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Marocco: Sanchez Marocchino agosto 2015

CATEGORIA GALLERIA: VIAGGI

Introduzione

Doveva essere un viaggio tranquillo, movimentato solo dall'estivo sole africano e dalla birra bevuta a mollo in piscina, e invece... guadi, fango, tempeste, e freddo! Insomma, la solita avventura Sanchez!
Da tanto volevo scrivere il report di questo viaggio, per me una specie di canto del cigno, invece non ne ho mai fatto nulla.
Perché? Per il tempo, ovviamente, che manca di continuo, e perché in questo viaggio, privo di preparazione e introduzioni, e finito ancora più in fretta, i ricordi non si sono fissati bene e difficilmente riuscivo a raccapezzarmi e ordinare le scene che ho impresse nella memoria.
E' stato un viaggio duro: non tanto per le condizioni meteo, comunque. Siamo andati in Marocco in Agosto con l'idea di fare un viaggio tra piscine e montagne brulle e secche, e ci siamo trovati ad attraversare un paese devastato da inondazioni, ci siamo persi, abbiamo rischiato di essere travolti da un torrente in piena, abbiamo preso tanto di quel freddo e di quella pioggia che da quel viaggio non la voglio proprio più neanche incrociare nella mia strada di motociclista, abbiamo visto paesi ricoperti di fango e crollati e siamo passati per posti dove poco dopo la gente moriva annegata. Non avevo un bel sentimento dentro di me, in realtà, mi sentivo proprio un intruso fuoriluogo.
E' stato per me un viaggio duro, ancora di più, perché mi sono reso conto che questi viaggi non posso più farli; le "responsabilità" ormai li vietano categoricamente. Abbiamo più e più volte rischiato grosso: io anche una piccola frattura o malessero però non posso più permettermeli. Devo essere al lavoro perennemente, di continuo, in salute e in malattia come un matrimonio eccessivamente fedele.
Ricordavo ogni giorno che ero là quando, nel 2011 dopo il dramma del malleolo, dovevo correre su e giù per il capannone della mia azienda con il gesso e la gamba fratturata che infatti, poi, rimarrà piuttosto mal messa, e soprattutto quanto ne patii sul lavoro, inefficiente e poco disponibile. Ogni volta che in Marocco rischiavamo qualcosa tornavo col pensiero al lavoro, e non ho niente da vergognarmi a dire che più volte fui una pigna in culo per gli altri miei compagni di viaggio che però, comunque fosse andata, avrebbero potuto giocare la carta "malattia" con lo stipendio assicurato, mentre io lavoratore indipendente nella magnifica Italia non posso richiedere nulla di tutto ciò, ma solo patire e pagare le tasse che ormai si prendono buona parte dei guadagni...
Questo mi rovinò gran parte del viaggio, questa angoscia mi salì alla coscienza il secondo giorno di viaggio e mi accompagnò perennemente, sempre più pesante e pressante fino a farmi desiderare sempre più che il viaggio finisse.
Il seguente brano lo scrissi su Facebook qualche giorno dopo il ritorno, si riferisce alle foto col vecchio del villaggio che trovate più sotto.
