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Cividale e Monte Bernadia 08/02/2015

CATEGORIA GALLERIA: DA SOLO

Introduzione

Aperitivo ad Ariis, e poi da solo per cui sono andato a Cividale e da lì sul Monte Bernadia. Freddo, gelo, e tempo magnifico ma gelido.
Cividale e Monte Bernadia 08/02/2015
Per domenica 8 febbraio finalmente danno una giornata di sole. Farà freddo, non c'è alcun dubbio, ma danno sole, e al mio risveglio domenica mattina finalmente mi rendo conto che le previsioni per una volta ci hanno azzeccato: c'è una luce incredibile e i monti a nord svettano alti e limpidi!
Alle 11 mi ritrovo con Lorenzo e Pado per il classico aperitivo ad Ariis ma per il resto della giornata mi ritrovo come al solito da solo e voglio godermi la moto, quindi verso le 13 parto per Cividale per andare a mangiare nel chiosco dell'Osteria alla Terrazza, vicino al Ponte del Diavolo, uno dei miei punti fissi durante i giri in moto invernali perché c'è un ottimo brulé e i piatti di salame, formaggio, polenta e frico saltati alla piastra sono una manna per i motociclisti congelati. Mentre arrivo a Cividale passando per sotto, ovvero Mortegliano e Manzano, comincia a tirare una fastidiosa aria gelida. Il meteo dava Bora in tardo pomeriggio ma ho la sensazione che anticiperà un po' i tempi.
Per 6 euro mi faccio una scorpacciata degna di un Eroe Inutile della migliore specie.
Riparto, l'aria si è levata ancora un po' ma non voglio chiudere la giornata e quindi seguo la strada per Faedis, e mentre salgo il cartello "Tarcento" mi chiama come un canto di sirena. La prossima prossima la Associazione Motociclistica Friulana farà la sua classica Motoconcentrazione dell'Amicizia sul Monte Bernadia ed è tanto non faccio un giro in moto per strade montane, per cui decido di stringere i denti a continuare.
Da Faedis ad Attimis il vento diventa incessante e in alcuni punti mi fa sbandare non poco, ma soprattutto è gelido. Arrivo a Tarcento congelato e vorrei fermarmi a bere una cosa al bar, ma si fa tardi, sono quasi le tre e mi conviene salire per non trovarmi a scendere col buio, perché il versante opposto a Tarcento non è dei migliori essendo sempre in ombra.
Salgo bene, a parte il freddo c'è sole e la strada è messa bene, quasi fino in cima: poi comincia ad esserci molta neve a bordo strada e in alcuni tratti c'è del ghiaccio sulla carreggiata. Poco comunque, non tanto da destare preoccupazione. Arrivato in cima mi rendo conto che il pernotto notturno della prossima settimana sarà duro: è tutto ricoperto di neve. Parcheggio in mezzo a due auto, c'è gente che fa foto e una coppietta che era venuta per trovare intimità e invece sta congelando sferzata da una violenta bora. Sul tetto del fortino la neve viene portata via in nuvole bianche, mi ricorda tanto la sabbia che accarezzava la lama delle dune nel Sahara. Anche il freddo è simile.
Salgo sulla collinetta che conosco bene: il focolare che Manuel ha fatto anni fa è ancora lì, come la piastra dove solitamente cuciniamo il nostro cibo. Il primo Bernadia di notte l'ho fatto nel 2008, sono passati sette anni e sono successe tante cose nel frattempo. Oggi non è una buona giornata per pensare al tempo che passa: o meglio, non lo sarebbe per uno normale. Non è una bella giornata per me, è una giornata di insuccessi e sconfitte. Pensare a questi otto anni passati non è bene e siccome io non sono per nulla una persona normale, non posso non farlo. Mi siedo su una roccia a guardare tutto attorno. Il vento ulula fra i rami, qualcuno cade, mi arriva sul collo la neve portata dal vento, c'è silenzio tombale, cimiteriale. Il focolare potrebbe ben essere un tumulo funerario. Mi gira il cazzo, e piscio nella neve per marcare il mio territorio.
