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LIBERI DI CREDERCI. INFORMAZIONE, INTERNET E POST-VERITÀ

Walter Quattrociocchi

Scritto in maniera prolissa quanto grezza e superficiale, condito con qualche refuso di stampa, abbondantissimo di lunghe citazioni spesso inutili e molte pagine bianche per la brevità dei capitoli, nonostante tutto ciò e pure la dimensione del carattere e dei margini esagerati, a malapena questo libro raggiunge le 130 pagine. Tutte vuote. È il perfetto libro che non dovrebbe esistere. È una contraddizione: ciò che critica, la disinformazione, la superficialità dell'informazione nei social, è ciò che lo costituisce. Se cercate su Google "disinformazione" e leggete qualche articolo dai risultati, avete già tutto ciò che vi serve per sostituire questo libro e anzi avete pure più contenuti; più informazione. Se invece leggete la pagina dei risultati e non avete voglia di leggere gli articoli e decidete per il primo paragrafo del solo relativo articolo su Wired, allora siete dei disinformati disinteressati a capire e conoscere ma volete solo qualche parola originale da postare sui social. In questo probabilmente questo libro fa per voi.
Manca di contenuti, manca di analisi, non si arriva mai al punto, al quid di un tema trattato e poi sperduto tra citazioni e frasi fatte. 
Forse sono io troppo pignolo. Però qui siamo di fronte a un libro che si pone come divulgatore di qualche tipo di scienza della comunicazione, dell'informazione. Invece c'è solo riproposizione di fatti, peraltro banali, tratti dai social. Se pensavate che questo tipo avrebbe spiegato anche a grandi linee una teoria della comunicazione e del circuito dell'informazione per poi spiegare cosa viene meno nel campo delle fake news e dei social, non è così. Se pensavate che ci sarebbe stata una trattazione anche superficiale di psicologia e sociologia per decifrare il mondo dei social, non è così. Se pensavate che si sarebbe parlato di cultura, lettura, studio, conoscenza per poi analizzare il mondo della post-verità, non è così. Se pensavate che ci sarebbe stato un capitolo dedicato all'analfabetismo funzionale e al paradosso Dunning Kruger non è così, anzi, l'analfabetismo funzionale è solo citato e una volta sola; cosa per me assurda, perché visto il titolo e il risvolto di copertina, avrei pensato a una trattazione approfondita proprio di questo argomento. Leggendo gli articoli che cito in questo mio post si ottengono già incredibili maggiori informazioni rispetto a quanto riportato in questo libro, che è invece un continuo riproporre la domanda e i fatti cui invece il libro avrebbe dovuto essere la risposta.
Perché non approfondire, visto che sarebbe proprio lo scopo implicito, il tema principale?
L'unico momento in cui scende un po' in dettaglio è quanto decide di tirare in ballo il concetto psicologico di bias e ne elenca vari tipi: peccato che tutto finisca qua, invece, perché proprio dopo averli citati ci si aspetterebbe un approfondimento e invece non c'è. Risultato: sembra di leggere una assoluta banalità e un lettore superficiale potrebbe bollare il concetto di bias come semplice cagata da intellettualoide, perché effettivamente così ci viene presentato.
Il libro si concentra a mio avviso troppo sui social: ok che questi ormai sono l'ambito primario di condivisione di informazioni incomplete quando non false, ma perché fermarsi di continuo lì? Perché non andare un po' oltre, concettualizzando la struttura di condivisione dell'informazione invece di dire "Su facebook il 20% degli utenti condivide senza leggere", cosa che tutti sanno e i cui motivi vorrebbero scoprire in questo libro? Perché non dedicare un capitolo, o anche solo un lungo paragrafo almeno, a una disamina dei principi di funzionamento di cookies e profilazione per analizzare i meccanismi di rimbalzo che a partire dalle ricerche di una persona portano al proliferare, alla sua attenzione, di contenuti simili, esiliando invece i contenuti diversi, e fornendo così dei risultati di parte?