Restiamo bloccati un pomeriggio di fronte a un fiume che ha invaso la strada. Questa alluvione comincia a diventare non solo una rottura di coglioni, ma un problema, un pericoloso problema. Siamo bloccati, tornare indietro è un azzardo perché forse le strade non sono più percorribili, e andare avanti non si può. Ed è qui che Snoop Doggy Dog interviene, compare dal nulla e ci scrocca un passaggio in moto che ci ripagherà mostrandoci una "pista" che ci permetterà di passare il fiume guadandolo in un punto più facile. La pista in realtà non esiste e ci troviamo a passare per melme fangose tra i monti fino a un guado fangoso che dopo un po' si abbassa e riusciamo a passare, finendo in un villaggio berbero disperso tra i monti. Siamo completamente fuori strada, e fuori dalle strade più battute. Passati, Snoop ci dice che per ringraziarci l'anziano del villaggio vuole offrirci il tè. Tolte le calzature, entriamo in questa stanza lercia e zeppa di mosche dove veniamo accolti dal cieco e vecchissimo anziano del villaggio (102 anni) che mi bacia la mano e cui io faccio dunque altrettanto. Ci sediamo mentre una ragazza molto bella dai tratti asiatici, tibetani o mongoli, ci offre té, pane, olio, marmellata. Azzarda anche dei bicchieri d'acqua stagnante attinta da un secchio in plastica, che però noi lasciamo in parte, mentre ci abbuffiamo di pane olio e marmellata, come usano fare loro, perché è tutto buonissimo. Non parliamo di molte cose, in francese italiano inglese e berbero, ridiamo e ridiamo mentre il vecchio non capisce una tega e muove uno spolverino per dar fastidio alle centinaia di mosche che ci volano attorno. Alla fine facciamo un'offerta di 50 dirham (5 euro) e ripartiamo da questo villaggio felice abbarbicato sull'Atlante, salutati da tutti gli abitanti che sono solo qualche decina, e con Snoop Doggy Dog seduto dietro Fiky percorriamo i circa 40 km fino al suo villaggio a circa 2.000 mslm sotto una pioggia torrenziale e gelida che chissà perché lui, in caftano velo e sandali, gestisce meglio di noi vestiti come dei cavalieri sfigati. Dopo altri 40 km di patimenti arriviamo, al tramonto, a Imilchil. Una di quelle giornate piene di tensione e rabbia e sfiga che, una volta che si sono concluse senza incidenti, restano nella memoria.
Di seguito trovate anche i collegamento al percorso che abbiamo fatto, con foto di GMaps; ringrazio la potente memoria di Mighe che a distanza di due anni e mezzo l'ha buttato giù su Google Maps, non so proprio come cazzo fa ma vi assicuro che è comodissimo essere in viaggio con lui perché trova sempre la strada. Tranne in Marocco. In Marocco un giorno ha cappellato, e sfrutto l'occasione per raccontare un altro aneddoto.
Non ricordo se era il primo o il secondo giorno, ma ci trovammo in questa vallata tra i monti dove un torrente aveva esondato, era agghiacciante perché incrociavamo di continuo ponti devastati, capanni distrutte, bambini di 6/7 anni al lavoro per spalare il fango dai sentieri. Eravamo quasi senza benzina perché, com'è solito fare Mighe, fare il pieno non è mai indispensabile, neanche quando non sai dove sei, dove stai andando, e in entrambi questi misteriosi posti i distributori sono merce molto rara. Vagavamo per questi sentieri e perdemmo la strada; non sapevamo dove eravamo, né se ci saremmo arrivati per via della benzina, e la Transalp di Fiky dava sempre più problemi e soprattutto beveva come una spugna. Mighe e Fiky continuavano ad andare senza mai fermarsi a controllare se eravamo dietro; Panada era ai primi suoi km di fuoristrada ed era tutta una fangaia e bestemmiava non poco sia per la strada sia per la benzina, io e Manuel lo prevedecamo. La benzina scendeva sempre più, ogni tanto facevo un'accelerata per raggiungere Mighe e dirgli che dietro stavamo rallentando ma niente da fare, proseguiva sempre per la sua strada quel porcodio di ragazzo. La moto di Panada era veramente al minimo e tirò anche una borbottata. La strada era perlopiù in discesa così potevamo farle in folle per risparmiare benza ma così perdevamo sempre più di vista gli altri. A me cominciarono proprio a girare i coglioni perché da sempre, quando si va in gruppo, agli incroci o nei momenti di dubbio l'ultimo deve aspettare il resto del gruppo ma agli incroci o nei momenti dubbi non vedevamo proprio mai né Mighe né Fiky, finché ci trovammo ad un bivio senza sapere cosa fare. Costeggiavamo un fiume, ma c'era una diramazione che risaliva a destra il monte; la diramazione sembrava più frequentata, ma dalla mappa era chiaro che avremmo dovuto continuare