Eroico BIKER senza frontiere.
Cuba 2005
CATEGORIA GALLERIA: VIAGGI
Cuba - Giugno 2005Introduzione
Si, prima di comprare la moto facevo anche io viaggi All Inclusive. A giugno 2005 io ed il buon Thomas abbiamo fatto un viaggio a Cuba. Volevamo scoprire la verità: paese della libertà o dei soprusi? Paradiso o Inferno? Io di destra, lui di sinistra, comunque la politica non ha influito il nostro giudizio: una cosa pietosa! Schiavitù, soppressione della libertà, tirannia... Un incubo in un luogo tra i più incantevoli mai visti! Credete a me: americani o non americani, la situazione là va veramente cambiata radicalmente!
A giugno 2005 io ed il buon Thomas abbiamo fatto un viaggio a Cuba. Volevamo scoprire la verità: paese della libertà o dei soprusi? Paradiso o Inferno? Io di destra, lui di sinistra, comunque la politica non ha influito il nostro giudizio: una cosa pietosa! Schiavitù, soppressione della libertà, tirannia... Un incubo in un luogo tra i più incantevoli mai visti! Credete a me: americani o non americani, la situazione là va veramente cambiata radicalmente!
Oggi vi racconto del mio viaggio a Cuba. Oggi è il 2015, sono passato 10 anni ma da 10 anni continuo a raccontare questa Cuba "alternativa" non da puttaniere eppure trovo ancora gente che decanta Cuba.
Sono passati molti anni, e non ne avevo mai scritto più di tanto. Non avevo voluto, l'avevo fatto apposta.
Ma mi sono spaccato il cazzo di raccontare ogni volta tutto, per cui racconto come andò.
Facico una premessa, che è molto importante: NON SONO ANDATO A CUBA PER SCOPARE.
E' molto importante, perché se vai a Cuba per scopare è chiaro che parlerai bene di Cuba e del tuo viaggio, perché là ti puoi scopare una ragazzina minorenne, una moglie con il marito nella camera accanto, una ragazza incinta col marito che esce per farvi posto e il bambino che gioca nell'altra stanza, e tutto per pochi dollari. Anzi, per pochi Pesos del monopoli.
Sono andato a Cuba impreparato.
Ero stato l'anno prima a Santo Domingo, e volevo tornare ai Caraibi per prendere il sole, bere e mangiare come una fogna in terapia All Inclusive.
Io e Thomas ragionammo con la tipa dell'Agenzia: due giorni all'Havana in albergo, i restanti 6 o 7 (non ricordo) giorni in trattamento All Inclusive in Villaggio Turistico a Caio Qualcosa. Mi avevano assicurato che il villaggio era vicino a un centro abitato, così potevamo uscire a piedi "fare il ponte a piedi e in due o tre km siete in un villaggio". In realtà i km erano 40 per arrivare alla fine della penisola e trovarci la polizia con lo sbarramento, vedremo dopo, per cui dal villaggio non ci muovemmo.
L'AVANA
Arrivati all'Havana con pioggia.
In aeroporto è un inferno: veniamo incanalati in un sistema di corridoi porte e uffici inquietante, passi da una porta all'altra di continuo, ci chiedono il passaporto varie volte e lo guardano bene, guardano gli altri timbri presenti, guardano nei bagagli. Mentre sei in attesa a volte si apre una porta e un'altra si chiude, quasi senza motivo. Militari con cani anti-sommossa e anti-droga compaiono di continuo e sembrano vagare senza meta, come spettri.
In ogni ufficio dove mostriamo i documenti c'è, davanti all'operatore e tutt'attorno, una lista di foto con nomi, tutti dei ricercati. Tutti negri.
Quando usciamo alla fine della trafila ci sentiamo quasi stuprati.
Ora via in albergo.
La prima mezza giornata la passiamo a bere mojito in piscina.
A Santo Domingo erano tutti contenti e quando ordinavamo da bere erano felici, qua invece preparano versano incassano con la stessa espressione e metà tra il professionale e l'invidioso incazzato e non ti parlano.
Il giorno dopo partiamo al mattino per visitare la città. L'albergo è vicino alla via delle ambasciate ed attraversandola ci viene ovviamente nervoso a vedere quelle belle villette. La fine del viale coincide con l'ambasciata russa, un blocco squadrato di cemento scuro la cui vista è difficile per alte mura, siepi, alberi e filo spinato. Fa quasi paura e lascia intendere che lì i Russi non erano a far festa come il nostro ambasciatore...
Camminiamo per strade che sembrano aver subito da qualche mese un bombardamento, veniamo avvicinati da un po' di persone che si offrono di venderci droga o alcol o sigari, alla fine prendiamo un negro e gli diciamo che ci avrebbe fatto da guida. E' un misero zoppo, dall'espressione triste e contemporaneamente furba come tutti quelli che abbiamo incrociato.
Nel complesso però è stato gentile.
Ora, tenete conto di una cosa: a Cuba ci sono due monete. Il peso cubano è quello usato dalla popolazione, mentre i turisti usano il peso convertibile, una moneta fittizia come quella del monopoli. Il peso convertibile è utilizzabile solo dai turisti, nei negozi e servizi per turisti; la popolazione può usare solo il peso cubano. Siccome il cambio tra i due pesos, per il turista, non è possibile se non in nero, e noi non lo facemmo, non potemmo regalare soldi al nostro negro, neanche insistendo perché lui ci disse "Tanto io non posso spenderlo e anzi se mi beccano con del peso convertibile mi arrestano". Così ci fece da guida in cambio dei pasti che gli pagammo, delle birre, e di un paio di scarpe che ricevette nascondendole e poi rovinò a mano perché non poteva farsi vedere con delle scarpe nuove perché gli avrebbero detto che le aveva rubate e lo avrebbero arrestato.
E da noi non ricevette una lira!!!
E vi dico già: aspettate un po' di righe per leggere la questione del ristorante a cena.
Partiamo, la città è triste e devastata, il Malecon è un disastro pieno di buche, i tombini sono privi di protezione perché le parti in metallo sono state rubate, ad un certo punto ho rischiato di cadere in una parte del Malecon che mancava e formava una buca di circa 1,5x1,5 e più di due metri di profondità. Dappertutto ci sono bambini lerci e con vestiti distrutti che ridono e fanno il bagno.
Dopo un po' il negro ci porta in una casa malandata di un suo amico a farci conoscere il suo amico, e il suo amico sparisce e parte della musica e la sorella del suo amico, una di 16/17 anni bella figa ma proprio triste, ci si siede davanti e comincia a fissarci. Siamo seduti in un divano sfondato e sprofondati nel silenzio con lei di fronte, la bella pelle marroncina e gli occhi scuri e profondi che ci fissano, e il suo amico torna e ci vuole vendere sigari e gli diciamo che non vogliamo niente e che siamo lì solo perché il nostro negro ci ha portati e pensavamo volesse salutare lui, e ci chiede però se vogliamo qualsiasi altra cosa ed è inteso che intenda droga o sua sorella e a quel punto ce ne andiamo, usciamo prendendo il nostro negro per il braccio e fuori Thomas gli dice chiaro e tondo: "No, non siamo qui per comprare roba e farci inculare, provaci ancora e ti prendiamo a calci nei denti. Tu ci farai vedere Cuba e noi ti tratteremo come un amico e ti pagheremo quello che dobbiamo ma non trattarci da turisti puttanieri o ti mandiamo a fanculo senza darti nulla. Facci vedere l'Havana che è quella vera, quella del popolo, e ti pagheremo come guida" ed è allora che lui ci spiega che non potremo dargli soldi per via del Peso Cubano e Convertible, che lui fa così perché così stringe alleanze e in quesot modo quando lui ha finito il dentifricio e non può ricomprarlo gli amici con cui ha stretto alleanze glielo daranno, perché loro hanno acquisti controllati e possibilità limitate e razionate.
