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Prima caduta: la mia iniziazione all'enduro, e riflessioni sul bruciore al culo!

Categoria: MOTO

KEYWORDS: moto | racconti | ricordi |
Inserito in DATA: 05/04/2016 | Vai ai COMMENTI
Sistemando un po' di foto mi sono tornate fuori le foto della mia prima caduta in moto. Che ridere, ma anche che piangere, che male, che umiliazione, che rabbia. Poi i ricordi si legano l'un l'altro nel famoso stream of consciousness e via, la mente se ne ritorna a quel carabiniere che mi faceva cenni con la mano...
Che figata, ricordo bene tutto quanto come fosse ieri.
Adrenalina, e coglionaggine: sbanf! Steso in una pozza di fango a raccattare pezzi della moto osservando mesto la macchia rossa nei jeans.
Oggi è aprile 2016 e ho appena ritrovato le foto, sono passati 10 anni da quel maledetto (o beato) 12 agosto 2006 ma tutto mi è ancora stampato nel cervello!
Ma non bruciamo le tappe.

PREQUEL

Comprai la moto senza neanche capire bene cosa stavo facendo. I primi mesi furono di scoperta, e studio: passai l'inverno a gironzolare per il Friuli imparando a guidare.
Passò l'inverno, e navigando su internet scoprii che la mia moto, una Honda Transalp, veniva usata da molti per fare off-road. Ricordavo di aver letto l'anno prima la notizia della morte di Meoni, la Dakar un po' la conoscevo, avevo visto alcune edizione della 12 ore a Lignano, ma lì finiva il mio rapporto con l'enduro.
Di certo non immaginavo che una moto come la mia fosse sorella di quella che sgarfavano nel fango!
Un giorno allora decisi di provare ad andare un po' per strade bianche.
Quando ero ragazzo le mie peregrinazioni in motorino mi avevano portato spesso nel reticolo di strade e sentieri che costeggiano il fiume Tagliamento: perché non andare là?
Così un giorno ci andai, e scelsi un posto che ricordavo essere carino e soprattutto fuorimano: Pannellia!
Dopo questo nome, i friulani già staranno ridendo.
Già: perché al tempo, da poco tornato nel mondo del codroipese dopo anni passati prima a Udine e poi a Venezia, ignoravo che quella zona fosse ora appannaggio di omosessuali e scambisti.
Si, signori miei, e non si scherza ne esagera alcunché.
Là è un disastro, un crocevia di schifezze perverse che a raccontarle molte volte la gente si trincera dietro l'incredubilità buonista dell'indice protratto e sottolineato dall'espressione attonita e da idiota che sentenzia "Omofobo".
CHiaro che, a voi che non siete omofobi, la gente che si fa le seghe seduta in auto con la porta aperta, o che si incula nel mezzo del vialetto, non darà fastidio no?
Detto questo - e peccato perché quello è l'ingresso più comodo al letto del fiume da queste parte - non sapendo tutto ciò, parto con la moto verso quella zona dove un tempo l'eremita, invece del frocio e della vecchia puttana, sostava nei campi, e i cacciatori girellavano coi cani e tu col motorino andavi a fumare di nascosto. Passato l'asfalto entro nel sentiero e subito c'è qualcosa che non va: c'è uno spiazzio, e un auto dei carabinieri che controlla i documenti a un tizio con una moto da strada e tenuta da pista che stona con la strada di ghiaia. Poco oltre, in un altro spiazzo, un'altra auto dei carramba e ferma e uno di loro parla con un tizio.
"Ma che è?" penso. Sarà una grigliata, forse, una festa non autorizzata, o magari la strada, essendo di una cava, è vietata, che cazzo ne so, ma mi fermo e fisso il carabiniere con il motociclista. Lui mi guarda, io mi guardo attorno e con la mano gli faccio un cenno per capire se posso andare o no. Lui alza le spalle come a rispondermi "Fai come vuoi".
Visto che butta così penso sia tutto ok e parto. La stradina poco oltre è piena di buche riempite d'acqua piovana, le prendo col motore che romba e alzo alti schizzi di fango e già sono gasato finché dopo venti/trenta metri arrivo in un nuovo spiazzo dove, tutto attorno, saranno parcheggiate una decina di auto.
E' strano.
Non c'è nessuno, ma è pieno di auto, mentre dall'altra parte dello spiazzio tra due auto c'è un tizio brutto e lercio in bicicletta che sta a fianco di un'auto e ci guarda dentro ma, appena mi sente, si gira a guardarmi mangiando una mela.
Di colpo succede il disastro e mi è tutto chiaro: dalle auto si sollevano facce di maschi che stavano in posizioni inequivocabili. E alcuni mi guardano. Un tizio mi fa un cenno. La mia risposta è chiara e non tento neanche di abbassare la voce mentre impreco sonoramente a dio e a loro, giro la moto, e accelero a manetta per tagliare la corda tornando sui miei passi ma uno dei carabinieri mi fa un cenno con la mano a dire "Vieni qui". Io, ora più tranquillo perché fuggito da quei culattoni e dal lercio guardone schifoso, spengo il motore e guardo il Carabinieri che mi dice: "Che ci fa qui?"
Io lo fisso.
Sono fottuto.
Adesso mi prenderà per un frocio, e nel giro di qualche giorno a Codroipo tutti sapranno che il Bostro è un cula!
Sono quasi senza parole. Mi viene da piangere.
Lo fisso, e gli dico "Be, volevo fare un giro per strade bianche" e gli indico il vestiario e la moto - "ma mi sa che non è una buona zona, questa".
Lui mi guarda, e annuisce "Direi proprio di no".
Lo fisso, secondi di silenzio: "Di là è pieno di loro" gli dico.
"Già" mi risponde, con rassegnazione.
"Posso tagliare la corda, e in velocità?"
Mi guarda, un mezzo sorriso tra la complicità e il compatimento, forse anche un po' di invidia, e mi fa "Vada pure via".
Accendo il motore e parto di gran carriera con tanto di sgommata sia della ruota, sia nelle mutande.
Me la vidi veramente brutta...
E' chiaro che l'intento di fare strade bianche fu messo in pensione e andai dritto in un bar a bere birre con le mani che tremavano per il pericolo scampato!