a costeggiare il fiume. Nella terra si vedevano tracce di gomme risalire il monte e ci era sempre più chiaro che fossero quelle dei nostri amici, ma mi pareva impossibile che Mighe avesse fatto un errore così stupido: noi dovevamo tornare a valle e i fiumi, finché l'universo resterà così com'è ovvero reale, tornano sempre a valle. La cosa più inquietante è che grazie al fiume l'ambiente era aperto e almeno un suono di motore avrebbe dovuto arrivarci, o avremmo dovuto vederli in lontananza essendo l'alveo in discesa, e invece niente: tutto taceva. Restavamo fermi perché speravamo che prima o poi o sarebbero tornati indietro a vedere di noi - anche se avevamo dei dubbi per via della benzina scarsa - o sarebbero ridiscesi dal monte accortisi dell'errore. Penso che restammo lì una buona mezz'ora dopo la quale decidemmo che avremmo dovuto proseguire. Non c'era altro da fare: la strada giusta era sicuramente seguire il letto del fiume, e sperare di non restare a piedi con la benzina; la mappa segnava un villaggio alcuni km a valle, ma quei villaggi lì sono solitamente accozzaglie di case, e le mappe oltretutto non sempre sono credibili in questi paesi. E come sarebbe stata la strada dopo? C'era stato uno svaso del fiume durante l'allagamento e scendere significava proprio andare nel mezzo del disastro. Le alternative erano due, ed entrambe non rassicuranti. La prima era che gli altri erano andati avanti, e a questo punto o non si fidavano a tornare indietro per via della benzina, nel qual caso o li avremmo trovati fermi più oltre, o forse erano riusciti a fare benzina e sarebbero tornati a cercarci. La seconda era la peggiore: erano saliti per la strada sbagliata, nel qual caso erano fottuti. Non avevamo benzina sufficiente per andare a cercarli, e di andare a piedi non c'era proprio storia, oltretutto il pomeriggio stava andando verso la sera e qui avrebbe fatto molto freddo e non eravamo equipaggiati per passare una notte all'addiaccio al gelo visto che le nostre intenzioni iniziali erano di fare solo sterratini e bagni in piscine di alberghi! Avremmo quindi proseguito la ricerca di benzina e poi avremmo deciso il da farsi, se tornare indietro a cercarli oppure avremmo cercato un qualche tipo di aiuto coi marocchini. Mi misi a costruire per terra una grossa freccia con dei sassi a indicare la direzione che avremmo seguito, e scrissi pure "Mighe": la cosa che più mi dispiace è di non avere una foto di quella freccia! La solita memoria di quel coglione di Mighe (sottolineano perché lo legga bene!) ha rintracciato il punto preciso della freccia, che è proprio questo. Partimmo e proseguimmo lungo fotogrammi di disastro, la strada peggiorava per via dell'allagamento e in alcuni punti c'erano alberi sradicati nel mezzo trascinato nel mezzo, gente che tentava di ripulirla, gente sul ciglio che aspettava chissà quale cazzo di aiuto da parte di Allah o Maometto, c'erano ruspe e trattori tutto risalente ai primi anni dell'invenzione del motore a scoppio e dappertutto c'era fango, per terra sugli alberi sulle casette e sulle persone. A due tizi chiedemmo se avevamo visto altri motociclisti ma beccammo due ritardati del cazzo, cretini stupidi e deficienti, che peraltro erano gli unici in Marocco a non parlare neanche una parola di francese. Alla fine passammo sopra un ponte che il giorno prima era completamente stato sommerso dal fiume impazzito e infatti era ricoperto di fango e detriti e ci fece pure un po' specie a passarci sopra, e raggiungemmo un paesino del cazzo dove come prima cosa non pensammo alla benzina ma a bere qualcosa perché, ovviamente, a inizio giornata non avevamo portato con noi neanche una bottiglietta di acqua e stavamo da ore morendo di sete. Nel giro di un quarto d'ora sentimmo rumore di moto e arrivarono Mighe con Anna e Fiky, e ci confermarono che erano saliti per la strada sbagliata dove poi avevano trovato una zingara pazza che aveva cominciato ad insultarli e a fare strani segni nell'aria come stesse lanciando dei malocchi e loro l'avevano mandata a fare in culo. Ricordo ancora la domanda di Mighe: mi guardò e disse "È stata tua l'idea della freccia di sassi, vero, coglionazzo? Be, grazie". Trovammo benzina al mercato nero che pagammo quasi come in Italia e posso confermare che eravamo veramente al limite dal restare a piedi! Alla fine facemmo il pieno, bevenno acqua e Coca Cola a volontà, e ripartimmo ridendo verso una cittadina che non ricordo qual'era in un albergo che non ricordo com'era ma sicuramente a bere della birra che senza dubbio era buona.