Si perché loro fanno la spesa razionata con la tessera: ce la mostra, è agghiacciante.
Che tristezza.
Però capisce il nostro punto di vista, trattiamo sul pagargli i pasti e le birre, le scarpe, e dei sigari, e da quel momento in poi ci tratta bene.
Dovevate vedere le sue scarpe, su 5 dita tre uscivano dai buchi!!! Ed erano almeno due numeri più grandi!
In una zona vecchia, antiche case coloniali un tempo bellissime sono diventate condomini, letteralmente: in ogni stanza, ci spiega il negro, vive un'intera famiglia e qui le famiglie osno numerose perché i goldoni non li hanno e non li trovano in commercio anche perché costano troppo e scopano e sfornano figli a manetta. Le antiche case coloniali in primo piano sono belle ma dietro c'è il disastro, da una casa escono decine di persone, decine di volti inespressivi ti guardano da finestre senza scuri e vetri, cartoni e stoffe sono appesi dappertutto a sostituzione e stracci appesi ad asciugare si intuisce che sono vestiti perché gli stessi stracci li indossano i negri che camminano lì attorno. Sembra di essere in un villaggio di morti di fame in africa solo che invece che case fatte di merda hanno splendide ville ma diroccate.
Tutti sono tristi, si vedono sguardi tristi dappertutto. Le donne sono belle ma tristi, e non ti guardano maliziose come a Santo Domingo, ma ti guardano come si guarda una preda mentre si vuole fare uno scippo.
Mangiamo aragosta, buonissima, per pochi Pueblos e paghaimo il pranzo al nostro amico negro che mangia il minimo indispensabile e ci ringrazia infinitamente. Il pranzo ci indica però lui dove farlo, perché possiamo andare solo nei locali per turisti, che sono di proprietà statale, e sia lui sia il padrone ci dicono che a loro non resta nulla. La burocrazia è infinita e segna in un registro ciò che consumiamo.
Andiamo nella famosa piazza della Rivoluzione.
Il cielo è plumbeo e pesante, pioviggina e la piazza, vista dal vivo, è triste quanto potrebbe esserlo il verde prato di un campo di concentramento in Germania durante il nazismo.
E' una enorme distesa di asfalto e cemento, con attorno, come torrette di sorveglianza, i ministeri dai quali il potere veniva e viene usato con violenza.
Non c'è quasi nessuno, a parte un po' di polizia che cammina con il ventre prominente e qualche militare armato nei luoghi principali.
C'è il monumento della rivoluzione a Jose Martì che svetta verso il cielo, una minchiata in cemento armato pattugliato da militari armati di Kalashnikov.
Ci avviciniamo per visitarlo, ma prima ancora di fare la scalinata il nostro negro ci urla di fermarci ma noi saliamo lo stesso e la guardia armata in malo modo ci sbraita di levarci dal cazzo che è chiuso. Gli chiediamo di fermarci un po' più vicino per fare una foto ma lui ci fa cenni minacciosi ed arroganti col calcio del mitragliatore, e quando puntiamo le macchine fotografiche diventa ancora più violento, alché lo mandiamo a fare in culo.
La sagoma di quel gran assassino ideologico di Che Guevara svetta triste sul Ministero degli Interni, squallida come una costruzione in ferro di un bambino ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Pioviggina, e ci avviciniamo a un altro ministero.
Il nostro negro è sempre più nervoso, da quando siamo entrati nella piazza è nervosissimo.
Ci avviciniamo a un giardinetto pieno di alberi e piante delimitato da un muretto alto 30-40 cm, vogliamo ripararci dalla pioggia e sederci perché siamo un po' stanchi.
Di colpo sentiamo urlare alle nostre spalle, ci siamo appena seduti ma ci alziamo di scatto e vediamo che dalle piante è sbucato un militare con un poncho verde mimetico, per questo forse non l'avevamo visto ma sta sbraitando e punta il mitra verso di noi. Ci giriamo per cercare il nostro negro che ci faccia da traduttore, ma è già a due o trecento metri di distanza che corre sciancato come un pazzo. Il tizio continua urlare e a questo punto ci girano i coglioni e Thomas gli bestemmia addosso e cominciamo a urlargli noi che cazzo vuole.
Alla fine ci fa intendere che lì, su quel muretto di merda, che cinge quel giardino di merda, di quel palazzo di merda che neanche a San Domenico e Udine ce ne sono di così orrendi, noi non possiamo sederci perché è di Fidel, è tutto di Fidel, tutto è di quel coglione di Fidel e ci urliamo a vicenda e lui col mitra ci intima di andarcene e noi con le mani lo mandiamo a fare in culo urlandogli insulti e bestemmie a non finire, a lui e a tutta quella piazza di merda, e ce ne andiamo.
Andiamo a cercare il nostro negro, lo troviamo, e di quella zona ci siamo rotti il cazzo perché a noi DEL CHE e di FIDEL non frega un cazzo.
Saliamo allora in un taxi.
E anche i taxi riservano una sorpresa: ci osno quelli per turisti, e quelli per il popolo. E i due sono preclusi ai due. Ovvero i turisti non possono salire nei taxi del popolo, e il popolo non può salire nei taxi per turisti. Che fare allora col nostro negro? Facile, ci dice lui: "Io mi stendo dietro per terra". Ed è così che ci facciamo un giro in taxi con il nostro povero negro steso per terra sotto i nostri piedi che ogni tanto ci spiega cosa stiamo attraversando perché la città la conosce a memoria, e arriviamo in centro.
Appena scesi in centro il nostro negro ci spiega come comportarci: ovvero, ci fornisce la sua storia di copertura perché lì lui non può stare con noi perché è zona di turisti. Per cui quando la polizia ci fermerà (ci dice così, lo da per scontato, ma alla fine non succederà) noi dovremo dire che siamo amici di sua sorella che è sposata in Italia e siamo venuti lì e abbiamo chiesto di lui perché ce lo ha detto lui. Ci da nomi, informazioni, date, e via dicendo, facendoci intendere che non è una storia per lui nuova. E che non è una cagata, per lui.
Lì finisci in galera. Per qualsiasi coglionata. Lì non sei nessuno, i cubani (negri) a Cuba non sono nessuno.