Ci sono continue ripetizioni di fatti già noti di cattiva informazione, tutti piuttosto citati che chi è interessato, è probabile che conosca già se acquista questo libro, quindi perché ripeterli di continuo? Non c'è carattere, non c'è studio di approfondimento ma solo bibliografico infatti le citazioni di studi e libri sono ossessive alla nausea.
Vi faccio un esempio: cita uno studio americano che ha analizzato un sacco di post su facebook di determinati utenti e ha utilizzato un metodo matematico per creare uno schema di funzionamento dell'assimilazione e della distribuzione dell'informazione. La conclusione di Quattrociocchi è: "si riesce quindi a ricostruire l'insieme di argomenti che accomuna un gruppo e il relativo valore emotivo attribuito. Ad esempio chi è per la Brexit tende ad avere una percezione negativa di tutto quello che è a favore dell'Unione Europea e dell'euro. Viceversa, chi è a favore dal remain tenderà ad avere percezioni opposte". Incredibile. Se teniamo conto che la Brexit nasce proprio come opposizione a UE e Euro, è chiaro che qui ci troviamo di fronte a una banalità tautologica, perché essendo il significato di "Brexit" l'uscita per "Opposizione a UE e Euro", sostituendo questa espressione a "brexit" nella frase di prima avremo "chi è per l'opposizione a UE e Euro tende ad avere una percezione negativa di tutto quello che è a favore dell'Unione Europea e dell'euro". Tautologia totale; perché essere in opposizione all'UE se di essa si avessero solo percezioni positive? E tutto il libro è così: circolare, ridondante, tautologico, quando non semplicemente una chiacchera futile. Il problema di libri che si pongono così, ovvero riepilogativi superficiali, è: la banalità dell'indagine è reale, o immaginata? Voglio dire: veramente uno studio apparentemente così lungo, articolato, complesso, anche dispendioso, ha raggiunto una così banale conclusione (ovvero che la gente cerca ciò che vuole cercare, e attesta di apprezzare principalmente ciò che apprezza, o combatte ciò che disprezza) oppure è banale il modo in cui in questo libro ci viene riepilogato? A mio avviso è la seconda ipotesi, anche se non posso verificarlo né ho voglio: il punto è che tutto questo libro è sempliciotto, troppo breve, mancano gli approfondimenti, e così finisce per essere banale. E' inutile riempire il libro con pagine intere contenenti solo il titolo del capitolo e una citazione a casaccio, ottenendo così due pagine vuote; è inutile mettere come figure esemplificative vignette cretine come finte citazioni di Einstein con la foto di Bruno Lauzi, o grafici che mancando una trattazione tecnica dei calcoli che li hanno prodotti, risultano inutile quando non fuorvianti; e mancare invece di approfondimenti tecnici anche brevi riguardanti i temi trattati. 
Per non parlare della sua uscita secondo cui la medicina non è una scienza certa e empiricamente verificabile come la fisica! Assurdo! Mi fa intendere che sia più filosofo che scienziato. Non per niente se ne viene fuori, verso la fine, con una perla degna del Marzullo delle barzellette: "Il pro-scienza che professa l'infallibilità del metodo scientifico come fosse un dogma con tanto di casta sacerdotale che esercita il rito è davvero cosi (sic) diverso dal complottista più incallito?". Io penso che la risposta sia "Si"; a parte che un pro-scienza che professa l'infallibilità del metodo scientifico è in teoria uno che di scienza non ne capisce una fava. Ma a parte ciò, la differenza è comunque indubbia visto che la scienza è qualcosa di empiricamente funzionante e testabile, mentre il complottismo no.
Se prendiamo il libro, togliamo le vignette inutili, portiamo il titolo del capitolo nella stessa pagina in cui comincia il testo invece che in una pagina separata, e riduciamo di uno o due punti i caratteri per portarli a dimensioni normali, probabilmente ci troveremmo di fronte un libretto di 70/80 pagine. Sono assolutamente insufficienti per rendere conto di un fenomemo emergente, delle sue cause, delle sue espressioni, e degli studi in merito: assolutamente insufficienti. Lo scopo non è più, a questo punto, fare informazione e divulgazione, ma semplicemente pubblicare un libro; lo scopo sarà dunque fare mera notizia senza contenuti. Lo scopo sarà fare falsa-informazione, non spiegarla.

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