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Il conformismo sociale è la naturale attitudine umana

Categoria: PENSIERI

KEYWORDS: filosofia | psicologia | riflessioni | sociologia |
Inserito in DATA: 26/01/2023 | Vai ai COMMENTI
Recentemente ho letto un articolo su un sito che si chiama Geopop, fanno begli articoli perlopiù di divulgazione scientifica ma hanno il problema - praticamente ormai diffusa tra socials, blogger, influencer e minchiate varie - di sfornarne troppi. Già, inoltre, unire "geo" o "pop" a me fa un po' venire i brividi e anticipa il carattere stesso del sito ovvero rendere pop ciò che non lo è. Schoenberg disse "Se è arte non può essere popolare e se è popolare non può essere arte", secondo me vale per tutti gli ambiti della cultura in senso lato quindi anche la scienza e la sua divulgazione.
Comunque, pazienza, ormai questa è la tendenza ed è riprova come un circolo vizioso di ciò di cui parla l'articolo.
Prima di tutto, l'articolo va letto e lo trovate cliccando qua ma trovate anche una pagina di Wikipedia.
E' probabile che ciò non valga solo per gli essere umani ma in generale per gli animali sociali poiché il conformismo è un'atteggiamento di pratica comodità per la vita sociale, e ben lo sanno quelli che (come me) non hanno la tendenza al conformismo né, tra l'altro, hanno la tendenza a combatterlo ma, semplicemente, si muovono in una strada a se stante che magari a volte incrocia quella dei "conformati", ma a volte o perlopiù non lo fa. L'uomo, però, ha qualcosa di molto più potente riguardo il conformismo sociale, rispetto agli animali: ha il linguaggio, e se non lo avete capito il nostro linguaggio è un'arma potentissima, forse l'arma più potente mai inventata da alcun animale e la nostra distinzione e peculiarità unica.

Ora faccio un sunto dell'esperimento chiamato "Esperimento di Asch sul conformismo sociale", teorizzato e condotto dallo psicologo Solomon Asch nel 1951.
E' un esperimento dimostrativo: si parte da un assunto teorico secondo il quale fare parte di un gruppo modifica opinioni, giudizi, credenze, le stesse percezioni sensoriali.
Alcuni soggetti vengono isolati, tutti meno uno sono d'accordo con lo sperimentatore. Citando Wikipedia per non dovermi inutilmente ripetere: 
Lo sperimentatore presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente mentre su un'altra scheda vi era disegnata un'altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici, quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni "normali", alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata.
Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un'ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. In sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la "vera" risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicitata dalla maggioranza. Solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di "dover" dire. Nell'esperimento originale di Asch i risultati furono a mio avviso agghiaccianti: «il 25% dei partecipanti non si conformò alla maggioranza, ma il 75% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo (ed il 5% dei soggetti si adeguò ad ogni singola ripetizione della prova)» (cit. Wikipedia).
Il punto si gioca tutto su quel "pur sapendo oggettivamente quale fosse la vera risposta giusta": lo sapeva? Si. Ci credeva? Ni. L'adeguarsi al gruppo sociale indubbiamente ha influito sulla sua risposta, ma secondo me prima di scoprire il lato nascosto dell'esperimento sostanzialmente il soggetto credeva alla risposta data, non più alla risposta vera. L'esperimento era temporalmente limitato, un solo esperimento, ma se l'esperimento si ripete varie volte al giorno per giorni e giorni, in situazioni reali, ovvero diventa la vita quotidiano del soggetto, la sua credenza indubbiamente viene modificata.
Le implicazioni di questo lato di funzionamento del cervello/della mente sono spaventose.