E ora parliamo dei negri: i cubani sono razzisti. Per tutto il tempo nelle zone povere abbiamo visto negri. I creoli non sono poveri, o meglio non tutti. I poveri sono quasi tutti negri. I creoli perlopiù no, e i bianchi no. I negri vivono in periferia, i creoli quasi no, e i bianchi no. E in centro i negri sono ben pochi, e così il nostro negro diventa appunto il "nostro" negro perché solo se è nostro può stare lì. I militari di truppa sono negri e sono magri e vestiti male; la polizia è grassa e coi vestiti a misura, e non è ovviamente negra.
E' per questo che finora l'ho chiamato così: lui è nostro, e così è al sicuro.
Che tristezza.
Però capisce il nostro punto di vista, trattiamo sul pagargli i pasti e le birre, le scarpe, e dei sigari, e da quel momento in poi ci tratta bene.
Dovevate vedere le sue scarpe, su 5 dita tre uscivano dai buchi!!! Ed erano almeno due numeri più grandi!
In una zona vecchia, antiche case coloniali un tempo bellissime sono diventate condomini, letteralmente: in ogni stanza, ci spiega il negro, vive un'intera famiglia e qui le famiglie osno numerose perché i goldoni non li hanno e non li trovano in commercio anche perché costano troppo e scopano e sfornano figli a manetta. Le antiche case coloniali in primo piano sono belle ma dietro c'è il disastro, da una casa escono decine di persone, decine di volti inespressivi ti guardano da finestre senza scuri e vetri, cartoni e stoffe sono appesi dappertutto a sostituzione e stracci appesi ad asciugare si intuisce che sono vestiti perché gli stessi stracci li indossano i negri che camminano lì attorno. Sembra di essere in un villaggio di morti di fame in africa solo che invece che case fatte di merda hanno splendide ville ma diroccate.
Tutti sono tristi, si vedono sguardi tristi dappertutto. Le donne sono belle ma tristi, e non ti guardano maliziose come a Santo Domingo, ma ti guardano come si guarda una preda mentre si vuole fare uno scippo.
Mangiamo aragosta, buonissima, per pochi Pueblos e paghaimo il pranzo al nostro amico negro che mangia il minimo indispensabile e ci ringrazia infinitamente. Il pranzo ci indica però lui dove farlo, perché possiamo andare solo nei locali per turisti, che sono di proprietà statale, e sia lui sia il padrone ci dicono che a loro non resta nulla. La burocrazia è infinita e segna in un registro ciò che consumiamo.
Andiamo nella famosa piazza della Rivoluzione.
Il cielo è plumbeo e pesante, pioviggina e la piazza, vista dal vivo, è triste quanto potrebbe esserlo il verde prato di un campo di concentramento in Germania durante il nazismo.
E' una enorme distesa di asfalto e cemento, con attorno, come torrette di sorveglianza, i ministeri dai quali il potere veniva e viene usato con violenza.
Non c'è quasi nessuno, a parte un po' di polizia che cammina con il ventre prominente e qualche militare armato nei luoghi principali.
C'è il monumento della rivoluzione a Jose Martì che svetta verso il cielo, una minchiata in cemento armato pattugliato da militari armati di Kalashnikov.
Ci avviciniamo per visitarlo, ma prima ancora di fare la scalinata il nostro negro ci urla di fermarci ma noi saliamo lo stesso e la guardia armata in malo modo ci sbraita di levarci dal cazzo che è chiuso. Gli chiediamo di fermarci un po' più vicino per fare una foto ma lui ci fa cenni minacciosi ed arroganti col calcio del mitragliatore, e quando puntiamo le macchine fotografiche diventa ancora più violento, alché lo mandiamo a fare in culo.
La sagoma di quel gran assassino ideologico di Che Guevara svetta triste sul Ministero degli Interni, squallida come una costruzione in ferro di un bambino ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Pioviggina, e ci avviciniamo a un altro ministero.
Il nostro negro è sempre più nervoso, da quando siamo entrati nella piazza è nervosissimo.
Ci avviciniamo a un giardinetto pieno di alberi e piante delimitato da un muretto alto 30-40 cm, vogliamo ripararci dalla pioggia e sederci perché siamo un po' stanchi.
Di colpo sentiamo urlare alle nostre spalle, ci siamo appena seduti ma ci alziamo di scatto e vediamo che dalle piante è sbucato un militare con un poncho verde mimetico, per questo forse non l'avevamo visto ma sta sbraitando e punta il mitra verso di noi. Ci giriamo per cercare il nostro negro che ci faccia da traduttore, ma è già a due o trecento metri di distanza che corre sciancato come un pazzo. Il tizio continua urlare e a questo punto ci girano i coglioni e Thomas gli bestemmia addosso e cominciamo a urlargli noi che cazzo vuole.
Alla fine ci fa intendere che lì, su quel muretto di merda, che cinge quel giardino di merda, di quel palazzo di merda che neanche a San Domenico e Udine ce ne sono di così orrendi, noi non possiamo sederci perché è di Fidel, è tutto di Fidel, tutto è di quel coglione di Fidel e ci urliamo a vicenda e lui col mitra ci intima di andarcene e noi con le mani lo mandiamo a fare in culo urlandogli insulti e bestemmie a non finire, a lui e a tutta quella piazza di merda, e ce ne andiamo.
Andiamo a cercare il nostro negro, lo troviamo, e di quella zona ci siamo rotti il cazzo perché a noi DEL CHE e di FIDEL non frega un cazzo.
Saliamo allora in un taxi.
E anche i taxi riservano una sorpresa: ci osno quelli per turisti, e quelli per il popolo. E i due sono preclusi ai due. Ovvero i turisti non possono salire nei taxi del popolo, e il popolo non può salire nei taxi per turisti. Che fare allora col nostro negro? Facile, ci dice lui: "Io mi stendo dietro per terra". Ed è così che ci facciamo un giro in taxi con il nostro povero negro steso per terra sotto i nostri piedi che ogni tanto ci spiega cosa stiamo attraversando perché la città la conosce a memoria, e arriviamo in centro.
Appena scesi in centro il nostro negro ci spiega come comportarci: ovvero, ci fornisce la sua storia di copertura perché lì lui non può stare con noi perché è zona di turisti. Per cui quando la polizia ci fermerà (ci dice così, lo da per scontato, ma alla fine non succederà) noi dovremo dire che siamo amici di sua sorella che è sposata in Italia e siamo venuti lì e abbiamo chiesto di lui perché ce lo ha detto lui. Ci da nomi, informazioni, date, e via dicendo, facendoci intendere che non è una storia per lui nuova. E che non è una cagata, per lui.
Lì finisci in galera. Per qualsiasi coglionata. Lì non sei nessuno, i cubani (negri) a Cuba non sono nessuno.
E ora parliamo dei negri: i cubani sono razzisti. Per tutto il tempo nelle zone povere abbiamo visto negri. I creoli non sono poveri, o meglio non tutti. I poveri sono quasi tutti negri. I creoli perlopiù no, e i bianchi no. I negri vivono in periferia, i creoli quasi no, e i bianchi no. E in centro i negri sono ben pochi, e così il nostro negro diventa appunto il "nostro" negro perché solo se è nostro può stare lì. I militari di truppa sono negri e sono magri e vestiti male; la polizia è grassa e coi vestiti a misura, e non è ovviamente negra.