IL FATTACCIO: 12/08/2006

In seguito, parlando con amici, scoprii che la zona era nota, e da evitare. Gli aneddoti erano innumerevoli: ciclisti inseguiti, cacciatori "invitati" a parteciperare con scene dal vivo, famiglie importunate.
Insomma, è una merda.
Detto questo, era chiaro che là non era più zona da frequentare.
Là non s'ha d'andare!
Passò un po' di tempo e un giorno, andando a zonzo in zona Spilimbergo, guardando il Tagliamento dal ponte e tutte le stradine che lo costeggiavano mi tornò il prurito. In rete continuavo a leggere resoconti di gente che andava in fuoristrada ogni giorno... fremevo!
Così preso la carta della Tabacco e osservai il Friuli: da Spilimbergo c'era una bella linea bianca tratteggiata che attraversava tutto il fiume fino a Dignano! "Vuoi che ci sia proprio una battuta in quella zona???" pensai. Magari era una camionabile pressata e relativamente facile.
Non avevo ancora - e in realtà non ce l'ho ancora oggi - la misura per intuire quanto una strada fosse difficile oppure no.
Col senno di poi, dovevo comunque esesre proprio fuori di testa!
Comunque, il 12 agosto del 2006 decisi di andarci.
Partii con la mia solita tenuta: jeans, zainetto, anfibi.
Passo il ponte, faccio la salita, trovo lo svincolo e scendo verso l'argine.
Vado un po' a caso, ma ad un certo punto vedo questo stradone che parte verso il greto e lo imbocco.
I giorni prima aveva piovuto un po' e ci sono pozze. Le prendo in allegria, la moto romba, la gomma dietro sgarfa, mi diverto, mi sento un nuovo Orioli!
C'è un incrocio in prossimità del boschetto che precede l'ingresso nel letto, giro, e mi trovo in una strada un po' più scivolosa. Sono già meno ingalluzzito, perché sento che la moto sbanda un po' e solo durante le sbandate mi rendo conto di quanto cazzo pesa!
Ad un certo punto di fronte a me c'è una pozza enorme.
Prende tutto il sentiero da parte a parte, e sarà lunga cinque o sei metri.
E' acqua marrone.
Mi fermo, la guardo, penso, attendo che succeda qualcosa che non so neanch'io cosa.
La faccio?
E a quel punto faccio tutto ciò che non andava fatto: innanzitutto, decido di passare nel mezzo della pozza. Prima ancora, in realtà, decido di farla! Sono proprio un coglione.
Poi decido di farla piano, frenando col freno posteriore!
Ma non solo: decido di farla sporgendomi in avanti chissà per quale motivo!
Probabilmente fissare la gomma davnati mi faceva sentire sicuro!
Chi fa fuoristrada già avrà capito che ho sbagliato tutto quanto, e che non poteva andarmi bene.
E infatti bene non mi andò!
Feci due o tre metri, poi la moto scivolò, si imbarco, e finì stesa in acqua!
Io ovviamente non feci una fine differente, perché oltre a non saper ancora guidare non sapevo neanche cadere!
Come un pirla rimasi in sella col risultato che finii in acqua con la gamba sinistra quasi del tutto sotto oltre due quintali di moto!
Panico totale!
Avevo immerso nella pozza - che era anche più profonda di quel che sembrasse - la testa, mezzo casco, e così avevo anche del fango in bocca.
Col piede destro spinsi la moto e riuscii ad estrarre la gamba sinistra e mi rialzai.
"DIO CAN HO DISTRUTTO LA MOTO!" il mio primo pensiero.
Guardavo la mia magnifica Transalp lercia e stesa per terra, nel fango, quasi fosse un animale morente.
Cominciai a sollevarla, per fortuna sono grande e grosso perché la cosa non era così difficile, con le gomme che scivolavano nella fanghiglia!
Una votla sollevata volevo spingerla fuori dalla pozza ma la ruota era bloccata, andai per metterla in folla ma la leva del cambio era tutta storia! Non so come ho fatto, ma l'ho trascinata in secca e messa nel cavalletto, ero in preda al panico totale, mi vedevo già disperso nel fiume e morto e a mani nude sistemai anche la leva del cambio!