L'esperimento è interessante per ciò che implica. Soprattutto se, consci di questa caratteristica dell'uomo, operiamo al contrario ovvero partendo dall'assunto di Asch prima creiamo il soggetto, poi il risultato.
Se noi creiamo (o scegliamo) una situazione e la spacciamo a priori ma ingiustificatamente per vera e riusciamo a creare una base di partenza diffusa in un gruppo sociale accuratamente selezionato, riusciremo a farla diffondere e a farle acquisire ancora maggiore verità semplicemente lasciandola vivere tra la gente.
Allo stesso modo, se prendiamo due informazioni in realtà slegate ma le leghiamo assieme, ad esempio creando un finto ragionamento "se ... allora ..." dove in realtà la tesi, il "se", è solo un'ipotesi già sufficientemente diffusa, e ciò ce ne deduciamo, l'allora, è la tesi che vogliamo si propaghi, il gioco è praticamente fatto poiché la seconda informazione sfrutterà la diffusione della prima e, muovendosi nelle stesse credenze che reggono il gruppo sociale che la diffonde e/o la assimila, si autoalimenterà di verità propagandosi sempre più.
E' ciò che fa il marketing ma, soprattutto, è ciò che fa la politica o, più in generale, le persone che hanno bisogno di seguito pubblico. Si crea il pubblico con slogan a basso livello per poi avere già un gruppo precostituito a supporto. La propaganda rispetta questo principio come una fede religiosa.
L'esempio che tiro fuori spesso è però di altro tipo ed è il programma Le Iene (dio le maledica). I servizi delle Iene, ad analizzarli bene, partono da una introduzione in cui se ci fate caso il sospetto su dove stia la verità è già sottinteso e neanche tanto nascosto e subito viene condito da un impatto emotivo forte. Il resto del servizio, che dovrebbe essere invece ciò che crea o meno il sospetto, diventa semplicemente una prova.
Si creano così le fazioni: nella politica è chiaro, ma nelle Iene lo è meno finché non si parla di qualcosa e di colpo uno spunta dicendo "Ma hai visto infatti Le Iene?" - Nella pratica, Le Iene hanno già creato la massa adeguata per poter poi modificare il giudizio di chi ancora non ne le conosce, poiché essendo parte della massa il suo giudizio si modificherà di conseguenza a favore delle Iene e delle loro "causa".
Le Iene, lo ripeto, è un esempio ma per me perfettamente calzante.
Sarebbe da analizzare la correlazione, o meglio il parallelismo eventuale in funzionamento, tra le conclusioni di Asch e il cosiddetto Effetto Forer chiamato anche Effetto Barnum, quest'ultimo nome derivato da un fenomeno circense: un individuo posto di fronte a un'analisi è portato maggiormente a credervi se la pensa a se stesso dedicata, o meglio se crede che 1) questa sia a lui riferita 2) sia personalizzata 3) sia redatta da qualcuno che lui crede (Dunning-Kruger!) dotato di autorità in merito 4) l'analisi presenta prevalentemente toni o risultati positivi 5) l'analisi abbia perlopiù toni generici. Sarà sufficiente che una persona tramite l'effetto Asch acquisisca autorità agli occhi di un gruppo sociale, e parli in termini generici postulando di avere la soluzione a un problema blandamente riferito a quel gruppo sociale come prevede il Forer, basterà ciò per far intendere alla gente di avere la soluzione ai loro problemi in mano. Perché ciascun individuo è in realtà un solipsista e applicherà principalmente a se stesso quelle soluzioni, non chiedendosi invece se non siano dedicate al gruppo intero e quindi se sia possibile una soluzione per molteplici persone differenti.

Molti anni fa, all'università, il mio professore di Psicologia Generale, specializzato in psicologia dei gruppi, ci fece un esperimento. Scelse a caso alcuni di noi e li fece uscire dall'aula lasciandone dentro solo uno. A questi mostrò un disegno con una scena per alcuni minuti, quindi iniziò il vero e proprio esperimento. Il disegno rappresentava, con tratti di pennarello, un luogo che poteva essere l'interno di un tram, un autobus o una metropolitana, e delle figure di persone. Era solo uno schizzo con tratteggiati dal pennarello nero delle sagome e qualche particolare, non si capiva molto di chi erano o dove.
Quando il soggetto ebbe guardato lo schizzo per circa un minuto, fu fatto entrare uno di quelli fuori e il primo descrisse al secondo ciò che aveva visto - lontano da noi, affinché non sentissimo -, quindi il primo se ne andrò in un angolo dell'aula ed entro il terzo e il secondo fece la stessa cosa, con lui, per poi sedersi ma lontano dal primo. Così il quarto, il quinto, eccetera; non ricordo quanti erano, penso una decina. Noi non sentivamo cosa si raccontavano, ma quando il ciclo si concluse tutti erano presenti e il professore chiese all'ultimo di raccontare qual era "la scena" che il primo aveva visto e come, voce per voce, era arrivata a lui. Fu sconvolgente: innanzitutto da una scena schizzata si era passati a colori, da un disegno si era passati a un video, ma soprattutto la scena era descritta come fosse la rappresentazione di una questione razziale poiché nel disegno iniziale, in effetti, uno dei personaggi era tratteggiato un po' più a fondo e poteva dare l'idea di essere un nero. C'era anche una donna che, ovviamente, era diventata un po' l'isterico paciere della situazione.
Sono certo che, in realtà, la scelta degli studenti non fu casuale: c'erano due donne, una tranquilla e una un po' alternativa, c'era il tizio coi dreads e un altro vestito un po' grunge aggressivo. Gente insomma che avevo giudizi sociali apparentemente molto forti ed orientati.
In pochi minuti e una decina di persona l'informazione si era irreparabilmente non solo modificata, ma era letteralmente cambiata ed aveva assunto caratteri sociali ben definiti.
Per me fu una cosa sconvolgente e me la ricordo come fosse ieri.
Se penso che gli aborigeni hanno tramandato eventi per 37.000 anni e io ho visto in una mezz'ora la distorsione totale di un racconto mi viene la pelle d'oca.
Cosa c'è di diverso nei due fatti: a mio avviso, se è indubbio che il nostro esperimento era accuratamente mirato, la velocità di trasporto dell'informazione non ha permesso il substrato culturale "di gruppo" che permette il mantenimento dell'informazione. Questo sostrato di fondamento della trasmissione non è più la cultura, nel senso del latino habitus, ma la personalità del singolo individuo che quindi vi applica le proprie credenze.
Tornando al discorso di cui sopra, se prendiamo quindi un gruppo abbastanza mirato come fece il mio professore e gli facciamo vedere una scena creata ad hoc come quella che usò, con un personaggio dai lontani tratti negroidi, una donna e dei volti privi di espressioni, si può creare una situazione che diventa di gruppo e aiutare quindi il diffondersi di una informazione diversa che, man mano che si diffonde, diventa ancora più forte, sfruttando appunto la naturale attitudine al conformismo sociale dell'essere umano. Cosa sarebbe successo se a quei ragazzi nessuno avrebbe poi detto nulla? Avrebbero cominciato a diffondere un'informazione errata, farcita di pre-giudizi (nel senso di giudizi forniti assieme all'informazione, quindi prima che il ricevente possa trarne le sue conclusioni) e avrebbe così costituito un gruppo che, in un secondo immaginario esperimento, avrebbe già creato una base comune di "tesi" influenzanti un soggetto terzo, che si sarebbe immancabilmente adeguato.