E' per questo che finora l'ho chiamato così: lui è nostro, e così è al sicuro.
Se è un negro qualunque lì non potrebbe stare, se è con noi diventa nostro e allora lì può stare. Ma serve un motivo.
Passiamo la giornata a camminare su e giù, su e giù per questa merdosa città di merda che potrebbe essere magnifica ma la città la fa la gente che ci vive, e qui la gente è nella merda non fino al collo, ma vi si ritrova sul fondo, sul fondo di un lago di merda profondo e grande quanto il lago di Garda.
Passiamo davanti a un giardino recintato dove sono esposte armi usate nella Revoluciòn! Tu e la tua rivoluzione di merda, cara Cuba, potete andare a cagare. Faccio foto di nascosto perché come punto la macchina fotografica verso dei cannoni pietosi messi lì a mostra dei turisti, il paradosso del regime vuole che puoi vederli ma non fotografarli.
Soprattutto che non vi capiti a Cuba di puntare per sbaglio la macchina fotografica verso un militare o un poliziotto, e siete nella merda e venite insultati, com'è successo a me più volte con quel cannone del cazzo.
In una piazza dove c'è un palazzo che non ricordo - ah si, il Campidoglio! - ci fermiamo sotto a dei portici devastati perché piove. Di fronte a questo palazzo, che è ovviamente un edificio governativo bello e pieno di bandiere ma anche lui fatiscente, davanti al palazzo dei bambini in mutande giocano gettandosi di pancia sui marciapiedi inondati dalla pioggia e dalla merda e scivolando così sull'acqua di pancia. Sono vestiti con sole mutande colorate, e sono scalzi. Sotto le tettoie invece vegetano gli adulti di questa città di merda, tutti negri, tutti sfaccendati, stanno lì a bere birra e a guardare nulla, birra che prendono da un negozio che è semplicemente un buco in un muro che dà su una stanza scalpellata e semi-demolita nella quale c'è solo un frigo pieno di birra e noi ci prendiamo pure una birra e la offriamo al nostro negro, che è veramente una brava persona e ci parla con enfasi di quanto è bella l'Havana (ma dalle sue parole si evince che vorrebbe dire "quanto sarebbe bella se").
Spesso ci si confonde sui Cubani, si pensa che siano fieri e bravi per via che sono cubani, ma sono fieri e bravi perché riescono a sopravvivere in questa situazione di merda.
Il nostro negro ci racconta con enfasi ed orgoglio che lui ha avuto le scuole gratuite e la sanità e da bambino non gli servono soldi perché aveva istruzione e sanità, e hai voglia a dirgli che i soldi non servono solo a quello ma per poterti comprare delle scarpe dei vestiti e non a sopravvivere, insomma, ma a vivere. Non capisce. Non capisce.
Facciamo un giro per la città vecchia, ed è veramente vecchia e malridotta.
Da una porta di una serie di catapecchie a schiera esce una ragazza bella ma vestita male che ci cheide se vogliamo scopare: dietro di lei un uomo, che forse è suo padre o suo marito, siede in un materasso a terra e guarda la tv, sarà a non più di due metri da lei ma non si volta neanche. Lei ci indica una tenda che forse cela la stanza dove la dà via per due soldi.
Le puttane possono accettare il pueblo convertible, ce l'ha spiegato il negro. Perché le puttane sono statali. Altrimenti non farebbero le puttane, perché se fai la puttana non a carico dello stato finisci dritta in galera. Il negro ci aveva anche detto che le puttane possono fare le puttane solo nella loro zona, se una viene trovata fuori dalla sua zona diventa immediatamente puttana illegale e va in galera. E' una cosa che mi avevano già detto degli amici, ma il fatto che questo negro ce lo racconti così, come io racconto ad un amico cos'è un fruttivendolo, ci fa accaponare la pelle. Tra l'altro il negro, quando la vede e sente che noi ci diciamo l'un l'altro che è proprio una bella figa, ci dice di andarci pure che è lecito e lui ci aspetterà.
Passiamo la giornata a camminare su e giù, su e giù per questa merdosa città di merda che potrebbe essere magnifica ma la città la fa la gente che ci vive, e qui la gente è nella merda non fino al collo, ma vi si ritrova sul fondo, sul fondo di un lago di merda profondo e grande quanto il lago di Garda.
Passiamo davanti a un giardino recintato dove sono esposte armi usate nella Revoluciòn! Tu e la tua rivoluzione di merda, cara Cuba, potete andare a cagare. Faccio foto di nascosto perché come punto la macchina fotografica verso dei cannoni pietosi messi lì a mostra dei turisti, il paradosso del regime vuole che puoi vederli ma non fotografarli.
Soprattutto che non vi capiti a Cuba di puntare per sbaglio la macchina fotografica verso un militare o un poliziotto, e siete nella merda e venite insultati, com'è successo a me più volte con quel cannone del cazzo.
In una piazza dove c'è un palazzo che non ricordo - ah si, il Campidoglio! - ci fermiamo sotto a dei portici devastati perché piove. Di fronte a questo palazzo, che è ovviamente un edificio governativo bello e pieno di bandiere ma anche lui fatiscente, davanti al palazzo dei bambini in mutande giocano gettandosi di pancia sui marciapiedi inondati dalla pioggia e dalla merda e scivolando così sull'acqua di pancia. Sono vestiti con sole mutande colorate, e sono scalzi. Sotto le tettoie invece vegetano gli adulti di questa città di merda, tutti negri, tutti sfaccendati, stanno lì a bere birra e a guardare nulla, birra che prendono da un negozio che è semplicemente un buco in un muro che dà su una stanza scalpellata e semi-demolita nella quale c'è solo un frigo pieno di birra e noi ci prendiamo pure una birra e la offriamo al nostro negro, che è veramente una brava persona e ci parla con enfasi di quanto è bella l'Havana (ma dalle sue parole si evince che vorrebbe dire "quanto sarebbe bella se").
Spesso ci si confonde sui Cubani, si pensa che siano fieri e bravi per via che sono cubani, ma sono fieri e bravi perché riescono a sopravvivere in questa situazione di merda.
Il nostro negro ci racconta con enfasi ed orgoglio che lui ha avuto le scuole gratuite e la sanità e da bambino non gli servono soldi perché aveva istruzione e sanità, e hai voglia a dirgli che i soldi non servono solo a quello ma per poterti comprare delle scarpe dei vestiti e non a sopravvivere, insomma, ma a vivere. Non capisce. Non capisce.
Facciamo un giro per la città vecchia, ed è veramente vecchia e malridotta.
Da una porta di una serie di catapecchie a schiera esce una ragazza bella ma vestita male che ci cheide se vogliamo scopare: dietro di lei un uomo, che forse è suo padre o suo marito, siede in un materasso a terra e guarda la tv, sarà a non più di due metri da lei ma non si volta neanche. Lei ci indica una tenda che forse cela la stanza dove la dà via per due soldi.
