | Vai ai COMMENTI
Ho appena concluso il libro Papillon, di Henry Charriere, e alla recensione ho deciso di affiancare questa breve riflessione.
Libro dal quale successivamente è stato tratto il film omonimo interpretato dal mitico Steve McQueen (ricordo il suo ringhio conclusivo: "Maledetti bastardi, sono ancora vivo!"). Charriere è condannato per omicidio all'ergastolo, da scontarsi ai lavori forzati nella Guyana Francese. Nel libro racconto le condizioni terribili dei detenuti, ed i suoi numerosi tentativi di fuga, l'ultimo del quale si concluse con un successo. Arrivò infatti in Venezuela, dove condusse il resto della sua vita da uomo libero.

Questo libro fa emergere un tema moto delicato: la giustizia.

L'uomo ragione per concetti: il concetto, come diceva un mio professore, però non è nient'altro la serie dei concetti utili ad esemplificarlo. Ovvero, il concetto, che nelle sue intenzioni è un assoluto, in realtà non riesce ad esserlo se non astraendosi completamente da se stesso.

Nel caso della "giustizia" (tra virgolette, ovvero come concetto) questo cosa significa? Concettualizziamo la giustizia, e pensiamo per questo di metterci al sicuro dandole un significato apparentemente ben preciso. Che però ad un'analisi analitica... si sgretola. Cherriere, dal punto di vista di una giustizia teorica, va condannato (ipotizziamo che dunque non sia vera la sua teoria del complotto, per semplificare il nostro ragionamento) e punito fino alla fine, dal punto di vista di un'analisi dell'uomo Cherriere crolla. Perché? Cherriere, con le sue evasioni continue, rischiando il tutto per tutto, mette in pratica gli ideali più alti dell'uomo, ovvero quelli relativi a tutto ciò che gravita attorno alla libertà. Non possiamo, leggendo il libro, non provare ammirazione per lui, e sperare che alla fine ce la faccia.

In questo modo però tradiamo l'anelito alla giustizia. Questo succede tuttavia con la maggior parte dei nostri concetti morali: finché si agganciano ad un elemento sovranaturale (quale quello di Dio) essi hanno una giustificazione intoccabile, mentre se li intendiamo da un punto di vista terreno li riconosciamo come labili, sottomessi al divenire di ogni cosa, diventano deboli. Cherriere si riscatta da solo, con questo anelito alla libertà insopprimibile: come formalizzare in concetti una cosa simile? Ovvero, dovremo dunque lasciare che ogni persona che commette un crimine sia capace di auto-riscattarsi? E' un metodo inagibile. Sarebbe l'anarchia della giustizia.

Sotto questo aspetto, la vita di Papillon diventa un simbolo, un vero e proprio mito.

Certo i dubbi restano: Charriere uccide, ammette l'omicidio come vendetta, che si identifica in lui con la giustizia.

Inoltre, mentre è al "bagno" parla spesso delle sue due mogli indie (una peraltro di soli 14 anni) che ha abbandonato dopo averle messe incinta. Tuttavia, una volta libero, nessuna riga del libro viene dedicata al pensiero di tornare da loro, di dove saranno, di come saranno i suoi figli. Niente, là erano e là restano in totale oblio.

Henry è sicuramente un cinico, sotto questo aspetto, e il sottolineare spesso il progresso umanistico che lui ha avuto, la sua superiorità morale nei confronti di chi lo ha ingiustamente giudicato, o la purezza degli altri galeotti, sono veramente poco credibili, viste nel resto del complesso.

Ma è chiaro, fa tutto parte di questa rivisitazione del concetto di giustizia, svincolato da capisaldi sovrannaturali.

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