Per fortuna che noi abbiamo affidato la nostra storia alla scrittura che ha tracciato un prima e un dopo, facendoci perdere sicuramente molti racconti orali tramandati prima di essa, ma mette nero su bianco il dopo. Tra 37.000 anni si saprà con certezza cosa è successo durante la pandemia di Covid, per esempio: non ci sarà bisogno di un'indagine esterna come nel caso di cui sopra degli aborigeni australiani. Ovviamente, sono abbastanza ironico; tra 37.000 anni sapremo sicuramente che il fatto Covid c'è stato ma, differentemente dal caso degli aborigeni australiani, avremo anche un sacco di interpretazioni in merito.
La facilità di conoscenza e di diffusione dei fatti non può che giocare spesso contro la conoscenza proprio per questo Effetto Asch: maggiormente si diffonde una notizia fasulla - come, ad esempio, che prima del 1947 in Israele ci fosse uno stato palestinese -, in maniera esponenziale crescerà il bacino di persone che vi crederanno. Come verrà interpretata questa cosa fra 37.000 anni? Dovranno scavare tra fonti innumerevoli per scoprire che prima del 1947 non c'era una fava in quel territorio chiamato Palestina; di ciò che non c'era, in effetti, non possono esistere più di tante testimonianze. Se io attuo la diffusione di un'informazione consciamente sfruttando l'Effetto Asch, posso contare in un Effetto Carrozzone come sperimentato da Muzafer Sherif, posso fare tutto, questi saranno effetti, conseguenze di una giusta predisposizione di apparenti fatti. Da lì ad arrivare agli effetti riscontrati dal (controverso, ma comunque angosciante) Esperimento di Milgran o dall'Esperimento della Prigione di Stanford (questo secondo degno di trama per un film dell'orrore) il passo è breve.
La diffusione di una notizia utilizza il conformismo sociale per creare il fatto, per creare la realtà.
Quanto più girano su Facebook, per fare un esempio, vignette sull'oppressione palestinese, tanto più avremo un effetto di insofferenza per gli israeliani. Accade ciò anche con gli indiani d'America: troviamo su Facebook molte vignette riguardo gli indiani massacrati dagli americani, tranne che non consideriamo il fatto che gli USA di quel tempo erano una popolazione di coloni di cui facevano parte anche molti nostri connazionali italiani, mentre a guarda le vignette pare che la colpa sia arrivata da una parte sola. Non c'è proprio motivo di non sentirsi in parte corresponsabili?

Questa inquietante caratteristica umana è l'arma dei "socials" e ci suggerisce di temerli. Nei socials l'informazione è mostrata contemporaneamente, se non posteriormente, all'opinione della massa su di essa quindi il giudizio è già emesso. Il soggetto terzo ha la mente già formata, al momento del recepimento dell'informazione. Un articolo ci compare in bacheca condiviso e commentato da un nostro "amico", e solitamente vediamo anche già qualche commento sotto allo stesso articolo; ciò avviene mentre noi, dell'articolo, conosciamo (forse) ancora solo il titolo. Il nostro giudizio parte quindi da una credenza di gruppo già nota e ne sarà inevitabilmente conformato.

Iniziato il 26/10/2022 - Concluso il 26/01/2023

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