Le puttane possono accettare il pueblo convertible, ce l'ha spiegato il negro. Perché le puttane sono statali. Altrimenti non farebbero le puttane, perché se fai la puttana non a carico dello stato finisci dritta in galera. Il negro ci aveva anche detto che le puttane possono fare le puttane solo nella loro zona, se una viene trovata fuori dalla sua zona diventa immediatamente puttana illegale e va in galera. E' una cosa che mi avevano già detto degli amici, ma il fatto che questo negro ce lo racconti così, come io racconto ad un amico cos'è un fruttivendolo, ci fa accaponare la pelle. Tra l'altro il negro, quando la vede e sente che noi ci diciamo l'un l'altro che è proprio una bella figa, ci dice di andarci pure che è lecito e lui ci aspetterà.
La cosa assurda è che non capisce perché non ci andiamo. E' anormale. Perché non andare a scoparsi una giovane puttana a fianco del marito/padre per pochi dollari?
Fanculo. Andiamo avanti.
In un'altra via una tipa con un neonato in braccio ci fa il segno universale del pompino e ci mostra il culo per andare a scoparla da qualche parte, mentre il neonato agita le mani nell'aria.
E' un incubo.
Andiamo in quel famoso bar del Buena Vista ed è una buena vista un cazzo e ormai dopo una giornata così le nostre palle girano vorticosamente per il nervoso e soprattutto l'angoscia, e la via in cui si trova, piena di acquitrini e lercia, ci fa passare anche la voglia di bere.
Andiamo a cena, mangiamo aragosta, ci facciamo fare una foto dal nostro amico negro ma al momento di pagare abbiamo finito i soldi e non possiamo pagare in euro, non li accetta: solo Peso Convertibile o Dollari, neanche carte. Dio boia che fare? Uno di noi può restare in ostaggio e l'altro andare a prelevare, ma il nostro negro si offre di accompagnarci in albergo, prelevare, e poi passa lui a pagare. Ok il negro finora è stato buono è gentile ma mica noi siamo idioti, non è che ci fidiamo tanto. Non vogliamo finire nei casini perché lui si intasca i nostro soldi e ci denunciano per furto, perché magari la storia che lui da noi non vuole soldi è una balla.
In sua "difesa" (ovvero ad attestare che siamo in un regime agghiacciante) interviene il gestore del "ristorante": ci dice di fidarci, perché se il negro prova a fare una cosa simile finisce davanti al plotone di esecuzione, e lui gli sarà presumibilmente a fianco!
Sticazzi... E così partiamo, andiamo in albergo a prelevare e ovviamente lui si ferma fuori perché non può entrare. In albergo ci sono le guardie armate alla porta per bloccare i peones negri e lasciar passare le puttane ufficiali. Gli diamo i soldi e lui riparte e siamo d'accordo che tornerà perché vogliamo fargli un regalo.
Parte, e noi andiamo a comprare delle scarpe: non possiamo comprargli dei modelli troppo vistosi, o gliele sequestreranno. Ce lo ha chiesto chiaramente. Prendiamo un paio abbastanza anonimo, e dopo un po' siamo al bar a bere e vediamo una delle guardie che strattona un negro per lanciarlo fuori dalla porta e ci accorgiamo che è il nostro povero negro sciancato e corriamo verso di loro e diciamo al poliziotto che è con noi e lui grugnendo ci dice di andare tutti fuori se vogliamo parlargli, il negro non può entrare, e se ne va. Il nostro negro è venuto con sua moglie per farcela conoscere, ninino. Gli regaliamo le scarpe si mette a piangere e le nasconde, una lui e una sua moglie, e ci ringrazia e dice che arriverà a casa e le sporcherà e rovinerà ma saranno comunque meglio delle sue.
Addio, negro. Ci salutiamo, e lui torna alla sua vita di schiavitù e noi andiamo a dormire pieno di risentimento e angoscia.
CAYO STO-CAZZO
Partiamo il giorno dopo per Cayo Qualcosa su un aereo a elica tristissimo, e dopo un giro panoramico scendiamo e arriviamo nel nostro villaggio che scopriamo essere in una penisola disabitata e selvaggia e lontana decine e decine di km dal posto di blocco che evita la circolazione del popolo verso quella penisola, dove sono ammessi, e perquisiti, solo gli operatori che lavorano nel villaggio.
Comicniamo bene dio boia. Malediciamo la tipa dell'agenzia di Codroipo, e questa isola di merda.
Vabbé. Comunque racconto a Thomas della figata di un all-inclusive, alcol a volontà, gli racconto di Santo Domingo coi baristi che ridono con noi e bevono con noi, che ci cambiano la birra appena diventa "mucho caliente", che il margarita lo fanno col cuore e anche quello appena il ghiaccio un po' si scioglie lo buttano e te ne versano un altro e ti ritrovi a bere sempre un bicchiere fresco e la festa e la minchia e la mazza... Andiamo in camera, appoggiamo i bagagli e in costume partiamo per andare al bar. Al bar però non c'è nessuno allegro. Anzi... le facce sono tristi, musone, e mantengono le distanze di continuo. Sia al bar davanti al ristorante, sia al bar nella hall dell'albergo.
Andiamo in spiggia, e la situazione è la stessa. Non è neanche di qualità come quello di Santo Domingo, ma la differenza di spirito lo fa sembrare ancora più triste. Inoltre se gli chiedi 20 birre stentano a dartele, anche se gli assicuri che le bevi tutte, e dobbiamo insistere facendo vedere il nostro braccialetto.
Un inglese che fa la doccia si toglie la pelle bruciata dal sole, sbronzo, urlandoci "This is life", e un italiano che fa l'intrattenitore viene immediatamente a parlarci della figa cubana, delle scopate, e ci invita a giocare a pallavolo e che si scopa qua là destra e sinistra ma lo evitiamo come la peste e alla fine per fortuna la capisce e non ci caga per il resto della vacanza.
Il giorno dopo primo scontro con i cubani: le tipe delle pulizie della stanza entrano mentre noi usciamo, ma subito ci corrono dietro terrorizzate dicendoci di chiudere la cassaforte. Noi gli diciamo che è vuota e quindi è inutile chiuderla, ma loro terrorizzate ci dicono che "la sicurezza" le obbliga a non entrare dove ci sono cassaforti aperte. Bo, la chiudiamo e andiamo al bar.
I restanti giorni li passiamo a bere, dormire, prendere il sole, fumare, fare bagni infiniti, bere, bere, mangiare, dormire, bere, fare bagni, dormire.
Un giorno proviamo a uscire dalla hall sulla strada per vedere com'è fuori, e fuori... c'è la foresta, e nientepopodimenoche IL MACELLO DEL VILLAGGIO! Le mucche pascolano spensierate nel recinto dall'altra parte della strada mentre a un centinaio di metri le ciminiere del macello fumano e sfornano bistecche incredibili. La visione è inquietnate. Andiamo verso il noleggio auto ma scopriamo che il tipo, mnaleducatissimo, ci chiede oltre 100 euro per il noleggio, visti i molti km da fare, e lo mandiamo a fare in culo.
Inoltre ci invita a rientrare in villaggio perché fuori non è permesso camminare alla cazzo.
Sarà di Fidel.... dioboia.
