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Garry Kasparov

Deep thinking. Dove finisce l'intelligenza artificiale, comincia la creatività umana

Sulla scorta del paradosso di Moravec, come lo chiamano gli esperti d’intelligenza artificiale e di robotica, negli scacchi, come in molti altri ambiti, le macchine sono brave in ciò in cui sono deboli gli esseri umani, e viceversa. Nel 1988 lo studioso di robotica Hans Moravec scrisse: È relativamente facile fare in modo che il rendimento dei computer sia pari a quello degli adulti nei test d’intelligenza o nel gioco della dama, ma è difficile se non impossibile dare loro le abilità di un bambino di un anno quanto a percezione e mobilità.
[...]
I programmi scacchistici sono ormai talmente forti che è difficile trovare differenze tra il loro gioco e quello dei migliori Grandi maestri umani, mentre è tutt’altro che semplice creare macchine che siano deboli in modo convincente. Esse tendono ad alternare un gioco forte a errori grossolani nella stessa partita.


COMMENTO ALLA CITAZIONE:

Ovvero, è più facile elaborare un software che sa vincere a scacchi, piuttosto che elaborarne uno che sa giocare ma male. Chiunque abbia provato a giocare contro i software scacchistici impostante un livello di bravura basso se ne sarà accorto: sono caotici. E' come giocare con un giocatore bravo che apposta (ma non sempre) fa mosse letteralmente stupide, come giocare contro un Kasparov ubriaco.
Il Paradosso di Moravec sostanzialmente dice che creare una macchina intelligenze richiede meno dati che crearne una meno intelligente: la stupidità, che nell'umano è mancanza di giudizio, o di calcolo, ovvero mancanza di dati, nei software viene riprodotta al contrario dovendo introdurre dei dati, gli errori. L'errore che fa sembrare la macchina stupida richiede un incremento di calcolo rispetto alla macchina intelligente, quando negli umani è esattamente il contrario.

Citazione inserita il 25/08/2022
Categoria: SCACCHI




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