Scendo al piazzale e so che, comunque vada, domenica prossima mi ritroverò attorno a un fuoco a cucinare carne e bere vino, imbacuccato nei vestiti e intirizzito dal gelo. Ma sarò in buona compagnia. Mi appoggio alla balaustra della scale che portano al forte e guardo il panorama di fronte, il Friuli incoronato dai suoi monti ghiacciati, la lingua del Tagliamento che fa salire condensa dalla sua acqua gelida, la pianura contornata dal fumo di fabbriche e camini di case. La bora libera il cielo e la vista si apre fino all'orizzonte.
Faccio una camminata al piazzale, la tettoia dove faranno i chioschi ufficiali è piena di stalattiti che scendono piegate dal vento e davanti ai miei occhi le gocce che colano si solidificano. Ho le dita blu, la barba ghiacciata, la sigaretta elettronica non la uso neppure perché è un blocco gelido e fastidioso.
Mentre cammino gli stivali spaccano la neve e il rumore sembra quasi rimbombare nel niente anche se in realtà viene portato via dal vento. Vento che soffia sempre più, sempre più. Fa un freddo cane, è veramente terribile, tenendo conto che il freddo lo sopporto bene e che ci passo tutta la settimana, al lavoro, mi rendo conto che la temperatura sarà nettamente sotto zero e la percepita ancora di più.
Dopo un'altra occhiata al Friuli, altri pensieri, e altre foto, decido di scendere e torno verso Sedilis perché ho fatto troppo tardi quassù.
Buja, Majano, San Daniele, e sono a Vidulis dove mi fermo al solito pub. Dentro è pieno di gente che si sente "Mister" perché sta guardando in TV la partita dell'Udinese. A me non frega un cazzo e più che altro mi fanno proprio ridere, quando non mi ispirano odio violento. Ricevuta la mia Guinness, me ne torno fuori e mi siedo in un tavolino. Arrivano tre Harley: chissà se sarà qualcuno che conosco? Il Baio, o Favale, o qualcun altro... Invece no: da queste tre moto sfigate e perfettino scendo dei fottuti HIPSTER! I capelli rasati ai lati, le barbe immense, un sorriso stampato in faccia della serie "Quanto è bella la vita" e si permettono persino i calzoli alti sopra la caviglia con dei fottuti calzettino i quadrettoni!!! Dio boia avrei voglia di sgozzarli, vorrei alzarmi e spaccare la faccia di uno di loro sull'intonso parafango della sua moto per devastare entrambi, e aprire da orecchio a orecchio quell'altro idiota che saltella e dice "freddino", "birretta", "giretto", "arietta".... Dio cane. Ha anche la buona idea di dirmi "Anche tu in moto oggi" ma grugnisco e non rispondo.
Avranno pensato "Non sono più i motociclisti di una volta, socievoli l'un l'altro": io non so com'erano i motociclisti di una volta, ho la moto da 10 anni e basta.
Di certo è che loro non mi piacciono, e non li considero motociclisti. Perché? Non lo so. Non mi piacciono e punto, non devo spiegarmelo. Non c'è ragione di farlo. Non vedo perché dovrei. Non mi piacciono, e il discorso si chiude lì. Non sono neppure di buon umore per cui è meglio se tronco da principio la possibilità di un dialogo.
Grazie, moto, per quello che mi hai dato in questi anni.
Sarò per sempre fedele solo a te. Lo sono sempre stato. Prenditi pure qualche altro obolo, qualche altro osso del mio corpo, qualche altro lembo di pelle, segnami con altre cicatrici ma basta che mi lasci intero quanto basta per poterti guidare ancora.

Il Bostro-X, lì 08/02/2015



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