(22 febbraio 2019)
Ecco, quella volta lì è stata una delle volte, come quella di cui sopra, in cui mi sono cacato sotto, anche se più che altro per i poveri Mighe e Anna e Fiky che davo ormai per morti in mezzo al Marocco.

Mi stanno tornando in mente vari ricordi, per cui racconto un altro aneddoto.
Un altro aneddoto è quello del Vecchio del Villaggio che ho già raccontato, ma questo aneddoto si pone all'interno dei Tre Giorni dell'Inferno.
Eravamo ripartiti da non so dove, il meteo era sempre peggio, c'era pioggia vento e freddo, e i fiumi si erano ingrossati. Il giorno prima ci eravamo fermati in un albergo bello, ci avevamo speso non so quanti soldi perché era una giornata magnifica, eravamo presto, al bar avevano birra e c'era la piscina. Ci eravamo arrivati dopo essere scesi in pianura e aver preso una statale per tagliare un pezzetto di strada visto che il meteo ci aveva fatto ritardare, e fare la statale in pianura fu un macello: c'erano 50°C, e non è un'esagerazione. I vestiti ci si incollavano addosso, l'asfalto era rovente e le gomme persino scivolavano, correvamo più possibile per creare una specie di refrigerio col vento ma era inutile, sembrava di avere un phon puntato dritto in faccia e alla fine mollammo anche un po' il gas perchè ad andare veloci si aveva semplicemente più aria rovente puntata in bocca. In questo stato arrivammo in questo enorme mastodontico albergo e decidemmo che potevamo anche rilassarci per una sera. Ci cambiammo, mettemmo il costume, compranno una quantità enorme di lattine di birra e andammo in piscina. Il sole si era un po' sfocato, ma non ce ne curammo, cominciammo a bere birra e cominciò a levarsi il vento, a quel punto ci stavamo per lanciare in piscina ma qualche km oltre vedemmo come un gran fumo levarsi dalla cittadina. Si vedeva questo strana cappa giallognola sopra le case in lontananza (immagine). Pensammo a fuochi, ma il fumo si avvicinava, una muraglia di fumo, e il vento aumentava, e con orrore capimmo che era una tempesta di sabbia. Intanto che cominciavano a capire che non avremmo fatto il bagno e che era meglio se cominciavamo a raccogliere la nostra roba e tornare dentro, la nube piombò su di noi e con essa un vento come la piena Bora, agguantammo tutte le nostre cose e cominciammo a correre verso l'albergo mentre il vento cominciava a spazzare via le sedie e i tavolini che ci volavano attorno, quasi non si vedeva nulla e arrivati alla porta per la forza del vento non riuscivamo neanche a chiuderla e si scatenò l'inferno. Tutto questo in pochi minuti. Passammo la serata al buio al bar dell'albergo a sbronzarci, era andata via anche la luce. Per l'ennesima volta niente piscina.