La sera il villaggio viene invaso dalle zanzare, a migliaia arrivano dalla foresta che circonda il villaggio e copre la penisola di cayo-sta-minchia. Ad un certo punto un aereo biplano sorvola il cielo bassissimo, io e Thomas lo guardiamo perché sembra uscito da un film in bianco e nero! E' fichissimo, e vola veramente basso, amgnifico sarà a 50 mt dal suolo! Quando ci passa sopra lo stiamo guardando ma di colpo le lenti a contatto cominciano a frizzare e noi a tossire e gli occhi bruciano... porca troia quel cazzo di aereo butta DDT direttamente sul villaggio, sulle bibite, sui piatti, sulle nostre facce... Un altro tizio arriva con una specie di soffiatore per pulire i giardini ma ha un motore a scoppio e comincia a espellere fumo, un fumo densissimo che lo avvolge completamente e viene verso di noi che siamo ancora a tossire e col fumo non si vede più un cazzo e neanche si respira, sembra un incendio, e quel tizio se ne sta in mezzo al fumo senza neanche un occhiale o una mascherina, e quando se ne va sembra abbia 10 anni di più! Fuggiamo verso il bar.
Al bar del ristorante passiamo molto tempo. Facciamo sempre tardi e non riusciamo mai a fare colazione, ma chi cazzo se ne frega abbiamo l'all-inclusive per cui andiamo sempre lì. Mangiamo toast, e beviamo molta birra. Alla fine riusciamo a rompere la ritrosia dei due tizi che si alternano.
Sono loro che ci fanno scoprire le telecamere: sono camuffate da lampioni. 24 ore su 24 controllano tutto, e tutti, e intendiamo il personale. Ora capiamo la paura delle tizie delle pulizie.
Impariamo a riconoscerle, e le troviamo in giro per tutto il villaggio.
Ovviamente anche a lui tentiamo di dare la mancia, ma non c'è verso. E tra l'altro la prima volta che gliela diamo lui si terrorizza e la restituisce con gesto plateale ed è proprio così che ci racconta, sussurrando, delle telecamere.
Tentiamo allora di offrirgli una birra affinché beva una cosa con noi, visto che è sudato in acqua, e dopo molte insistenze riusciamo a fare in modo che riesca a nasconderne una dietro il banco e di colpo si china a terra a la beve in un sorso di nascosto.
Ovviamente non è così che volevamo bere uan cosa assieme. Io e Thomas ci guardiamo, e non serve dire che entrambi, a questo punto, a parte il mare e il non lavorare vorremmo già essere a casa.
Ma il peggio deve ancora venire.
In questo bar lavora anche un altro tizio, un po' più allegro. Il motivo è che sta con una ragazza italiana, che riesce a vedere ogni tanto di nascosto. Ci racconta che chi lavora in quel villaggio al mattimo arriva dalla terraferma, passa un controllo di sicurezza con perquisizione e su un autobus apposito ragiunge il villaggio, fa il suo turno, e alla fine riprende l'autobus, di nuovo perquisizione, e poi può tornare a casa. Tra i viaggio, la perquisizione e le ore di lavoro non gli resta molto tempo per se... Tutti così, nessuno in pratica dorme nel villaggio turistico, gli è vietato fermarsi, parlare, fraternizzare, e via dicendo. Oltre a raccogliere mance, o farsi offrire da bere, questo è ormai scontato.
Insomma, sto tizio però è più allegro perché questa ragazza con cui sta da un anno circa mi pare di ricordare, gli ha promesso che lo porterà in Italia, e sta già vedendo come fare.
Ad un certo punto ci dice che lei gli ha regalato di nascosto un cellulare con delle sue foto, e vuole farcele vedere. Con la scusa di portarci da bere al tavolo (siamo gli unici avventori in quel momenti), pulirlo, e prendere altre ordinazioni, di nascosto coprendosi dalla telecamere estrae il cellulare e ci fa vedere le foto. La cosa dura un minuto al massimo, poi per non destare sospetti ritorna col cellulare e il vassoio al bar.
Neanche cinque minuti e un cubano grosso e incazzato arriva come una furia. Ci passa davanti, noi pensando fosse un altro dipendente del bar lo salutiamo sorridendogli con cordialità ma lui non sono non risponde, ma ci guarda pure male, e si dirige dietro il bar, prende il tipo - che lo sta guardando con gli occhi sgranati - per il colletto e lo porta dietro dove comincia a urlargli di tutto. DOpo un po' ripassa, lo risalutiamo ma ci risponde con un grugnito mandandoci a cagare e poco dopo andiamo al banco dove il nostro amico è ricomparso: è bianco come un cencio, ha palesemente pianto e anche ora si sta trattenendo a malapena e continua a dire, un po' a noi un po' da solo, "Oddio che mi abbia visto?" o "Mi avranno scoperto?" e "Andrò in galera"...... Il resto della giornata non ci rivolge più la parola e se ne sta un po' in disparte. Andiamo al mare, e quando torniamo lui non c'è più. Avrebbe dovuto esserci, perché faceva tutto il giorno, invece è comparso e c'è un altro tipo che sta zitto e non ci parla e ci tratta con deferenza.
Per il resto della vacanza non vediamo più il nostro caro amico del cellulare, e non sapremo mai che fine ha fatto.
Col cuore pesante continuiamo la vacanza a suon di birra, pizza all'ananas, bagni, la TV che di continuo mostra Fidel, i presentatori sono splendidi e sempre bianchi, i negri in tv praticamente non esistono, Fidel e Chavez che fanno comizi di continuo, e una rivista che si chiama "MAS!" continua a inquietarci ogni volta che andiamo da qualche parte perché è appoggiata dappertutto.
Ecco, questa è la Cuba che io ho visto.
Non sono andato là per scopare, non mi interessava: sono andato là per rilassarmi, in ferie, e riposarmi nella decantata allegria dei Caraibi. Ne sono tornato sconvolto.
Che arrivino gli americani col loro capitalismo sfrenato. A quello si portano obiezioni di teoria, alla Cuba che ho visto si portano invece obiezioni etiche.
Ovviamente, mi hanno spaccato il cazzo tutti.
Dovevo andare là per scopare, non per vedere e parlare; dovevo andare là per ubriacarmi col soldo occidentale, non per vedere e parlare. Dovevo fare tutto ciò che mi permette di fare il mio soldo in un paese povero, è questo il punto.
Pensavo, a un certo punto, di essermi sbagliato, di aver visto solo una parte, e di aver recepito informazioni errate o esagerate, anche se il fatto che non fossero mirate a ricevere elemosina, visto che non potevo darla, giocava a mio favore.
Per fortuna che alcuni anni dopo mi venne incontro il National Geographic con un articolo che riepilogava in toto ciò che io avevo percepito di Cuba. Tutto, dalla prima all'ultima cosa, ed anzi, era anche peggio perché loro sapevano cose che io in 10 giorni non avevo potuto vedere.
Il capitalismo ha molti difetti.
Gli USA ne hanno tanti.
Ma Cuba è una gran merda.
Cuba è schiavista, è razzista, è dittatoriale, Cuba ha nella pratica tutto ciò che i comunisticoli dicono che gli USA hanno nella teoria.