Provai ad accenderle, e si accese al primo colpo, seppur borbottando.
Ok, funzionava.
Teoricamente ero in salvo.
Mi sedetti, per fortuna le sigarette si erano salvate e me ne accesi una e il panico cominciò a scemare sostituito dai sensi di colpa, e di inferiorità nei confronti del mondo intero.
"Sono un coglione" fu l'unico pensiero che mi gironzolò per la testa per i dieci minuti che rimasi lì.
Mentre stavo lì col calare dell'adrenalina però cominciarono a insorgere i dolori. Soprattutto al ginocchio sinistro. Mi guardai, il giubbotto era lercio: aveva ben due giorni di vita, quel bel giubbotto che tra l'altro ho ancora. I guanti - quelli con le dita tagliate, da vero biker! - erano rotti. Avevo acqua e fango dappertutto, fin dentro gli anfibi. E il ginocchio mi faceva molto male: lo guardai, e attraverso i jeans cominciò a filtrare una macchia rossa.
Cazzo cazzo cazzo! Appena mia madre avesse visto che in neanche un anno mi ero già fatto male in moto me l'avrebbe distrutta con un piccone!
Uno degli specchietti ruotava su se stesso, la leva del cambio era svirgolata, la carena aveva una crepa.
Appena ritirata la moto sembrava nuova, e quasi lo era: 21000 km e neanche un alone, lucida, splendeva al sole, ora era un rottame.
Mi rimisi in sella ed ero sempre più dolorante.
TOrnai indietro mesto e sconfitto.
Sul ponte del Tagliamento un endurista mi incrociò e, vedendo la moto e me sporchi di fango, mi fece un bell'OK con le mani cui io risposi con una bestemmia che Iddio ancora ne ha timore!
Arrivai in azienda che per fortuna era chiusa, entrai e cominciai ad osservare la moto. Sembrava disfatta, però fin lì mi aveva portato!
Cominciai a svitare viti per capire come smotare le carene: fu il primo passo nella meccanica delle moto che feci!
Alla fine le carene vennero pure via facilmente perché si erano rotti i perni.
Comunque, la cosa non era critica: le avrei aggiustate. E lo specchietto si era in realtà solo mollato.
La cosa che più mi ruppe il cazzo fu la freccia posteriore sinistra. Avevo perso il vetrino, e a quel tempo non realizzai che non erano frecce originale, ma quelle del portavaligie Nonfango. E la Nonfango era fallita! Trovare il vetrino di ricambio fu un casino infernale, dovetti cercare su eBay a lungo finché non trovai un set intero di frecce posteriori che pagai come tutto il telaio!
I giorni successivi pensai anche di tornare in quel luogo del Fiume per recupare la plastica, ma poi lasciai perdere. Lo considerai il giusto obolo da cedere, come quello che si deve dare a Caronte per non restare nel limbo!
La parcheggiai e le diedi un bacio.
Mi spogliai e misi i vestiti in un sacco perché dovevo cambiarmi per non smerdare l'auto, per fortuna avevo con me dei calzoni di ricambio. Il ginocchio aveva un taglio e un livido ma, soprattutto, si stava gonfiando.
Qualche giorno prima io e Thomas avevamo comprato assieme lo stesso identico giubbotto: gli inviai un sms con scritto "Il giubbotto tiene l'acqua... e gli urti!".
Arrivai a casa mentre il ginocchio si gonfiava e bloccava a vista d'occhio, arrivato e parcheggiata l'auto feci fatica a scendere e quando mia madre mi vide capì tutto e ne sentii tante e tante più di Bertuoldo!
Ma ero stranamente sereno, e contento.
La moto non sapeva che da quel giorno la sua vita era cambiata, e neanch'io immaginavo che anche la mia era cambiata!
Per sempre!
Due anni dopo sbarcai con quella stessa moto, quasi irriconoscibile, in Africa. Destinazione: il deserto della Libia!

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