Il giorno dopo ripartimmo, fuori sembrava fosse passato un uragano, cominciammo a far guadi, c'era acqua dappertutto, non ho mai fatto così tanti guadi in tutti i precedenti anni di moto. Arrivammo in una strada che era inagibile perché sommersa da un fiume d'acqua marrone fangosa in piena, con onde, un disastro. Era pieno di gente e auto attorno. Tra l'altro l'acqua stava persino lentamente aumentando (immagine). Mighe suggerì di provare ma era follia pura, tra l'altro per arrivare lì avevamo fatto un altro bel guado che, ad occhio, a quest'ora sarebbe stato pure lui ingrossato e in sostanza non avevamo via di fuga. Io cominciai a dare di matto. Sbucò dalla folla un tipo assurdo: un marocchino che sembrava più un negro, vestito con un coprimaterasso blu, e quando lo guardammo ci rendemmo conto che era la fotocopia di Snoop Doggy Dog! Coi suoi sandali si avvicinò e ci disse che se gli avessimo dato un passaggio ci avrebbe fatto guadare il fiume per un posto che conosceva lui. L'unico in grado di trasportarlo era Fiky che si caricò sul sedile questo povero matto con un coprimaterasso e dei sandali di pelle di formica e partimmo uscendo dalla strada e correndo per un totale fuoripista in mezzo ai monti. Io ormai ero alla mercé degli eventi, ma che cazzo di idea era stata fidarci di questo tossico del cazzo? Finì che arrivammo sul bordo di un torrente in piena assurda, l'acqua era così fangosa che quasi non faceva schizzi, sembrava della nutella sciolta in un po' di latte andato a male! Anche qui non c'era verso di guadare, non si capiva quanto fosse fondo il torrente e in più la corrente era impetuosa e neppure i tizi dall'altra parte - dove vi era un villaggio - vi entravano, mentre di solito questa gente ha una valutazione del pericolo ridicola e si butta dappertutto e infatti muoiono come formiche (immagine). Io diedi di matto, saremmo morti o comunque ci saremmo fatti male, nella migliore delle ipotesi avremmo distrutto e peggio perso le moto nel fiume e le avremmo dovute ripagare ex-novo, Mighe quasi voleva prendermi a sberle. Il bello è che lui, a dire di aspettare e provare, aveva ragione perché non avevamo alternativa, però in quel caso aveva ragione quanta ne ha l'orologio a lancette rotto che comunque due volte al giorno segna l'ora giusta, ma intanto che stavamo lì alla fine si vide che l'acqua in effetti stava scendendo e così lo guadammo e ci trovammo dall'altra parte. E' probabile che anche al guado dove eravamo prima l'acqua fosse diminuita e fosse trafficabile, ma noi lo facemmo qui in una maniera più avventurosa. Una volta di là fummo fermati dai tizi del villaggio (era proprio un villaggio, case di paglia, strade di terra, una moschea di merda) che ci dissero che erano contenti di vederci e che il vecchio del villaggio voleva omaggiarci invitandoci nella sua casa. Pareva che Snoop li conoscesse, ci disse che non si poteva rifiutare e alolora decidemmo di accettare l'invito e così fummo introdotti in una stanza lercia con tappeti lercia, abitata dal vecchio del villaggio che era veramente molto vecchio, e da almeno 200 mosche che giravano dappertutto. Il resto lo intuite da quanto scritto più sopra, ma la storia non è finita. Siamo al secondo giorno, infatti, ne manca ancora uno di terrore. Ripartiamo da vecchio sfiniti e congelati ma perlomeno rifocillati, scarichiamo in un villaggio X Snoop che non so come facesse a resistere con quei due stracci e quei sandaletti di merda, e ripartiamo per strade di montagna sotto la pioggia e al gelo totale, mi goccia il naso e tossisco, sono fradicio, non ce la faccio più, anche Panada è disperato e serio, alla fine arriviamo distrutti in un paesino e combiniamo una stanza carica ma gelida e come ci entriamo panada si richiude a bozzola tra