AGGIUNTA TARDA: ho notato che ho dimenticato un piccolo particolare! Quando io e Thomas ci siamo tolti il braccialetto che ci indicava come clienti all inclusive, l'abbiamo tagliato, e per caso ci è caduto l'occhio su una scritta sul retro che diceva "Made in California, USA". Credete a me, Guantanamo è l'ultimo scandalo di Cuba! Il primo scandalo di Cuba, è Cuba!
Fanculo. Andiamo avanti.
In un'altra via una tipa con un neonato in braccio ci fa il segno universale del pompino e ci mostra il culo per andare a scoparla da qualche parte, mentre il neonato agita le mani nell'aria.
E' un incubo.
Andiamo in quel famoso bar del Buena Vista ed è una buena vista un cazzo e ormai dopo una giornata così le nostre palle girano vorticosamente per il nervoso e soprattutto l'angoscia, e la via in cui si trova, piena di acquitrini e lercia, ci fa passare anche la voglia di bere.
Andiamo a cena, mangiamo aragosta, ci facciamo fare una foto dal nostro amico negro ma al momento di pagare abbiamo finito i soldi e non possiamo pagare in euro, non li accetta: solo Peso Convertibile o Dollari, neanche carte. Dio boia che fare? Uno di noi può restare in ostaggio e l'altro andare a prelevare, ma il nostro negro si offre di accompagnarci in albergo, prelevare, e poi passa lui a pagare. Ok il negro finora è stato buono è gentile ma mica noi siamo idioti, non è che ci fidiamo tanto. Non vogliamo finire nei casini perché lui si intasca i nostro soldi e ci denunciano per furto, perché magari la storia che lui da noi non vuole soldi è una balla.
In sua "difesa" (ovvero ad attestare che siamo in un regime agghiacciante) interviene il gestore del "ristorante": ci dice di fidarci, perché se il negro prova a fare una cosa simile finisce davanti al plotone di esecuzione, e lui gli sarà presumibilmente a fianco!
Sticazzi... E così partiamo, andiamo in albergo a prelevare e ovviamente lui si ferma fuori perché non può entrare. In albergo ci sono le guardie armate alla porta per bloccare i peones negri e lasciar passare le puttane ufficiali. Gli diamo i soldi e lui riparte e siamo d'accordo che tornerà perché vogliamo fargli un regalo.
Parte, e noi andiamo a comprare delle scarpe: non possiamo comprargli dei modelli troppo vistosi, o gliele sequestreranno. Ce lo ha chiesto chiaramente. Prendiamo un paio abbastanza anonimo, e dopo un po' siamo al bar a bere e vediamo una delle guardie che strattona un negro per lanciarlo fuori dalla porta e ci accorgiamo che è il nostro povero negro sciancato e corriamo verso di loro e diciamo al poliziotto che è con noi e lui grugnendo ci dice di andare tutti fuori se vogliamo parlargli, il negro non può entrare, e se ne va. Il nostro negro è venuto con sua moglie per farcela conoscere, ninino. Gli regaliamo le scarpe si mette a piangere e le nasconde, una lui e una sua moglie, e ci ringrazia e dice che arriverà a casa e le sporcherà e rovinerà ma saranno comunque meglio delle sue.
Addio, negro. Ci salutiamo, e lui torna alla sua vita di schiavitù e noi andiamo a dormire pieno di risentimento e angoscia.
CAYO STO-CAZZO
Partiamo il giorno dopo per Cayo Qualcosa su un aereo a elica tristissimo, e dopo un giro panoramico scendiamo e arriviamo nel nostro villaggio che scopriamo essere in una penisola disabitata e selvaggia e lontana decine e decine di km dal posto di blocco che evita la circolazione del popolo verso quella penisola, dove sono ammessi, e perquisiti, solo gli operatori che lavorano nel villaggio.
Comicniamo bene dio boia. Malediciamo la tipa dell'agenzia di Codroipo, e questa isola di merda.
Vabbé. Comunque racconto a Thomas della figata di un all-inclusive, alcol a volontà, gli racconto di Santo Domingo coi baristi che ridono con noi e bevono con noi, che ci cambiano la birra appena diventa "mucho caliente", che il margarita lo fanno col cuore e anche quello appena il ghiaccio un po' si scioglie lo buttano e te ne versano un altro e ti ritrovi a bere sempre un bicchiere fresco e la festa e la minchia e la mazza... Andiamo in camera, appoggiamo i bagagli e in costume partiamo per andare al bar. Al bar però non c'è nessuno allegro. Anzi... le facce sono tristi, musone, e mantengono le distanze di continuo. Sia al bar davanti al ristorante, sia al bar nella hall dell'albergo.
Andiamo in spiggia, e la situazione è la stessa. Non è neanche di qualità come quello di Santo Domingo, ma la differenza di spirito lo fa sembrare ancora più triste. Inoltre se gli chiedi 20 birre stentano a dartele, anche se gli assicuri che le bevi tutte, e dobbiamo insistere facendo vedere il nostro braccialetto.
Un inglese che fa la doccia si toglie la pelle bruciata dal sole, sbronzo, urlandoci "This is life", e un italiano che fa l'intrattenitore viene immediatamente a parlarci della figa cubana, delle scopate, e ci invita a giocare a pallavolo e che si scopa qua là destra e sinistra ma lo evitiamo come la peste e alla fine per fortuna la capisce e non ci caga per il resto della vacanza.
Il giorno dopo primo scontro con i cubani: le tipe delle pulizie della stanza entrano mentre noi usciamo, ma subito ci corrono dietro terrorizzate dicendoci di chiudere la cassaforte. Noi gli diciamo che è vuota e quindi è inutile chiuderla, ma loro terrorizzate ci dicono che "la sicurezza" le obbliga a non entrare dove ci sono cassaforti aperte. Bo, la chiudiamo e andiamo al bar.
I restanti giorni li passiamo a bere, dormire, prendere il sole, fumare, fare bagni infiniti, bere, bere, mangiare, dormire, bere, fare bagni, dormire.
Un giorno proviamo a uscire dalla hall sulla strada per vedere com'è fuori, e fuori... c'è la foresta, e nientepopodimenoche IL MACELLO DEL VILLAGGIO! Le mucche pascolano spensierate nel recinto dall'altra parte della strada mentre a un centinaio di metri le ciminiere del macello fumano e sfornano bistecche incredibili. La visione è inquietnate. Andiamo verso il noleggio auto ma scopriamo che il tipo, mnaleducatissimo, ci chiede oltre 100 euro per il noleggio, visti i molti km da fare, e lo mandiamo a fare in culo.
Inoltre ci invita a rientrare in villaggio perché fuori non è permesso camminare alla cazzo.
Sarà di Fidel.... dioboia.
