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LA CHIAVE

Junichiro Tanizaki

Libro che ho trovato di una noia impressionante, per fortuna sono a malapena 150 pagine. La struttura a diario è sicuramente difficile da gestire, i problemi sono due. Innanzitutto, se si vuole essere realistici bisogna scriverlo come lo scriverebbe una persona reale, quindi in momenti magari frettolosi, con pensieri a volte slegati, scritto magari in momenti diversi della giornata, e non è questo il caso di questo libro dove i pensieri sono sempre unitari e lineari, corretti, a volte legando i due diario con pensieri simili e quasi correlati a voler evocare l'interconnessione degli effetti che i due protagonisti operano uno sull'altro; quindi i diari sono letterari. Il secondo problema della struttura a diario invece è quando lo si vuole utilizzare come semplice espediente strutturale, e allora i pensieri espressi nei diari non saranno sicuramente legati alla realtà del personaggio ma letterariamente curati e artificiali ed è una struttura ottima per sfruttare il trucco di legare i pensieri dei due protagonisti creando pagine che hanno riflessioni simili, ma in realtà neanche questo è il caso perché in realtà  Tanizaki rimane sempre in uno schema personale e realistico. Come si capisce da quel che ho scritto, non c'è un'impostazione definita in questo libro riguardo la struttura a diario e se anche questa ambiguità fa parte dell'espediente narrativo, a mio avviso diventa confusionaria e a tratti noiosa, nonché inconcludente. A cosa servono, ad esempio, le pagina di diario che riportano solamente, o quasi, "Alle 11 ho sentito dei passi in giardino..."? Stanno bene nella prima impostazione della struttura diaristica, ma non nella secondo in cui si muovono invece la maggior parte delle altre pagine. Il tema dell'intreccio psicologico i cui trucchi portano ad effetti inaspettati con la relazione a tre che si fonde in un due e in un quattro è carina, ma portata avanti male perché l'impostazione "di tipo due" del diario sarebbe ideale per evocare questa ambiguità, ma non è solo quella scelta da Tanizaki che dunque va a sacrificare un po' di qua e un po' di là e ci lascia un libro piuttosto deludente perché inconcludente. Inoltre il coup de theatre finale pare da un lato scontato, dall'altro inutile: che la figlia giocasse un ruolo ambigui era chiaro da almeno 100 pagine, perché non tirarla mai in ballo se non nelle ultime dieci o venti pagine e poi abbandonare tutto a un finale insensato e privo di vera conclusione? Peccato, perché si sente che Tanizaki ha una buona penna ma avevo letto recensioni molto positive di questo suo libro quindi ora non so se sia il caso di valutare la lettura di qualche altro suo romanzo, di certo mi converrà scegliere bene e con calma.

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