mille coperte. Il giorno dopo c'è il sole, facciamo un giretto per la città quindi ripartiamo, il tempo è bello, ci fermiamo a mangiare in un posto carino ma l'attesa è lunghissima e quando usciamo scopriamo che ci sono nuove nuvole all'orizzonte. Panada ha la sua prima caduta quando una bambina per vendergli qualcosa gli si infila sotto le ruote e rompe pure un tubetto di benzina (Foto della troia di bambina) e alla fine ci troviamo a fare un passo di montagna incredibile, una strada magnifica con panorami assurdi, che ci porta quasi a 3000 metri (immagine). Il passo costeggia un fiume enorme e con l'acqua marrone. Mentre scendiamo passiamo per una gola dove il fiume scorre per ora quieto lì a lato e le case di un villaggio sono costruite sul fianco dell'argine dove vi sono molte coltivazioni; ci sembra tutto paradisiaco, ma poco dopo questo abitanti scopriranno la tragedia di vivere lì (immagine). Passiamo e comincia a piovere, andiamo come schioppi perché dobbiamo trovar eun posto per dormire e non sappiamo neanche dove stiamo andando, il fiume si ingrossa, le strade si allagano, non riusciamo più a guidare perché non si vede nulla, in un paese l'acqua sgorga da una stradine sulla destra e se ne va via a sinistra e parrebbe un torrente, lo guadiamo e invece è la strada dle paese, avanziamo con sempr epiù problemi di allagamenti, un paese ha la piazza sott'acqua, e a un certo punto è la fine perché ci troviamo la strada sbarrata da un fiume in piena che scende dal letto del torrente a monte, sulla destra, invade la strada e corre via per la strada con ondate schiumose allagando tutto come fosse un lago. Non c'è verso di andare da nessuna parte, e l'acqua aumenta sempre più, da sopra e da sotto. Cosa fare? Manuel non sappiamo ancora per quale motivo prova ad avanzare e viene preso dall'acqua, sul fondo oltretutto la strada dev'essere piena di fango e le ruote gli sprofondano, la corrente lo trascino fino al bordo del ponticello su cui si trova e di cui si vede ormai solo un pezzo di muretto e per fortuna che c'era il muretto perché è quello a fermarlo ed evitargli di finire trascinato via. Gli urliamo di venire via e lui ci dice che non riesce, prova a spingere la moto ma niente e in quel momento un enorme camion arriva dalla parte opposta, sta scappando dall'inondazione perché la strada infatti è in discesa, arriva sul ponte proprio dove il torrente tracima sulla strada e la corrente comincia a farlo sbandare verso Manuel! Il camion si imbarca, non siamo neanche sicuri che il conducente abbia visto il nostro amico perché tiene d'occhio a sinistra il torrente in piena e il camion ormai è sbandato e avanza di sbiego perché la corrente lo porta via, Manuel è quasi spacciato e gli urliamo di venire via e lasciare lì la moto ma lui in realtà non si era quasi accorto del camion. Il conducente è ormai al limite e l'acqua rischia di buttarlo giù dal ponte e allora, visto che manca poco, dà gas a manetta e con uno sbuffo nero si mette di sbiego alla corrente per venirne fuori e riesce a superare il nostro compare e a uscire dal torrente e tornare in città dove dovrà fermarsi. Entra in acqua, è fino alle ginocchia, e vado da Manuel e in due riusciamo a sbloccare la moto dal fango e usciamo da questo inferno, ma ormai siamo bloccati in paese ma la solita fortuna di Mighe ci fa trovare un alberghetto di un berbero che è uno dei posti più belli in cui ho dormito, ok era un cesso ma nel complesso tenuto pulito e gestito da un personaggio simpaticissimo e gentilissimo (Hotel Restaurant Agdal - Chez Hassan - Si trova a Mesmrir, La Valle delle Mele - GSM: 06.71.53.20.52 - 06.73.02.12.70). Ci riscaldiamo con infinite tazze di té bollente guardando il paese totalmente invaso dall'acqua (immagine) dal