gio 21/11/2024 | RSS | Menu

Arkadij Babchenko

La guerra di un soldato in Cecenia

Anche loro devono urlare di notte e piangere mentre dormono e ficcarsi sotto il letto senza svegliarsi quando in cortile scoppia un petardo di Capodanno, guaire dalla paura, come è successo a noi. Sono colpevoli delle nostre morti tanto quanto quelli che ci hanno ucciso, come quelli che ci hanno spinti al massacro. Perché non hanno scioperato a Mosca, perché non hanno sbarrato le strade con i picchetti, mentre ci ammazzavano a Groznyi? Spiegamelo! Perché non hanno strillato e non si sono strappati i capelli quando vedevano per televisione i cani che si nutrivano dei corpi dei loro ragazzi? Perché non c'è stata rivoluzione, tumulti, disobbedienza civile? Come hanno potuto mandare i loro figli al macello e restare a divertirsi, vivere, bere birra, fare soldi, mentre laggiù li uccidevano, mentre gli aerei d'assalto spianavano le montagne e facevano a pezzi bambini e donne, mentre i bambini ceceni feriti marcivano nei seminterrati, avvolgendo i moncherini in stracci putridi, e nelle loro ferite strisciavano i vermi? Come hanno potuto vivere, con quegli scantinati stracolmi di feriti e i ragazzi con le viscere avvolte intorno ai pugni?

COMMENTO ALLA CITAZIONE:

Monologo di un veterano, privo di gambe, che Babchenko incontra per le strade di Mosca a mendicare e che parla dei civili che non si sgomentarono troppo per una guerra spietata, inutile e violenta, venduta fin dall'inizio.

Citazione inserita il
Categoria: NARRATIVA




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