La sera il villaggio viene invaso dalle zanzare, a migliaia arrivano dalla foresta che circonda il villaggio e copre la penisola di cayo-sta-minchia. Ad un certo punto un aereo biplano sorvola il cielo bassissimo, io e Thomas lo guardiamo perché sembra uscito da un film in bianco e nero! E' fichissimo, e vola veramente basso, amgnifico sarà a 50 mt dal suolo! Quando ci passa sopra lo stiamo guardando ma di colpo le lenti a contatto cominciano a frizzare e noi a tossire e gli occhi bruciano... porca troia quel cazzo di aereo butta DDT direttamente sul villaggio, sulle bibite, sui piatti, sulle nostre facce... Un altro tizio arriva con una specie di soffiatore per pulire i giardini ma ha un motore a scoppio e comincia a espellere fumo, un fumo densissimo che lo avvolge completamente e viene verso di noi che siamo ancora a tossire e col fumo non si vede più un cazzo e neanche si respira, sembra un incendio, e quel tizio se ne sta in mezzo al fumo senza neanche un occhiale o una mascherina, e quando se ne va sembra abbia 10 anni di più! Fuggiamo verso il bar.
Al bar del ristorante passiamo molto tempo. Facciamo sempre tardi e non riusciamo mai a fare colazione, ma chi cazzo se ne frega abbiamo l'all-inclusive per cui andiamo sempre lì. Mangiamo toast, e beviamo molta birra. Alla fine riusciamo a rompere la ritrosia dei due tizi che si alternano.
Sono loro che ci fanno scoprire le telecamere: sono camuffate da lampioni. 24 ore su 24 controllano tutto, e tutti, e intendiamo il personale. Ora capiamo la paura delle tizie delle pulizie.
Impariamo a riconoscerle, e le troviamo in giro per tutto il villaggio.
Ovviamente anche a lui tentiamo di dare la mancia, ma non c'è verso. E tra l'altro la prima volta che gliela diamo lui si terrorizza e la restituisce con gesto plateale ed è proprio così che ci racconta, sussurrando, delle telecamere.
Tentiamo allora di offrirgli una birra affinché beva una cosa con noi, visto che è sudato in acqua, e dopo molte insistenze riusciamo a fare in modo che riesca a nasconderne una dietro il banco e di colpo si china a terra a la beve in un sorso di nascosto.
Ovviamente non è così che volevamo bere uan cosa assieme. Io e Thomas ci guardiamo, e non serve dire che entrambi, a questo punto, a parte il mare e il non lavorare vorremmo già essere a casa.
Ma il peggio deve ancora venire.
In questo bar lavora anche un altro tizio, un po' più allegro. Il motivo è che sta con una ragazza italiana, che riesce a vedere ogni tanto di nascosto. Ci racconta che chi lavora in quel villaggio al mattimo arriva dalla terraferma, passa un controllo di sicurezza con perquisizione e su un autobus apposito ragiunge il villaggio, fa il suo turno, e alla fine riprende l'autobus, di nuovo perquisizione, e poi può tornare a casa. Tra i viaggio, la perquisizione e le ore di lavoro non gli resta molto tempo per se... Tutti così, nessuno in pratica dorme nel villaggio turistico, gli è vietato fermarsi, parlare, fraternizzare, e via dicendo. Oltre a raccogliere mance, o farsi offrire da bere, questo è ormai scontato.
Insomma, sto tizio però è più allegro perché questa ragazza con cui sta da un anno circa mi pare di ricordare, gli ha promesso che lo porterà in Italia, e sta già vedendo come fare.
Ad un certo punto ci dice che lei gli ha regalato di nascosto un cellulare con delle sue foto, e vuole farcele vedere. Con la scusa di portarci da bere al tavolo (siamo gli unici avventori in quel momenti), pulirlo, e prendere altre ordinazioni, di nascosto coprendosi dalla telecamere estrae il cellulare e ci fa vedere le foto. La cosa dura un minuto al massimo, poi per non destare sospetti ritorna col cellulare e il vassoio al bar.
Neanche cinque minuti e un cubano grosso e incazzato arriva come una furia. Ci passa davanti, noi pensando fosse un altro dipendente del bar lo salutiamo sorridendogli con cordialità ma lui non sono non risponde, ma ci guarda pure male, e si dirige dietro il bar, prende il tipo - che lo sta guardando con gli occhi sgranati - per il colletto e lo porta dietro dove comincia a urlargli di tutto. DOpo un po' ripassa, lo risalutiamo ma ci risponde con un grugnito mandandoci a cagare e poco dopo andiamo al banco dove il nostro amico è ricomparso: è bianco come un cencio, ha palesemente pianto e anche ora si sta trattenendo a malapena e continua a dire, un po' a noi un po' da solo, "Oddio che mi abbia visto?" o "Mi avranno scoperto?" e "Andrò in galera"...... Il resto della giornata non ci rivolge più la parola e se ne sta un po' in disparte. Andiamo al mare, e quando torniamo lui non c'è più. Avrebbe dovuto esserci, perché faceva tutto il giorno, invece è comparso e c'è un altro tipo che sta zitto e non ci parla e ci tratta con deferenza.
Per il resto della vacanza non vediamo più il nostro caro amico del cellulare, e non sapremo mai che fine ha fatto.
Col cuore pesante continuiamo la vacanza a suon di birra, pizza all'ananas, bagni, la TV che di continuo mostra Fidel, i presentatori sono splendidi e sempre bianchi, i negri in tv praticamente non esistono, Fidel e Chavez che fanno comizi di continuo, e una rivista che si chiama "MAS!" continua a inquietarci ogni volta che andiamo da qualche parte perché è appoggiata dappertutto.
Ecco, questa è la Cuba che io ho visto.
Non sono andato là per scopare, non mi interessava: sono andato là per rilassarmi, in ferie, e riposarmi nella decantata allegria dei Caraibi. Ne sono tornato sconvolto.
Che arrivino gli americani col loro capitalismo sfrenato. A quello si portano obiezioni di teoria, alla Cuba che ho visto si portano invece obiezioni etiche.
Ovviamente, mi hanno spaccato il cazzo tutti.
Dovevo andare là per scopare, non per vedere e parlare; dovevo andare là per ubriacarmi col soldo occidentale, non per vedere e parlare. Dovevo fare tutto ciò che mi permette di fare il mio soldo in un paese povero, è questo il punto.
Pensavo, a un certo punto, di essermi sbagliato, di aver visto solo una parte, e di aver recepito informazioni errate o esagerate, anche se il fatto che non fossero mirate a ricevere elemosina, visto che non potevo darla, giocava a mio favore.
Per fortuna che alcuni anni dopo mi venne incontro il National Geographic con un articolo che riepilogava in toto ciò che io avevo percepito di Cuba. Tutto, dalla prima all'ultima cosa, ed anzi, era anche peggio perché loro sapevano cose che io in 10 giorni non avevo potuto vedere.
Il capitalismo ha molti difetti.
Gli USA ne hanno tanti.
Ma Cuba è una gran merda.
Cuba è schiavista, è razzista, è dittatoriale, Cuba ha nella pratica tutto ciò che i comunisticoli dicono che gli USA hanno nella teoria.
AGGIUNTA TARDA: ho notato che ho dimenticato un piccolo particolare! Quando io e Thomas ci siamo tolti il braccialetto che ci indicava come clienti all inclusive, l'abbiamo tagliato, e per caso ci è caduto l'occhio su una scritta sul retro che diceva "Made in California, USA". Credete a me, Guantanamo è l'ultimo scandalo di Cuba! Il primo scandalo di Cuba, è Cuba!
Il Bostro-X, lì 26/06/2005
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