terrazzo, chiedendoci come e quando ne verremo fuori. Resteremo in quel paesino tre giorni perché Mighe e Anna verranno sconfitti dal gelo e gli verrà il cagotto. Il giorno dopo però mi mangio gli spiedini più buoni che abbia mai mangiato al mercato delle bestie davanti al nostro albergo, serviti su piatti lerci da gente lercia. Ma io e Manuel, facendo una camminata, scoprimmo anche il disastro attuato dalla natura: l'acqua aveva invaso e devastato tutto, distruggendo raccolti e le centinaia di meli che avevamo visto per la strada. Su tutto c'era acqua marrone che scorreva e, dove non c'era, c'era uno strato di fango a ricoprire ogni cosa soffocandola (immagine). Dappertutto c'era devastazione e distruzione e centinaia di persone attonite e silenziose guardavano i resti della furia dell'acqua, chiedendosi se era finita o meno; avevamo paura a rivolgere la parola a qualcuno. Nel bel paesino passato il giorno prima ci raccontarono che il fiume aveva portato via più di una casa e che era morta delle gente, pare delle donne, ma i numeri non erano mai certi comunque si parlava di 4 o 5 persone morte disperse e un paesino che sembrava uscito da una favola, devastato. Per l'ennesima volta, in questo viaggio, mi sentii abusivo, di troppo, fuori luogo. Quando partimmo di lì due giorni dopo facemmo le celebri gole del Dades com'erano anni fa ovvero sterrate perché la strada era ricoperta di terra sassi e fango e, in alcuni casi, la strada non c'era neanche più e bisognava passarne sopra le rovine e proprio in fuoripista. Scesi dalla famosa strada tutta curve avemmo l'ultimo momento di tensione: le gole passavano in una rientranza della roccia a fianco del letto del torrente e la strada si separava dal torrente solo per un muretto, tuttavia l'acqua era in piena e arrivava fino al bordo del muretto con ondate marroni e ne tracimava, per cui oltre ad essere la nostra strada ben allagata, si passava a un metro dalla potenza del torrente protetti solo da un muretto di sassi. Ci sembrava veramente un rischio atroce e paradossalmente io fui quello che disse "Vabbé andiamo" passando per primo e da solo per sondare la profondità dell'acqua perché ormai mi ero rassegnato e volevo levarmi dai coglioni questo viaggio. Per fortuna l'acqua non era molto fonda, la strada c'era ancora, e dopo una curva risaliva alolontanandosi per sempre dall'acqua mulinante (immagine). Con quella curva chiudemmo coi momenti tragici di questo viaggio, il resto fu solo strade secche, sole e cagotto.
(27 marzo 2019)

Di seguito i link per aprire le mappe coi percorsi, divisi in parti differenti perché Google Maps non prevede che uno faccia un viaggio con tante tappe.
PRIMA PARTE: https://goo.gl/maps/wSEenuH7nXs
SECONDA PARTE: https://goo.gl/maps/YUKTZvCXGyj
INTERMEZZO: https://goo.gl/maps/f6mWGdSp3zq la mitica giornata nell'altopiano stile mongolia, dove Panada si stava cacando negli scarponi! Chiamata "La Valle delle Rose", è forse uno dei posti più belli che ho attraversato in moto. Ci fu suggerita da un tizio in un albergo ed era una vallata persa tra i monti, con villaggi di pastori, gole, canyon, uno veramente tra i paesaggi più belli mai visti.
VILLAGGIO DELLE MOSCHE: https://goo.gl/maps/TtJAgoLib2x

Il Bostro-X, lì 27/08/2015

VIDEO DISPONIBILI:

I FILE CON L'ICONA SONO VISUALIZZABILI DIRETTAMENTE ONLINE.
Presentazione by Mighe 17-05-2015.mp4
Presentazione by Mighe 17-05-2015.webm
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DESCRIZIONE DELL'IMMAGINE:

Questo viaggio in Marocco, che serve a celebrare i miei 40 anni di vita e i miei 10 anni di motociclismo, mi regalo lo sterrato più bello di tutta la mia carriera su due ruote.

Nome file: IMG_20150814_163016844_HDR_stitch.jpg

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